Arrivano segnali di disgelo tra Banca Popolare di Vicenza e Cattolica Ass., dopo le frizioni delle ultime settimane.

Questa mattina a Milano era in programma un Cda dell'istituto berico, riunione che tra i punti all'ordine del giorno aveva proprio l'esame del dossier Cattolica per il quale - viene riferito al termine dell'incontro - la linea che al momento prevale è che sia preferibile una negoziazione con la controparte piuttosto che un'azione legale. Un'indicazione di fatto anticipata un paio di giorni fa dall'a.d. Fabrizio Viola, che nel corso di una conferenza stampa a Padova - riferendosi proprio al braccio di ferro in atto con Cattolica - aveva spiegato che "le cose migliori di solito si fanno fuori dai tribunali. Personalmente non sono un litigioso anche perchè le liti nei tribunali portano via molti anni e in linea di massima non ingrassano le tasche delle controparti".

Lo scorso 4 aprile, come noto, la compagnia veronese ha reso nota l'intenzione di esercitare la put per uscire dalle partnership assicurative Cattolica Life, Berica Vita e Abc Assicura, mossa che costringerà di fatto l'istituto guidato da Fabrizio Viola a mettere mano al portafoglio per ricomprare il 60% delle quote per 178,5 milioni di euro. Una scelta che a Vicenza hanno giudicato quantomeno sconveniente nei tempi, considerate le difficoltà in cui versa l'istituto in questi mesi. Non a caso, ritenendo di essere dalla parte della ragione e che pertanto Cattolica non abbia in realtà alcun diritto a richiedere l'esercizio della put, il Consiglio odierno ha predisposto una risposta ufficiale che verrà recapitata a breve ai vertici della compagnia. "Risponderemo per le rime. Loro sono stati assertivi, noi faremo lo stesso", hanno riferito due consiglieri al termine della riunione.

La motivazione addotta dalla cooperativa presieduta da Paolo Bedoni per risolvere anzitempo gli accordi di bancassurance con Bpvi, secondo quanto riportato nella nota che pochi giorni fa annunciava l'intenzione di esercitare il diritto di vendita, era legata alla "grave incertezza del quadro emerso dal bilancio 2016 di Banca Popolare di Vicenza". Prima del salvataggio attuato dal Fondo Atlante sulle due banche venete, Cattolica deteneva una quota dello 0,89% nel capitale di Bpvi. Una partecipazione da 60 milioni che nel biennio precedente aveva già svalutato per 54 milioni di euro e che di fatto si è pressoché azzerata con l'entrata in scena del veicolo di Quaestio Capital. Per cercare di mitigare l'impatto, la compagnia guidata da Giovan Battista Mazzucchelli aveva deciso di investire 40 milioni per la dotazione d Atlante, un gruzzolo che anche in questo caso rischia di sfumare nel caso tutt'altro che remoto di un ingresso dello Stato nel capitale dei due istituti veneti.

A ciò si aggiunge il fatto che Cattolica sta anche valutando un'azione legale nei confronti della precedente gestione di Bpvi, con particolare riferimento all'aumento di capitale da 1 mld (e al relativo prospetto) che Bpvi affrontò nel 2014 per dotarsi del capitale necessario a muovere su Montebelluna (Veneto Banca) e Arezzo (BancaEtruria). Operazioni che non si sono poi concretizzate.

Da Vicenza, la risposta alla mossa di Cattolica non si era fatta attendere: attraverso una procedura di accelerated bookbuilding, poche ore dopo l'annuncio Bpvi ha ceduto una quota del 6,02% della compagnia. Un pacchetto di 10,5 milioni di azioni passate di mano con uno sconto minimo che hanno consentito di incassare 76,1 milioni di euro e che all'inizio di luglio (sono previsti infatti 90 giorni di lock-up per cedere la quota restante, ndr) lasceranno le mani libere al gruppo vicentino per vendere il restante 9,05% e portare ulteriore fieno in cascina.

Le ultime dichiarazioni di Fabrizio Viola - unitamente a quelle di Mazzucchelli che ieri si è detto disponibile a un confronto per discutere le modalità d'esercizio della put, lasciano tuttavia pensare che la frattura si possa ricomporre nei prossimi mesi.

ofb

 

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April 13, 2017 11:48 ET (15:48 GMT)

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