L'Italia, uno dei Paesi fondatori della Ue e padrona di

casa delle celebrazioni di questo fine settimana per i 60 anni dei

Trattati Ue ma è anche uno dei Paesi in cui l'euro è meno popolare e dove

molti chiedono un ritorno alla lira ma "i sondaggi, a mio parere, mostrano

una disaffezione verso la situazione generale, di cui l'euro diventa un

capro espiatorio. In Italia, le conseguenze di questa narrativa sono

semplicemente sbagliate".

Lo afferma in un'intervista al Sole 24 Ore, il capo economista della

Banca centrale europea, Peter Praet, aggiungendo che "l'alternativa

nostalgica secondo cui tutto andrà a posto con il solo ritorno alla lira

equivale a imbrogliare la gente. Il costo di un cambiamento di regime

monetario sarebbe enorme e i poveri sarebbero la parte della popolazione

che ne soffre di più".

"In Italia - continua - ci sono problemi reali, per esempio nel sistema

dell'istruzione, nella partecipazione femminile alla forza lavoro, nella

preparazione della manodopera, nella qualità della pubblica

amministrazione, nella diffusione delle tecnologie. Il miglioramento in

queste aree creerà ricchezza e questa ricchezza dev'essere inclusiva, per

evitare un'altra fonte di populismo. È meglio guardare alla lista di

riforme dell'Ocse: alcune sono state adottate e stanno producendo

risultati, ma la lista delle cose da fare è ancora molto lunga.

Alla domanda su cosa può fare la Bce, Praet risponde che "noi dobbiamo

avere successo nell'adempiere al nostro mandato di mantenere la stabilità

dei prezzi nel medio termine, creando in questo modo creando le condizioni

per una crescita sostenibile. Dobbiamo continuare a essere una fonte di

stabilità in una situazione di volatilità. Il nostro mandato è limitato.

Le politiche strutturali non rientrano nei nostri compiti, ma sono la

responsabilità dei Governi", conclude.

pev

 

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March 24, 2017 03:48 ET (07:48 GMT)

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