WALL STREET: in calo con petrolio, Brexit spaventa anche Fed
16 Giugno 2016 - 05:34PM
MF Dow Jones (Italiano)
Wall Street e il petrolio continuano a trattare in calo
all'indomani della riunione del Fomc da cui sono emersi due
messaggi chiave: la Fed teme la Brexit, paura condivisa anche da
altri Istituti centrali, e i banchieri hanno ridotto le aspettative
sui prossimi rialzi dei tassi di interesse. Inoltre la BoJ è
rimasta ferma, facendo schizzare al rialzo lo yen e affossando il
Nikkei che da inizio settimana ha perso il 7%.
Il Dow Jones scende dello 0,56%, l'S&P 500 dello 0,68% e il
Nasdaq Composite dello 0,9%, mentre il Brent lascia sul terreno il
3,19% a 47,41 dollari al barile e il Wti il 3,4% a 46,38 usd.
Nella riunione del Fomc ha prevalso la cautela in scia "alle
preoccupazioni per il contesto internazionale, soprattutto per il
rischio della Brexit, ma anche per le incertezze dovute ad alcuni
recenti rallentamenti dei dati interni misti su nuove assunzioni,
investimenti delle imprese e attese di inflazione. Questo,
nonostante i consumi e il settore immobiliare si siano rafforzati e
anche le esportazioni siano migliorate", aggiungono gli analisti
della divisione Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda.
Gli esperti puntualizzano che "sebbene si osservi
un'accelerazione della crescita, la Fed ha preferito aspettare per
agire e attende nuovi dati sui quali però resta confidente,
nonostante abbia abbassato la sua stima di crescita economica. È
stato infatti ribadito che il percorso di normalizzazione dei tassi
seguirá l'evoluzione dei dati nel perseguimento del doppio
obiettivo della piena occupazione e del 2% di inflazione".
Il mercato ha reagito principalmente sull'obbligazionario
abbassando ulteriormente la probabilitá implicita nei futures per
un solo rialzo entro dicembre, che ora è al 40% (contro i due
impliciti nelle proiezioni del Fomc). Tutto ciò per gli esperti
potrebbe generare una consistente volatilitá in occasione del
rilascio dei prossimi dati macro rilevanti.
L'indebolimento del dollaro è stato invece molto contenuto sia
perchè la decisione era attesa sia perchè l'incertezza inerente il
prossimo referendum inglese dá sostegno alla valuta.
Nel frattempo, sul fronte macroeconomico le richieste
settimanali di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti (dato
destagionalizzato) sono salite di 13.000 unitá a quota 277.000,
rispetto alle 270.000 attese dal consenso. La media mobile nelle
ultime quattro settimane, considerata piú attendibile dal mercato
perchè meno volatile, è a 269.250, in calo di 250 unitá dalle
269.500 non riviste di sette giorni fa. Il dato è rimasto sotto
quota 300.000 per la 67* settimana consecutiva, la striscia
positiva piú lunga dal 1973.
Inoltre, l'indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti è
salito dello 0,2% m/m a maggio, leggermente al di sotto delle
attese del consenso (+0,3% m/m). Quello core è invece salito dello
0,2% su base mensile, in questo caso come da previsioni. I prezzi
energetici, sempre a maggio, sono saliti dell'1,2% m/m, mentre
quelli alimentari sono scesi dello 0,2%. A livello annuale l'indice
dei prezzi al consumo è salito dell'1% (+1,1% a/a il consenso),
mentre quello core è aumentato del 2,2% a/a (in linea alle
attese).
L'indice sull'attività manifatturiera regionale elaborato dalla
Fed di Filadelfia si è poi attestato a giugno a 4,7 punti, in netto
rialzo dai -1,8 di maggio e ben al di sopra del consenso a quota
-1. Il sotto-indice dei nuovi ordini al settore manifatturiero, si
legge nel comunicato della Fed di Filadelfia, si è attestato a -3
punti da -1,9 di maggio, mentre quello sull'occupazione a -10,9
punti da -3,3 del mese precedente.
Il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti si è invece
attestato a 124,67 miliardi di dollari nel 1* trimestre 2016, al di
sotto dei 125 miliardi del consenso. Quello del 4* trimestre 2015 è
stato rivisto da 125,31 miliardi a 113,41 miliardi.
Infine, l'indice Nahb sull'andamento del mercato immobiliare
statunitense nel mese di giugno si è attestato a 60 punti, in
rialzo
rispetto ai 58 di maggio. Il consenso degli economisti si
attestava a 59 punti.
Se il 23 giugno i timori di una Brexit si dissiperanno, "tornerá
in voga l'idea di un rialzo dei tassi della Fed a luglio", afferma
Vincenzo Longo, strategist di Ig. L'inflazione di maggio "è stata
piú bassa delle attese sia su base congiunturale che tendenziale",
ma il dato migliora "quando esclude la componente energetica. Molto
bene" invece l'indice Fed Filadelfia, che insieme al buon andamento
dell'indice Empire State Manufacturing di ieri "sembra ben
posizionare il manifatturiero Usa per giugno". Longo evidenzia come
"rimangano segnali di debolezza, ma sono dati che, se non ci fosse
l'imminente voto britannico, permetterebbero alla Fed di alzare i
tassi".
Sul valutario il cambio euro/usd tratta in calo e ha appena
aggiornato il minimo intraday a 1,1130. Sull'obbligazionario il
rendimento del Treasury biennale è allo 0,67% e quello decennale
all'1,55%.
alb
alberto.chimenti@mfdowjones.it
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June 16, 2016 11:19 ET (15:19 GMT)
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