Mi. Marketing Festival: Big Data, la chiave del successo (MF)
24 Marzo 2017 - 8:34AM
MF Dow Jones (Italiano)
"Analizzare i big data è come fare una Tac della società per
capirne valori, credenze, andamento demografico. Si radiografano
numeri, parole e immagini attraverso le tracce impresse dalle
nostre impronte digitali. Perché, ebbene sì, siamo persone dotate
di protesi hi-tech come lo smartphone, sempre in mano. Lasciamo
tracce digitali ogni volta che usiamo il cellulare o navighiamo su
internet». Mario Rasetti, presidente di Isi Foundation (Istituto
per l'interscambio scientifico) e soprattutto tra i massimi esperti
mondiali di big data, spiega così "la svolta cruciale che le nuove
tecnologie imprimono alla società". Rasetti è intervenuto ieri
all'apertura del 1° Milano Marketing Festival (promosso da Class
Editori fino a domani alla Fabbrica del Vapore, via Procaccini n.4,
www.milanomarketingfestival.it).
L'intervento del professore è stato seguito con attenzione da
centinaia di studenti dei corsi universitari di marketing accorsi
alla manifestazione. "Possiamo parlare di Quinta rivoluzione
tecnologica", ha proseguito Rasetti, "perché interpretando i big
data si scoprono i gusti delle persone, i desideri, e si arriva a
fornire loro prodotti e servizi mirati", prima ancora che li
richiedano. Ma "il sapere deve sempre passare dall'informazione per
farsi capire e far comprendere", ha sottolineato Paolo Panerai,
editor in chief e ceo di Class Editori (che pubblica MF-Milano
Finanza e controlla con DowJones questa agenzia). "In questo senso
ItaliaOggi, con la sua sezione MarketingOggi, è l'unico quotidiano
con 6-8 pagine al giorno dedicate al marketing. In aggiunta,
adesso, lanciamo la prima edizione del Milano Marketing Festival
perché il capoluogo lombardo ospita aziende, università, media
specializzati ma non ha un suo evento dedicato al marketing, al
contrario per esempio di Londra.E cos'ha da invidiare Milano a
Londra? Non moltissimo. La città ha tutte le caratteristiche per
cogliere le opportunità dalla Brexit, non solo come sede
dell'Agenzia del farmaco. Il marketing può dare una spinta in
questo senso". L'obiettivo è quindi creare a Milano una comunità
del marketing, in cui "si moltiplicano le idee grazie a un impulso
continuo di confronti e relazioni", ha proseguito. Per il Milano
Marketing Festival "abbiamo avuto la fortuna, come per la Class
Digital Experience Week che replicheremo il 15 maggio, di avere con
noi l'architetto Italo Rota".
Quest'ultimo ha firmato la mostra Marketing is Art con più di 30
marche che espongono le rispettive campagne di comunicazione e i
prodotti migliori, come fossero opere d'arte perché "il marketing è
la nuova forma creativa", ha sottolineato l'architetto, "che deve
saper creare storie ed empatia. Non solo, la sua prossima frontiera
è la produzione immateriale", simbolo di un'era digitale. Se però
oggi "il marketing è l'anima dell'attività economica", ha aggiunto
Pierluigi Magnaschi, direttore di ItaliaOggi e MF-Milano Finanza e
vicepresidente di Class Editori , "pensiamo che in origine
marketing voleva dire solo saper vendere bene. Ora influenza
persino la produzione stessa. Del resto, se non vendi non produci.
E allo stesso modo chi non comunica non esiste. Per questo",
continua Magnaschi, "c'è crescente richiesta d'informazioni di
marketing cui risponde MarketingOggi, che è come avere un Festival
tutti i giorni, assolutamente non cattedratico". Ma al 1° Milano
Marketing Festival non ci sono solo aziende e guru internazionali
(vedi box nelle pagine a seguire). Ci sono anche "i relatori di 18
workshop per capire il marketing nel dettaglio e 23 award da
assegnare ai casi di marketing a maggior valore aggiunto", ha
ricordato Angelo Sajeva, consigliere per le strategie e lo sviluppo
di Class Editori e presidente di Class Pubblicità. Mentre conclude
Domenico Ioppolo, chief operating officer, MF Servizi Editoriali,
"80 professionisti da diversi settori intervengono al Festival.
Possibilità unica di vedere come si costruisce nel concreto un
marchio".
Ed è proprio ai marchi che spetta "selezionare i dati
fondamentali per profilare i clienti, correlarli e sintetizzarli
per trarne sapere", spiega Rasetti. "I big data sono big, e ciò non
è per forza un bene. Solo l'anno scorso abbiamo prodotto più dati
che in tutta la storia fino al 2015. Ogni giorno spediamo 410
miliardi di e-mail, e 35 miliardi di sms e 700 milioni di foto sono
postate su Facebook. In tutto più di metà della popolazione globale
gira con un cellulare in mano. I marchi devono stare attenti perché
nel big data il pensiero non è più lineare o consequenziale. Le
deduzioni non sono facili". Rasetti, ha rivelato che esiste già il
centro di calcolo più veloce al mondo, capace di elaborare un
miliardo di gigabyte al secondo, anche se è stato realizzato, a
Pechino, da Huawei e non da un'azienda europea o Usa. "Ma non conta
solo la potenza di calcolo", ha ammonito Rasetti. "Ci sono
conseguenze sociali, redistribuzioni di potere e impatti sul mondo
del lavoro, considerando il tema parallello dell'intelligenza
artificiale". Ecco perché digitalizzazione e globalizzazione, a
giudizio dell'esperto, sono trend irriversibili che fanno paura,
come i populismi. "Invece dovrebbero creare ottimismo", ha spiegato
alla platea. «Sapete come gli esperti capiscono se si sta
diffondendo un'epidemia? Non chiedendo all'associazione mondiale
dei medici, ma contando dove e per quante volte si cerca online il
nome o i sintomi di una malattia". Oppure "vi ricordate che impatto
ha avuto sull'immaginario collettivo l'Encyclopédie di Diderot e
d'Alembert? Adesso pensate a Wikipedia che in più è anche
interattiva e lo stesso utente può contribuire a migliorarla e
aggiornarla".
Semmai il paradosso è che gli utenti regalano informazioni su di
loro ai vari social network come Facebook o Twitter, ha concluso
con ironia Rasetti, mentre "aziende e noi studiosi dobbiamo
pagarli, se vogliamo radiografare il mondo". Insomma, è la sintesi
in positivo dell'esperto, "la digitalizzazione non ci toglierà
tutto il lavoro. L'intelligenza artificiale non sostituirà mai
quella umana. Al contrario, semmai, nella società e nelle aziende
servono sempre più data scientist per decrittare la realtà e la sua
ingente mole d'informazioni". Non dimenticando mai, ha sottolineato
più volte Rasetti durante l'intervento, l'etica che deve essere il
faro di chi maneggia i big data. Anche nel caso che siano di
supporto al marketing.
red
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March 24, 2017 03:19 ET (07:19 GMT)
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