Spigolature

- Modificato il 01/12/2017 10:47
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010

e di tutto un po'.

gocce di saggezza, briciole di buone letture,

poesia e musica indimenticabile e chi più ne ha più ne metta.

Buona giornata!





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121 di 996 - Modificato il 02/7/2013 12:08
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Spigolando dalla cronaca ho trovato questo "fiorellino". E poi ci meravigliamo
se l'ignoranza dilaga a tutti i livelli...

Falsi su falsi. Non era bastato il blitz di aprile. Cos' i
ragazzi giunti ieri a Nola dal nord o dalla Sardegna per sostenere la prova scritta di maturità nel “diplomificio” più famoso d’Italia, hanno trovato la Finanza ad attenderli. Blitz tra studenti e prof. Nuove perquisizioni disposte dalla Procura di Nola nell’istituto “Luca Pacioli”. I ragazzi hanno svolto, in ritardo, una prova che sarà con ogni probabilità annullata. Ma il vero “esame” è quello che hanno dovuto sostenere, dopo, con le Fiamme gialle. Sentiti come testi, ammettono. «Io? Mai frequentato una lezione».

Occhi bassi. Oppure sguardi sfrontati. Ma le mani, a qualcuno, tremano. «Io, veramente, non ho mai frequentato questo istituto. Non so cosa risulti nel registro. Ma la verità è che sono “sceso” nel napoletano oggi, per “prendermi” il titolo». Un altro: «Io vengo da Aosta, mai messo piede qui, prima». Un altro allievo: «Io vengo da Sassari». Un altro. «Io da Udine». In tutto, tra i banchi, ne contano oltre cinquecento.

Sfilano gli studenti esterni del “Luca Pacioli” di Nola davanti ai detective alla Guardia di Finanza di Torre Annunziata. Alcuni non sono più ragazzini: hanno anche tra i 25 e i 30 anni. Credevano di sostenere, nell’istituto grigio dell’hinterland, solo la “prova scritta”. Invece ieri devono rispondere, da testimoni, alle domande degli inquirenti.

Offrendo così, nuovi ed ulteriori riscontri alle ipotesi
accusatorie che già sono state avanzate dal pm Cristina Curatoli e dal procuratore capo Paolo Mancuso di Nola, nonché condivise dal gip oltre due mesi fa: associazione per delinquere, falso ideologico e materiale, alterazione e occultamento di atti. Eppure, viene da chiedersi: com’è possibile che fosse stato autorizzato l’esame di Stato in una scuola già gravata da sospetti e accuse così gravi?

Operazione “Maturità”. Le indagini non si erano fermate, dunque, dopo le misure cautelari ed i sequestri che ad aprile avevano colpito gestori, docenti e personale delle scuole parificate di Nola (il “Pacioli” e il “Vittorio Emanuele II”) e di Torre Annunziata (l’“Achille Lauro”) ed avevano spinto ad un lungo rinvio le prove di fine anno. Il colonnello Carmine Virno manda i finanzieri già alle sette tra i banchi del “Pacioli”, in via San Massimo a Nola. Sta per cominciare, dopo l’ok del Ministero, la prova scritta: in netto ritardo sul calendario nazionale a causa dello scandalo. I detective arrivano tra aule ed uffici. Vanno a caccia di atti e registri di classe: e scoprono che alcuni di questi documenti non esistono più. O sono stati distrutti oppure i pochi registri disponibili appaiono incredibilmente vuoti, semplici pagine bianche; o, ancora, falsificati. Con alcuni prof che disconoscono le proprie (presunte) firme.

Intanto, a fine mattinata, dopo aver sostenuto la prova scritta che sarà — quasi certamente — annullata, per gli allievi scatta l’interrogatorio. I racconti dei testimoni confermano la funzione “fittizia” della scuola: il diploma costava tra i 6mila e gli 8mila euro — tutti pagati in “chiaro”, attraverso le rette previste— e zero fatica. Nessuna frequentazione. Proprio come ha raccontato un giovane, poco fa, al “Mattino di Padova”. «Ho pagato 6mila euro. Nel napoletano sapevo che si vendono i diplomi. In fondo, non faccio del male a nessuno». Oltre dieci ore complessive di faccia a faccia, ieri.

C’è chi viene dal Piemonte, dalla Sardegna o dall’Emilia. E sono centinaia. Un vero e proprio “esodo” scolastico dal nord e dalle isole. Tutti conquistati dal “Pacioli”? La verità sarebbe un’altra. E vede tra gli inquisiti anche personaggi in odore di camorra: come l’ex consigliere regionale Roberto Conte, alle spalle una condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa con il clan Misso del rione Sanità. Conte avrebbe fatto assumere 18 persone alla “Achille Lauro”, un’altra scuola dove si pagava per avere “la carta”. Operazioni che avrebbero goduto di complicità: come dimostrerebbe l’arresto di Silvestro Sannino, ispettore dell’Ufficio scolastico regionale.

L’indagine era partita con gli arresti della Procura di Torre Annunziata, poi trasferita alla Procura di Nola per competenza. Alcuni degli indagati, come i docenti De Angelis, D’Ascoli e Sepe (difesi dagli avvocati Mario Papa, Luciano Pesce ed Enzo Napolitano) hanno invece ottenuto l’affievolimento del divieto di dimora. Ma le sorprese, probabilmente, non sono finite.
122 di 996 - 13/7/2013 01:05
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
"La felicità è come una farfalla
tra le mani...se la stringi troppo
muore ma se la lasci se ne va...
accarezzala e sarà sempre con te..

Buonanotte con questo stupendo notturno...
http://www.youtube.com/watch?v=76bbHEo7_mI
123 di 996 - Modificato il 15/7/2013 00:39
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Scrivere per comunicare
Non sempre , e questo prescinde dalla correttezza grammaticale,
“scrivere” in modo da essere “comprensibili” è cosa facile.
C’è chi scrive in modo corretto, in una prosa semplice, chiara, pulita,
dove sono bandite parole sconosciute al linguaggio comune(se vuoi dire,
ad esempio, che se stai uscendo devi prendere l’ombrello, non dirai “perché
sono “previste precipitazioni”
ma dirai più semplicemente che è “prevista pioggia”)
e in questo modo il tuo pensiero
arriverà alla maggior parte degli eventuali lettori
,diciamo un buon 85%, indipendentemente dal
loro grado di scolarità.
C’è poi chi scrive in modo si corretto, ma involuto ,
arruffato, ricco di parole ricercate e disposte in maniera
tale che viene moltodifficile penetrarne il senso
,e questo succede in particolare a coloro che
preferiscono essere interpretati che farsi capire.
Eh si purtroppo comunicare è molto difficile, a volte direi impossibile,
come sosteneva Pirandello nei “Sei personaggi in cerca di autore":
“Siamo destinati a non intenderci mai. Abbiamo tutti
dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo
di cose. E come possiamo intenderci, signore,
se nelle cose che io dico metto il senso e il valore
delle cose come sono dentro di me, mentre
chi le ascolta, inevitabilmente, le assume col
senso e col valore che hanno per sé, del mondo
come egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci,
ma non ci intendiamo mai”.

Io sono abbastanza ottimista e se c'è una parolina che non amo usare è
proprio quel "mai" che cancella in un sol colpo la parola che da senso alla
vita, che ti da la forza ed il coraggio di continuare a credere, la parola "speranza"


http://www.youtube.com/watch?v=01JUJYK5ALQ
124 di 996 - Modificato il 09/8/2013 09:45
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
L'OMO FINTO (Trilussa)

Dice che un giorno un Passero innocente
giranno intorno a un vecchio Spauracchio
lo prese per un Omo veramente;
e disse: - Finarmente
potrò conosce a fonno
er padrone der monno! -
Je beccò la capoccia, ma s'accorse
ch'era piena de stracci e de giornali.
Questi - pensò - saranno l'ideali,
le convinzioni, forse:
o li ricordi de le cose vecchie
che se ficca nell'occhi e ne l'orecchie.

Vedemo un po' che diavolo cià in core...
Uh! quanta paja! Apposta pija foco
per così poco, quanno fa l'amore!
E indove sta la fede?
e indove sta l'onore?
e questo è un omo? Nun ce posso crede...
Certe vorte, però, lo rappresento,
disse lo Spauracchio - e nun permetto
che un ucello me manchi de rispetto
cór criticamme quello che ciò drento.
Devi considerà che se domani
ognuno se mettesse a fa' un'inchiesta
su quello che cià in core e che cià in testa,
resteno più pupazzi che cristiani.






http://www.youtube.com/watch?v=2Tp77uyQRe4
125 di 996 - 14/9/2013 17:55
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Decidere è un po’ morire.

Si perdono delle possibilità che non torneranno quasi mai.

Si perdono dei rapporti, talvolta anche degli amici: c’è un limite di comprensione che allontana quando è venuto il momento di scegliere e non è possibile “tenere tutti dentro”.

Soprattutto, decidere è separarsi, ogni volta di più: dalla propria storia, dalla voglia di continuità, dalle sicurezze degli “stadi intermedi”, dalla felice sospensione in cui tutto sta per succedere e nulla ancora è pregiudicato.

Ogni decisione, in genere, finisce per lasciarci più soli con noi stessi e dunque più esposti: al giudizio, alla condanna, talvolta all’abbandono. Quasi sempre poi la decisione innesca discussioni senza esito sulla sua necessità, sui tempi, sui modi: rimettendo così in questione la nostra capacità di valutazione.

Per tutte queste ragioni si è portati, oggi, a decidere così poco. A rimandare. O, sempre più spesso, a mettere in dubbio, nei fatti, le decisioni che già erano state prese.

E anche perché la decisione è, molto spesso, un fatto di pancia, di emozioni, almeno quanto lo è di testa e di razionalità.

Punto di condensazione terminale di mille fili, la capacità di decidere ha sempre scontato lunghe meditazioni, analisi sfibranti, accumuli di dati e di informazioni, per precipitare poi, in condizioni di stress psicofisico, di estenuazione fra pro e contro, e prendere forma in stati emozionali più liberatori che risolutori.

La rarefazione dei sentimenti e dei percorsi emotivi, peraltro, in pubblico come in privato, ha finito per rendere, paradossalmente, più difficoltosa la presa di decisioni.

La pluralità di opzioni, che le fasi di transizione sembrano offrire, in realtà mette alla prova soprattutto la tenuta psicologica delle persone e la loro capacità di orientamento.

Finisce, cioè, per confermare o meno la loro affidabilità.

È singolare e istruttivo, allora, guardare gli sbandamenti che si producono; la rapidità con cui si cambia bandiera; la penosa ricerca di riconoscimenti che mettono in campo identità proteiformi e contorcimenti sentimentali.

Una vera e propria commedia dell’arte.

Rispetto alla quale diventa quasi impercettibile il travaglio di quanti, ostinatamente, vogliono capire, senza consegnarsi inermi alla resa o, sull’altro versante, ad una ottusa resistenza.

Governare la sconfitta è persino più difficoltoso che appropriarsi della vittoria, proprio perché, diversamente, gioca un sentimento così obsoleto come quello della vergogna.

La cultura della vergogna è un valore sempre meno spendibile nel traffico confuso che la transizione propone tra scambi impropri e multiple alleanze.

È più facile espiare una colpa: rispetto alla quale, se si è disposti a riparare in eccesso, anche i nuovi vincenti saranno sempre pronti a chiudere un occhio.

Ecco, dunque, perché il problema alla fine non è da che parte stare, con una decisione che sarà sempre opinabile; ma piuttosto quale dignità salvaguardare.

Pier Luigi Celli, Breviario di cinismo ben temperato

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=KRWbdifOEfI
126 di 996 - 17/9/2013 13:41
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Stiamo vivendo veramente tempi duri,la crisi erode i nostri
piccoli risparmi e il nostro paese chiede ai propri cittadini
dei sacrifici per evitare la bancarotta. Naturalmente è chiaro
che i sacrifici devono essere equamente distribuiti e una
favoletta ce ne offre un encomiabile esempio:

""Un giorno una gallina ed un maiale si trovarono a passeggiare
insieme. Arrivati in una larga piazza videro un enorme cartello
con scritto: "Il mondo ha fame . Bisogna sfamare il mondo,
aiutateci!" La Gallina guardò il maiale e con tono molto serio
disse: E' giusto, anche noi possiamo dare qualcosa, daremo
uova e prosciutto......""

E poi ci vengono a dire che non c'è animale più stupido della gallina!!!
127 di 996 - 26/9/2013 09:27
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
"Ahi serva Italia, di dolore ostello.Nave sanza nocchiere in gran tempesta.Non donna di province, ma bordello"
Non c'è frase più attuale di questa, purtroppo. Basta aprire le pagine di qualche giornale.

LA BALLATA DEI POTERI MORTI

Nella grandiosa svendita di fine stagione che si sta consumando su Telecom non si salva nessuno. Al dolo di un capitalismo indecente, che scappa col malloppo e lucra i suoi ultimi affarucci sulla pelle di utenti, risparmiatori e lavoratori, si somma la colpa di una politica impotente, che piange le solite lacrime di coccodrillo sul latte già versato. All'inconcludenza dei controllori, che assistono silenti alle nefandezze di un "mercato" sospeso tra Far West e parco buoi, si somma l'impudenza dei manager, che bruciano risorse umane e finanziarie senza mai pagare dazio ma facendosi pagare bunus milionari. È agghiacciante scoprire che una delle ultime grandi aziende del Paese, per quanto fiaccata dalla concorrenza e schiantata dai debiti, possa passare di mano dall'oggi al domani senza che nessuno abbia saputo o abbia visto alcunché. Non sapeva niente il presidente del Consiglio Letta, che adesso promette la sua tardiva "vigilanza". Non sapeva niente il presidente di Telecom Bernabè, che dichiara addirittura di aver appreso la notizia del blitz spagnolo dai comunicati stampa.

Non sapeva niente la Consob, che annuncia di aver acceso il solito "faro", dopo quelli già inutilmente puntati su Fonsai o Mps, utili solo a far lievitare la bolletta energetica pagata all'Enel. Non sapeva niente il Parlamento, che adesso leva alti e vacui lai, danzando mestamente intorno al polveroso totem dell'"italianità"

e invocando platealmente la difesa della "sicurezza nazionale".

Tutti bugiardi. Perché tutti sapevano tutto, da mesi se non addirittura da anni. Non c'è fine più annunciata di quella che sta per portare Telecom nelle braccia di Telefonica. Sui quotidiani e sui settimanali, negli ambienti politici e in quelli borsistici, il dramma dell'ex colosso tricolore è all'ordine del giorno da tempo. E l'opzione spagnola era già quasi scontata dal 2007, quando Telefonica fu imbarcata dentro la holding di controllo Telco, spacciata come "operazione di sistema" dagli improbabili architetti di Mediobanca, Generali e Banca Intesa.

Per scongiurarla, i soci "eccellenti" dell'ex Salotto Buono avrebbero dovuto avere in tasca i miliardi necessari ad una robusta iniezione di capitali freschi. I manager avrebbero dovuto avere in testa un piano di sviluppo del business telefonico e delle alleanze globali. I politici avrebbero dovuto avere in mano un progetto di politica industriale degna della quinta potenza del pianeta.

E invece, dopo la spoliazione della Stet successiva alla "madre di tutte le privatizzazioni", la truffa dei nocciolini duri perpetrata dalle nobili casate sabaude pronte a controllare le aziende con una fiche di pochi spiccioli, il saccheggio realizzato dalla squadra tronchettiana, non c'è stato quasi più nulla. Solo la prosecuzione della razzia con altri mezzi: dal 2007 ad oggi, nella cinica accidia della comunità finanziaria e politica, Telecom ha subito un ulteriore drenaggio di risorse per circa 24 miliardi. A chi millantano la loro meraviglia e la loro indignazione, oggi, i controllanti e i controllati?

A giugno Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, a chi gli chiedeva lumi sul destino di Telecom annunciava già che a settembre ci sarebbe stato lo "show down". Solo due settimane fa Bernabè, a chi andava a trovarlo nel quartier generale di Corso d'Italia, spiegava che "la situazione patrimoniale di Telecom, tra debiti e goodwill, è tremenda" e che "gli azionisti erano informati". E da mesi i queruli esponenti di partito discettano a vanvera sullo scorporo della rete, sognando un'altra Iri custodita nei forzieri della Cassa depositi e prestiti. Ripescando e riabilitando post mortem il dossier del povero Angelo Rovati, crocifisso senza pietà ai tempi del governo Prodi per aver prospettato un "disegno criminale", oggi considerato geniale.

Dunque su Telecom (come su Alitalia, su Parmalat, su Ligresti e presto chissà forse anche su Enel o su Finmeccanica) non si celebra la saga dei Poteri Forti, ma la ballata dei Poteri Morti. Questo è ciò che resta del famoso "capitalismo di relazione" (e in qualche caso "di corruzione"). Capace di regalare la telefonia italiana a un indebitatissimo Cesar Alierta per un piatto di lenticchie. Di consentire agli spagnoli di portarsi via l'intera posta senza fare l'Opa, senza far arrivare neanche un euro nelle casse svuotate di Telecom e nei portafogli delusi di una Borsa trattata come una bisca. E questo è ciò che resta dell'establishment economico e dell'élite finanziaria. Mosche del capitale, che succhiano i loro ultimi dividendi sulle spoglie delle aziende e di chi ci lavora.

Ma questo declino, per quanto terribile, non è un destino. Questa operazione può ancora essere fermata, se c'è ancora in giro un po' di buon senso e buon gusto. E non perché si deve rispettare l'italianità: un mantra demagogico, auto-assolutorio e di per sé anti-moderno, da non cavalcare a priori perché i buoni affari non hanno passaporto. Almeno per questo, si può immaginare l'imbarazzo del premier, che dovrebbe gridare "non passi lo straniero" nelle stesse ore in cui è a New York per promuovere il Made in Italy e per convincere le multinazionali a investire in Italia. Questa operazione va fermata perché è rovinosa per il sistema industriale e dannosa per il mercato finanziario.

Telefonica prenderà il controllo di Telecom senza consolidare il suo debito. Lascerà che siano gli altri, nel frattempo, a fare il "lavoro sporco". Cioè smembrando l'azienda e avviando uno spezzatino selvaggio, attraverso il sacrificio della attività più redditizie in Brasile e in Argentina, mercati dove il gruppo italiano dava fastidio a Telefonica perché competeva alla pari sul mobile. Alla fine delle tre tappe fissate dall'operazione, Alierta ingoierà Telco, finalmente alleggerita dai debiti. Il tutto avverrà a un prezzo di 1,09 euro ad azione, di cui beneficeranno solo i "compagnucci della parrocchietta" milanese, messa in piedi dalla Galassia del Nord sei anni fa. Il 78% degli altri azionisti, comuni mortali che hanno comprato in Borsa, non vedranno un centesimo.

Questo è il doppio scempio che va impedito. Può farlo il governo, accelerando il varo del decreto attuativo che estende anche alle telecomunicazioni la nuova "golden power", lo strumento che sostituisce la vecchia golden share e che conferisce al Tesoro il diritto di vincolare con una quota minoritaria, ma dotata di poteri speciali, la governance di aziende "strategiche". C'è tempo per farlo, prima che Telefonica perfezioni il delitto perfetto. E per mettere almeno al sicuro la rete, garantendone la crescita in una prospettiva coerente con l'investimento sulla banda larga e sull'Agenda digitale. Può farlo la Consob, se nel frattempo il Parlamento avrà la forza e il coraggio di correggere la legge sull'Opa riducendo, o congegnando in modo diverso, la soglia di controllo del 30% sopra la quale scatta l'obbligo di lanciare un'offerta pubblica d'acquisto.

Ci vorrebbe un soprassalto di dignità. Un sussulto di responsabilità. In una formula trita, ma ancora efficace: ci vorrebbe un Sistema Paese. È difficile crederci. Ma non tutto è perduto, in questa Italia a saldo e alla mercé dei Poteri Morti. Tranne l'onore.
m.giannini@repubblica.it
(26 settembre 2013)





128 di 996 - 26/9/2013 16:31
giustiziere N° messaggi: 855 - Iscritto da: 27/11/2012
ma cosa vuole che faccia quello pseudo governo signora lella?i pescecani che devono mangiare l ultima fetta sono proprio li dentro
129 di 996 - 27/9/2013 01:26
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Siamo proprio messi male caro giustiziere, ma qui fanno a gara per
far crollare tutto fregandosene delle conseguenze!!
https://fbcdn-sphotos-h-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/536800_10151102402875064_63731015_n.jpg
MODERATO rafzal (Utente disabilitato) N° messaggi: 4007 - Iscritto da: 15/2/2013
131 di 996 - 30/9/2013 11:49
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
DARE DI PIU'

Io non posso
Io non posso darti di più
Non sono più di quello che sono.
Ah come vorrei essere
sabbia, sole in estate!
Che ti sdraiassi
rilassata a rilassarti.
Che mi lasciassi
il tuo corpo quando te ne vai, orma,
tenera, tiepida, indimenticabile.
E che con te se ne andasse
su di te, il mio bacio lento:
colore,
dalla testa ai piedi
bruno.
Ah come vorrei essere
vetro, o stoffa o legno
che conserva il suo colore
qui, il suo profumo qui,
e nacque a tremila chilometri!
Essere
la materia che ti piace,
che tocchi tutti i giorni
e che vedi già senza guardare
vicino a te, le cose
collana, boccetta, seta antica
di cui, quando senti la mancanza
chiedi: "Ah! Dov'è?"
A come vorrei essere
un'allegria fra tutte,
una sola, l'allegria
di cui ti rallegri tu!
Un amore, un amore solo:
l'amore di cui tu ti innamoreresti.

Però non sono più di quello che sono.
(Pedro Salinas)
http://www.youtube.com/watch?v=McRD9wOvIzA
132 di 996 - 01/10/2013 00:42
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
L'ingiustizzie der monno


Quanno che senti di' "cleptomania"
è segno ch'è un signore ch'ha rubbato:
er ladro ricco è sempre un ammalato
e er furto che commette è una pazzia.

Ma se domani è un povero affamato
che rubba una pagnotta e scappa via
pe' lui nun c'è nessuna malatia
che j'impedisca d'esse condannato!

Così va er monno! L'antra settimana
che Yeta se n'agnede cór sartore
tutta la gente disse: - È una puttana. -

Ma la duchessa, che scappò in America
cór cammeriere de l'ambasciatore,
- Povera donna! - dissero - È un'isterica!...


Trilussa
133 di 996 - 14/10/2013 10:36
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
La morale della favola....

Anche se non pratica del lago, la moglie di un pescatore decide di uscire in barca. Accende il motore e si spinge ad una piccola distanza; spegne, butta l’ancora e si mette a leggere il suo libro.

Arriva una guardia forestale in barca. Si avvicina e le dice:

– Buongiorno, Signora, che cosa sta facendo?
– Sto leggendo un libro, risponde lei (pensando “non è forse ovvio?!”).
– Lei si trova in una zona di pesca vietata, aggiunge la guardia.
– Mi dispiace, agente, ma non sto pescando. Sto leggendo.
– Sì, ma ha tutta l’attrezzatura. Per quanto ne so, potrebbe cominciare in qualsiasi momento. Devo portarla con me e fare rapporto.
– Se lo fa, agente, dovrò denunciarla per molestia sessuale, dice la donna.
– Ma se non l’ho nemmeno toccata!, ribatte la guardia forestale.
– Questo è vero, ma possiede tutta l’attrezzatura. Per quanto ne so potrebbe cominciare in qualsiasi momento.
– Le auguro buona giornata, Signora, e la guardia se ne va.

MORALE: Mai discutere con una donna che legge: è probabile che sappia anche pensare.
134 di 996 - 18/10/2013 19:20
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
(..)Non abbiamo quasi più munizioni. Abbiamo perso il collegamento con il capitano.
Non abbiamo ordini. Se avessimo almeno munizioni! Ma sento anche che ho fame, e il sole sta per tramontare.
Attraverso lo steccato e una pallottola mi sibila vicino. I russi ci tengono d’occhio. Corro e busso alla porta di un’isba. Entro. Vi sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz’aria. – Mnié khocetsia iestj [Vorrei mangiare], – dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio.
Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C’è solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. E d’ogni mia boccata. – Spaziba [grazie] – dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. – Pasausta [prego] – mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell’ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, è venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco.
Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev’esserci stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono naturali, non sentivo nessun timore, né alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i russi erano con me, lo sentivo. In quell’isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini un’armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di molto più del rispetto che gli animali della foresta hanno l’uno per l’altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Chissà dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li abbia risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo comportati. I bambini specialmente. Se questo è successo una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere.

Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve,


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il "costume", il "modo di vivere" ,si trasmettono come ci hanno insegnato i nostri vecchi, più con l'esempio che con la parola....
135 di 996 - 20/10/2013 23:49
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
PROVA A CAMBIARE

Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con un cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto:

«Sono cieco, aiutatemi per favore»

Un pubblicitario che passava di lì si fermò e notò che vi erano solo alcuni centesimi nel cappello. Si chinò e versò della moneta, poi, senza chiedere il permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e vi scrisse sopra un'altra frase

Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello era pieno di monete e di banconote.

Il non vedente riconobbe il passo dell'uomo e gli domandò se era stato lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi avesse annotato.

Il pubblicitario rispose:

"Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto la tua frase in un altro modo".

Sorrise e se ne andò.

Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto:

«Oggi è primavera e io non posso vederla».

Morale:

Cambia la tua strategia quando le cose non vanno molto bene e vedrai che poi andrà meglio.
136 di 996 - Modificato il 22/10/2013 13:18
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Il buonsenso l'arguzia e la popolarità fanno del "proverbio" e dei "modi di dire"
la scienza della vita con la quale si trasmette il frutto dell'esperienza e della saggezza di un popolo. Ne fa testo questo simpatico brano tratto dal "Don Chisciotte" di Cervantes...


(..) Mentre Don Chisciotte e Sancio stettero serrati in camera, si svolse fra loro un dialogo che la storia riporta con molta esattezza e scrupolosa fedeltà. Disse Sancio al suo padrone:
- Signor padrone, la mi’ moglie l’ho bell’e incotta a lasciarmi venir via con lei dove la mi vorrà portare.
- Indotta, vuoi dire, Sancio, e non incotta.
- Gliel’ho già detto un altro par di volte, se ben mi ricordo - disse Sancio - che mi faccia il piacere di non mi corregger le parole, quando capisce quel che voglio dire. E quando non capisce, dica: «Sancio» oppure: «Diavolo, non ti capisco». E se io non riesco a farmi intendere, allora sì mi corregga, perché io son molto fòcile.
- Non ti capisco, Sancio - disse subito Don Chisciotte - poiché non so quel che vuol dire «son molto fòcile».
- Molto fòcile vuol dire che son molto... così.
- Ora t’intendo meno che mai - replicò Don Chisciotte.
- Se non riesce a capirmi - rispose Sancio - io non so come dirlo; non so altro, e Dio m’assista.
- Ah! ora ho capito - replicò Don Chisciotte - tu vuoi dire che sei molto docile, remissivo, arrendevole, e che tu accetterai quello ch’io ti dirò e farai ciò che t’insegnerò.
- Scommetterei - disse Sancio - che fin dal principio lei m’ha capito benissimo, vede; ma l’ha fatto apposta per imbrogliarmi e farmi dire altri duecento sfarfallotti.
- Può anche essere - replicò Don Chisciotte - ma in sostanza che dice dunque Teresa?
- La Teresa la dice che m’intenda bene con Vossignoria; che carta canta e villan dorme, perché patti chiari amici cari, e costa più un piglia che due ti darò. Io poi aggiungo che consiglio di donna poco vale, ma chi non lo segue fa male.
- Lo dico anch’io - rispose Don Chisciotte. - Dite, dite, caro Sancio, andate pure avanti; ché oggi parlate a meraviglia.
- Il fatto è - replicò Sancio - che come lei sa benissimo, noi siamo tutti soggetti alla morte, e che oggi ci siamo, domattina no; e, per morire, agnello o montone, tutte l’ore son buone; e nessuno in questo mondo può ripromettersi più ore di vita di quelle che Dio vuol dargli, perché la morte è sorda, e quando arriva a bussare alla porta della nostra vita, l’ha sempre furia, e non valgono a rattenerla né preghiere, né forze, né scettri, né mitrie, come è voce e fama pubblica e come sempre ci dicono da tutti i pulpiti.
- Tutto questo è vero - disse Don Chisciotte - ma non so dove tu voglia andare a finire.
- Vo a finire - disse Sancio - che lei mi deve fare il piacere di stabilirmi un salario fisso; un tanto al mese pel tempo che la servirò; e di farmi pagare questo salario con le sue rendite: perché non voglio stare a delle paghe che arrivano tardi o male, o non arrivan mai; col mio mi aiuti Iddio. In una parola io voglio sapere quel che guadagno, poco o molto che sia; la gallina la cova anche su un uovo solo, e molti pochi fanno un assai, e fintanto che si guadagna qualcosa, non si perde nulla. È vero che se succedesse (ma questo io non lo credo né lo spero) che lei mi desse l’isola che m’ha promesso, io allora non sarei tanto ingrato, né spingerei le cose a tal segno da non volere che si computasse l’ammontare della rendita dell’isola e si levasse dal mio salario, facendo il sorteggio mese per mese.
- Eh, caro Sancio - rispose Don Chisciotte - alle volte, sì, è proprio meglio un sorteggio che un conteggio.
- Ho capito - disse Sancio - scommetterei che dovevo dir conteggio e non sorteggio; ma non importa nulla, dal momento che lei m’ha capito.
- E tanto capito - replicò Don Chisciotte - che son penetrato fino in fondo al tuo pensiero, e conosco il segno a cui miri con le innumerevoli frecce dei tuoi proverbi. Senti, Sancio, io sarei anche disposto a stabilirtelo un salario, se avessi trovato in qualcuna delle storie dei cavalieri erranti un esempio che mi dimostrasse, o anche mi facesse intravedere attraverso il più piccolo spiraglio, quanto eran soliti a guadagnare gli scudieri al mese o all’anno; ma io ho letto tutte o la maggior parte almeno delle loro storie, e non ricordo di aver mai letto che un cavaliere errante abbia stabilito un salario fisso a un suo scudiero. So soltanto che tutti servivano per avere un compenso; e che quando meno se l’aspettavano, se ai loro signori era andata bene, si trovavano compensati con un’isola o con un’altra cosa equivalente, e nel peggiore dei casi s’acquistavano un titolo nobiliare. Se con queste speranze e questi emolumenti, caro Sancio, vi piace dunque di tornare a servirmi, benvenuto; ma che io voglia uscire dai termini e confini delle antiche usanze della cavalleria errante, caro Sancio, non ci pensate nemmeno. Quindi tornate a casa vostra, e riferite a vostra moglie Teresa le mie intenzioni, e se piace a lei e piace a voi di stare così alla ventura con me, bene quidem, se no, amici come prima; ché se in piccionaia non manca l’orzo, non mancheranno piccioni, e ricordatevi che chi lascia il poco per l’assai, si ritrova sovente in mezzo a’ guai, e chi troppo vuole, niente ha. Parlo in questo modo, caro Sancio, per farvi vedere che anch’io, come voi, so far piovere proverbi a dirotto; e in conclusione vi voglio dire e vi dico che, se non volete venire con me a queste condizioni e correr la sorte che correrò io, Dio stia con voi e vi santifichi, ché a me non mancheranno scudieri più obbedienti, più zelanti e non tanto impacci osi e chiacchieroni come voi.
137 di 996 - 22/10/2013 13:27
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Variazioni sul tema di proverbi famosi:

Chi va con lo zoppo, arriva tardi
Gallina vecchia, muore presto
Nella botte piccola, ci sta meno vino
Occhio per occhio, occhio al quadrato
Can che abbaia, rompe i co.glioni
Chi fa da sé, fatica il doppio
Una mela al giorno, 365 mele all'anno
Errare humanum est, perseverare ovest
138 di 996 - 25/10/2013 10:52
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010

Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di un'eterna giovinezza. La vita umana non è altro che un gioco della Follia.

Erasmo da Rotterdam

139 di 996 - Modificato il 26/10/2013 01:43
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
La Follia decise di invitare i suoi amici a prendere un caffè da lei.
Dopo il caffè, la Follia propose:
'Si gioca a nascondino?'
'Nascondino? Che cos'è?' - domandò la Curiosità.
'Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete.
Quando avrò terminato di contare, cercherò e il primo che troverò sarà il prossimo a contare.'
Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia.
'1,2,3...' - la Follia cominciò a contare.
La Fretta si nascose per prima, dove le capitò.
La Timidezza, impacciata come sempre, si nascose in un gruppo d'alberi.
La Gioia corse in mezzo al giardino.
La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo adatto per nascondersi.
L' Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro un grande masso.
La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.
La Disperazione era disperata vedendo che la Follia era già a novantanove.
'CENTO!' - gridò la Follia - 'Comincerò a cercare.'
La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primoad essere scoperto.
Guardando da una parte, la Follia vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato si sarebbe meglio nascosto.
E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza.
Quando tutti erano riuniti, la Curiosità domandò: 'Dov'è l'Amore?'.
Nessuno l'aveva visto.
La Follia cominciò a cercarlo.
Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi sotto le rocce.
Ma non trovò l'Amore.
Cercando da tutte le parti, la Follia vide un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò a cercare tra i rami, allorché ad un tratto sentì un grido.
Era l'Amore, che gridava perché una spina gli aveva forato un occhio.
La Follia non sapeva che cosa fare.
Si scusò, implorò l'Amore per avere il suo perdono e arrivò fino a promettergli di seguirlo per sempre.
L' Amore accettò le scuse.

Ancora oggi, quando si cerca l'Amore non lo si trova, e solo i folli si ostinano a cercarlo nonostante tutto ma soprattutto:
l'Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.
140 di 996 - 27/10/2013 11:18
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
La danzatrice

Per un giorno, la corte del principe invita una danzatrice
accompagnata dai suoi musicisti.

Ella fu presentata alla corte,
poi danza davanti al principe
al suono del liuto, del flauto e della chitarra.

Ella danza la danza delle stelle e quella dell'universo;
poi ella danza la danza dei fiori che vorticano nel vento.
E il principe ne rimane affascinato.

Egli la prega di avvicinarsi.
Ella si dirige allora verso il trono
e s'inchina davanti a lui.
E il principe domanda:

"Bella donna, figlia della grazia e della gioia, da dove viene la tua arte?
Come puoi tu dominare la terra a l'aria nei tuoi passi,
l'acqua e il fuoco nel tuo ritmo?"

La danzatrice s'inchina di nuovo davanti al principe e dice:

"Vostra Altezza, io non saprei rispondervi,
ma so che:

L'Anima del filosofo veglia nella sua testa.
L'anima del poeta vola nel suo cuore.
L'Anima del cantante vibra nella sua gola.
Ma l'anima della danzatrice vive in tutto il suo corpo."

G. Khalil


http://www.youtube.com/watch?v=djhD40912m8
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