Il flop della Nazionale ai Mondiali in Brasile ha certificato, se mai ce ne fosse stato bisogno, il declino del calcio italiano. Dopo la vetta toccata a Berlino nel 2006, quando l'Italia si laureò campione del mondo per la quarta volta, sono state ben poche le soddisfazioni per i tifosi in campo internazionale: Milan (2007) e Inter (2010) hanno vinto la Coppa dei Campioni, ma nel primo caso si trattava di una squadra formata durante il periodo d'oro di inizio secolo, mentre nel secondo di una compagine fatta da tutti calciatori stranieri.

Ciononostante in settimana, scrive Milano Finanza, Sky e Mediaset hanno fatto piovere sul calcio 945 milioni a stagione per trasmettere le partite di Serie A nel periodo 2015/2018, che fanno del campionato italiano la Lega più remunerata dalle televisioni dopo la Premier League. I canali tematici, insomma, hanno capito che la mancanza di stelle nel nostro calcio può ridurre le presenze allo stadio, ma non ha ancora intaccato il piacere di vedere la propria squadra del cuore dal divano di casa. Di qui la bagarre tra il gruppo di Rupert Murdoch e quello di casa Berlusconi.

Il rischio, tuttavia, è che la quantità di soldi investita quest'anno dalle tv potrebbe essere l'ultima forte iniezione di denaro nel settore, se il sistema non inverte la rotta. la Serie A nel 2007/08 ha subito il sorpasso di Bundesliga e Liga nella classifica dei ricavi, nel contempo però continua ad avere, nonostante la scarsità di risultati, il secondo maggior costo del personale tra i grandi campionati. Segno forse che, oltre a una questione fiscale, i manager delle nostre squadre pagano in misura maggiore ai club stranieri calciatori di qualità non sopraffina.

Il risultato a livello aggregato è che nel 2012/13 la Serie A ha registrato 202 milioni di perdite nette, in miglioramento rispetto al rosso di 281 milioni del 2011/12 ma pur sempre una dato che fa riflettere. Di qui la necessità assoluta di utilizzare bene i soldi che sono arrivati da Mediaset e Sky in una sorta di riseminatura con lo scopo di far rinascere un settore che rischia di perdere ulteriori posizioni, se nulla dovesse cambiare.

Servono investimenti che inneschino un volano in grado di far ripartire i ricavi al di là dei soldi delle televisioni. Ricavi con cui costruire squadre competitive. Il successo sportivo infatti rappresenta il fine ultimo di un club, soprattutto delle squadre blasonate, quindi il perdurare di una situazione di insuccessi rischia di depauperare per decenni il serbatoio naturale di un club, ovvero il numero di tifosi.

Il presidente indonesiano dell'Inter, Erick Thohir, ha spiegato di voler incrementare i ricavi del club soprattutto con il marketing sui mercati asiatici, popolosi e in costante crescita in termini di ricchezza. Thohir conosce bene quei mercati e gli va dato il tempo per sviluppare le strategie. Resta il fatto che al momento anche quelli di Thohir sono ricavi potenziali. Più incerta sembra essere la situazione al Milan sia per la diarchia al vertice tra Adriano Galliani (cui fa capo la gestione sportiva, pur mantenendo la delega sui diritti tv) e Barbara Berlusconi (responsabile delle attività commerciali) sia per il peso che il club continua ad avere sui conti del gruppo Fininvest. Nonostante da via Paoleocapa abbiano più volte smentito le voci su una possibile vendita del Milan, confermando solo il fatto che si sta cercando un partner per finanziare il progetto dello stadio, negli ambienti finanziari si dà per scontato che un'offerta economicamente allettante per il 100% del Diavolo sarebbe presa in considerazione.

red/als