Eni: su "L'Espresso" documenti tangenti Algeria e Nigeria
28 Luglio 2016 - 5:38PM
MF Dow Jones (Italiano)
Il settimanale "L'Espresso" pubblica i documenti delle "mega
tangenti Eni", carte che rivelerebbero "il fiume di soldi versati
dal gruppo italiano ai familiari di un ministro algerino e ai
politici nigeriani corrotti". Sarebbe la mazzetta piu' grande della
storia: 1,5 miliardi di usd.
Escono dai Panama Papers i nuovi documenti che svelano il fiume
di tangenti pagate dall'Eni per lavori ottenuti in Algeria e
Nigeria, si legge in un'anticipazione dell'inchiesta pubblicata sul
numero in uscita domani. Nel solo quinquennio 2007-2011 il colosso
italiano avrebbe sborsato un miliardo e mezzo di dollari a societa'
offshore, controllate da faccendieri, tesorieri e familiari di
politici dei due Paesi africani.
In particolare, secondo le indagini giudiziarie in corso a
Milano, sarebbero stati erogati piu' di 400 mln di usd, usciti
dalle casse della Saipem, oggi posseduta dalla Cassa Depositi e
Prestiti, per appalti in Algeria del valore di 11 mld, e piu' di un
miliardo da quelle dell'Eni, in cambio della licenza per sfruttare
il ricco giacimento petrolifero nigeriano chiamato OPL 245.
Sono le ultime carte dello studio legale Mossack Fonseca di
Panama ad aprire il libro sulla maxi-tangente africana, venti volte
piu' grande dello storico mazzettone Enimont scoperto dai
magistrati di Mani Pulite nel 1993-1994.
L'Espresso, in collaborazione con il network americano
International Consortium of Investigative Journalists, ha
rintracciato 12 delle 17 offshore panamensi al centro dello
scandalo Saipem-Sonatrach. Scandalo che ruota intorno alla figura
di Farid Bedjaoui, nipote di un ex ministro degli Esteri algerino:
regista di un'operazione volta a ripulire il "tesoro" legato a
contratti per la costruzione di gasdotti e impianti per il
metano.
La' dove l'inchiesta milanese si era fermata al fiduciario
svizzero di Bedjaoui, e al sequestro della corrispondenza con il
suo cliente, ora la documentazione Mossack Fonseca porta alla luce
i rapporti diretti con tre offshore registrate a Panama:
Collingdale Consultants Inc, Carnelian Group Inc, e Parkford
Consulting Inc, beneficiate di milioni di dollari provenienti da
vari conti di Bedjaoui. Societa' di cui a volte risulta essere
azionista Khaldoun Khelil, figlio dell'ex ministro algerino
dell'Energia Chakib Khelil, e a volte procuratrice Najat Arafat,
moglie dello stesso Chakib Khelil.
E' esattamente di un miliardo e 92 milioni di dollari la
presunta tangente che porta all'accordo sull'investimento nigeriano
OPL 245, firmato dall'Eni e dall'allora presidente Goodluck
Jonathan. La cifra vola su un conto bancario a Londra, per essere
poi frazionata in vari tronconi. Il grosso, pari a 801 milioni di
dollari, nel 2011 arriva alla Malabu Oil & Gas Ltd, un'offshore
che copre Dan Etete, ex ministro del petrolio di Lagos. In seguito,
tra il 23 agosto e il 6 settembre di quell'anno, la Malabu riversa
523 milioni a tre offshore, tutte riconducibili, secondo l'accusa,
ad Abubakar Aluyo, un politico nigeriano vicino all'ex presidente
Jonathan. Soldi comunque poi prelevati in contanti, che non hanno
lasciato tracce.
Gli italiani entrano in scena perche', in un processo intentato
a Londra da un mediatore nigeriano, Emeka Obi, contro Etete, per
rivendicare una fetta della torta, era venuto fuori che fossero
presenti anche interessi di nostri connazionali. L'unico fatto
certo e' che Obi, al quale la corte inglese ha riconosciuto il
diritto ad una quota di 112 milioni di dollari, ha versato 20
milioni di franchi svizzeri che i pm di Milano collegano a una
offshore del finanziere italiano Gianluca Di Nardo, partner di
Luigi Bisignani, intercettato in un'altra indagine mentre chiede ai
vertici dell'Eni di non escluderlo dall'affare nigeriano.
red/gug
(END) Dow Jones Newswires
July 28, 2016 11:23 ET (15:23 GMT)
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