Wall Street e il petrolio continuano a trattare in calo all'indomani della riunione del Fomc da cui sono emersi due messaggi chiave: la Fed teme la Brexit, paura condivisa anche da altri Istituti centrali, e i banchieri hanno ridotto le aspettative sui prossimi rialzi dei tassi di interesse. Inoltre la BoJ è rimasta ferma, facendo schizzare al rialzo lo yen e affossando il Nikkei che da inizio settimana ha perso il 7%.

Il Dow Jones scende dello 0,56%, l'S&P 500 dello 0,68% e il Nasdaq Composite dello 0,9%, mentre il Brent lascia sul terreno il 3,19% a 47,41 dollari al barile e il Wti il 3,4% a 46,38 usd.

Nella riunione del Fomc ha prevalso la cautela in scia "alle preoccupazioni per il contesto internazionale, soprattutto per il rischio della Brexit, ma anche per le incertezze dovute ad alcuni recenti rallentamenti dei dati interni misti su nuove assunzioni, investimenti delle imprese e attese di inflazione. Questo, nonostante i consumi e il settore immobiliare si siano rafforzati e anche le esportazioni siano migliorate", aggiungono gli analisti della divisione Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda.

Gli esperti puntualizzano che "sebbene si osservi un'accelerazione della crescita, la Fed ha preferito aspettare per agire e attende nuovi dati sui quali però resta confidente, nonostante abbia abbassato la sua stima di crescita economica. È stato infatti ribadito che il percorso di normalizzazione dei tassi seguirá l'evoluzione dei dati nel perseguimento del doppio obiettivo della piena occupazione e del 2% di inflazione".

Il mercato ha reagito principalmente sull'obbligazionario abbassando ulteriormente la probabilitá implicita nei futures per un solo rialzo entro dicembre, che ora è al 40% (contro i due impliciti nelle proiezioni del Fomc). Tutto ciò per gli esperti potrebbe generare una consistente volatilitá in occasione del rilascio dei prossimi dati macro rilevanti.

L'indebolimento del dollaro è stato invece molto contenuto sia perchè la decisione era attesa sia perchè l'incertezza inerente il prossimo referendum inglese dá sostegno alla valuta.

Nel frattempo, sul fronte macroeconomico le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti (dato destagionalizzato) sono salite di 13.000 unitá a quota 277.000, rispetto alle 270.000 attese dal consenso. La media mobile nelle ultime quattro settimane, considerata piú attendibile dal mercato perchè meno volatile, è a 269.250, in calo di 250 unitá dalle 269.500 non riviste di sette giorni fa. Il dato è rimasto sotto quota 300.000 per la 67* settimana consecutiva, la striscia positiva piú lunga dal 1973.

Inoltre, l'indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti è salito dello 0,2% m/m a maggio, leggermente al di sotto delle attese del consenso (+0,3% m/m). Quello core è invece salito dello 0,2% su base mensile, in questo caso come da previsioni. I prezzi energetici, sempre a maggio, sono saliti dell'1,2% m/m, mentre quelli alimentari sono scesi dello 0,2%. A livello annuale l'indice dei prezzi al consumo è salito dell'1% (+1,1% a/a il consenso), mentre quello core è aumentato del 2,2% a/a (in linea alle attese).

L'indice sull'attività manifatturiera regionale elaborato dalla Fed di Filadelfia si è poi attestato a giugno a 4,7 punti, in netto rialzo dai -1,8 di maggio e ben al di sopra del consenso a quota -1. Il sotto-indice dei nuovi ordini al settore manifatturiero, si legge nel comunicato della Fed di Filadelfia, si è attestato a -3 punti da -1,9 di maggio, mentre quello sull'occupazione a -10,9 punti da -3,3 del mese precedente.

Il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti si è invece attestato a 124,67 miliardi di dollari nel 1* trimestre 2016, al di sotto dei 125 miliardi del consenso. Quello del 4* trimestre 2015 è stato rivisto da 125,31 miliardi a 113,41 miliardi.

Infine, l'indice Nahb sull'andamento del mercato immobiliare

statunitense nel mese di giugno si è attestato a 60 punti, in rialzo

rispetto ai 58 di maggio. Il consenso degli economisti si attestava a 59 punti.

Se il 23 giugno i timori di una Brexit si dissiperanno, "tornerá in voga l'idea di un rialzo dei tassi della Fed a luglio", afferma Vincenzo Longo, strategist di Ig. L'inflazione di maggio "è stata piú bassa delle attese sia su base congiunturale che tendenziale", ma il dato migliora "quando esclude la componente energetica. Molto bene" invece l'indice Fed Filadelfia, che insieme al buon andamento dell'indice Empire State Manufacturing di ieri "sembra ben posizionare il manifatturiero Usa per giugno". Longo evidenzia come "rimangano segnali di debolezza, ma sono dati che, se non ci fosse l'imminente voto britannico, permetterebbero alla Fed di alzare i tassi".

Sul valutario il cambio euro/usd tratta in calo e ha appena aggiornato il minimo intraday a 1,1130. Sull'obbligazionario il rendimento del Treasury biennale è allo 0,67% e quello decennale all'1,55%.

alb

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June 16, 2016 11:19 ET (15:19 GMT)

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