Finanza: Npl, chi si spartisce la torta (Mi.Fi.)
17 Luglio 2017 - 8:50AM
MF Dow Jones (Italiano)
Che la gestione dei crediti in sofferenza e deteriorati più in
generale sia un business in crescita lo dimostra anche il grande
successo che ha avuto tra gli investitori istituzionali l'ipo di
doBank, il gruppo bancario nato dall'ex Uccmb (la piattaforma di
gestione di crediti deteriorati di Unicredit ) e dalla fusione con
Italfondiario. Sbarcata venerdì 14 luglio a Piazza Affari con una
capitalizzazione iniziale di 704 milioni di euro, doBank ha chiuso
in anticipo l'offerta destinata soltanto agli istituzionali il 12
luglio, a fronte di una domanda che è stata ben 4,65 volte
l'offerta. E il primo giorno di negoziazione si è chiuso con il
botto: +13,89% a 10,25 euro contro i 9 euro del collocamento.
D'altra parte, si legge su Milano Finanza, basta guardare al
tasso di crescita delle masse di crediti gestite dai protagonisti
del settore e alla massa di crediti deteriorati che ancora sono sui
libri delle banche italiane per capire che si tratta di un settore
interessante nel quale lavorare. Certo, bisogna essere bravi a
recuperare i crediti in questione, perchè poi è da quello che
dipendono in ultima analisi i ricavi degli speciali servicer, che
sono appunto i soggetti che si occupano di monitoraggio, gestione e
recupero dei crediti non performing. Non solo. Nel caso in cui i
crediti siano stati cartolarizzati, allora entrano in gioco anche i
cosiddetti master servicer, che si occupano di gestire le relazioni
con gli organi di vigilanza. E anche in questo caso l'attività è
destinata a crescere, vista l'enorme pipeline di operazione, in
primo luogo quelle di Unicredit e di Mps , rispettivamente da 17,7
e 26,1 miliardi di euro lordi. Si tratta di portafogli enormi in
arrivo sul mercato, che portano il conteggio delle controvalore
delle operazioni di compravendita di npl da inizio anno addirittura
già vicino a quota 42 miliardi (fonte BeBeez). Peraltro, senza
tenere conto dei 18 miliardi di euro di npl in portafoglio alle due
banche venete e che saranno traslocati alla Sga per essere poi
ceduti sul mercato e senza tenere conto anche delle tante piccole
operazioni che di norma non vengono comunicate.
Insomma, il lavoro per i servicer è in continuo aumento in
Italia e nei prossimi mesi lo sarà ancora di più, perché le linee
guida della Bce in tema di gestione delle partite deteriorate
porteranno le banche a essere molto più attente ai propri
portafogli di npl, sia che decidano di cederli sia che scelgano di
lavorarli internamente.
PwC nel suo ultimo report sul settore in Italia ha calcolato che
a fine 2016 i servicer indipendenti gestivano npl in portafoglio a
banche, società finanziarie e investitori specializzati per un
totale lordo di circa 135-155 miliardi di euro, di cui 85 miliardi
in portafoglio alle banche (o circa il 40-45% degli npl delle
banche) e il resto in portafoglio ad altri soggetti. Secondo PwC la
quota di npl che verranno gestiti dai servicer andrà crescendo nei
prossimi anni, per arrivare a fine 2018 a un totale di 200
miliardi, con le banche in particolare che faranno gestire dai
servicer circa il 60% dei loro npl.
E questo perché, sebbene il valore degli npl sui portafogli
delle banche sia previsto diminuire nei prossimi cinque anni, si
assisterà a un aumento delle cessioni di portafogli e quindi del
lavoro per i servicer. Allo stesso modo è ragionevole immaginare
che le banche saranno sempre più favorevoli a dare in outsourcing
la gestione dei portafogli di npl, magari coinvolgendo sulle
proprie piattaforme di gestione soggetti terzi.
Tutto questo ha scatenato una corsa alla concentrazione del
mercato, alla ricerca delle economie di scala e di un allargamento
delle competenze, per essere in grado di trattare qualunque
tipologia di credito deteriorato. Non a caso, come già sottolineato
da MF Milano Finanza nei mesi scorsi, in Italia si sta assistendo a
un risiko dei servicer e PwC prevede che l'attività di m&a nel
settore continuerà.
Tra gli special servicer, al momento a fare la parte del leone è
doBank, che a fine 2016 gestiva 80,9 miliardi di euro di crediti
deteriorati, di cui 77,2 miliardi erano npl. A fine marzo 2017 gli
asset in gestione erano saliti a 82,5 miliardi. doBank un anno fa
aveva acquisito Italfondiario, il secondo servicer indipendente in
Italia. A vendere sono stati gli stessi fondi di Fortress (che
controllavano Italfondiario all'88,75%) e Intesa Sanpaolo (che
aveva in portafoglio l'11,25% del capitale). Il valore della
transazione non era stato reso noto, ma doBank aveva fatturato 90
milioni di euro nel 2015 mentre Italfondiario aveva registrato
ricavi per 56,4 milioni. La nuova realtà, guidata
dall'amministratore delegato Andrea Mangoni, ha poi invece chiuso
il 2016 con ricavi consolidati per 206 milioni, con un ebitda di
addirittura 64 milioni.
Certo, una fetta importante del business dipende dalla capacità
di intercettare la gestione dei grandi portafogli che saranno messi
sul mercato dalle grandi banche. In particolare il Documento di
registrazione dell'offerta di doBank segnalava che a proposito
cella cessione dei 17,7 miliardi di euro di sofferenze di Unicredit
, per cui sono stati firmati accordi di cessione a veicoli
controllati da Fortress e Pimco, con Unicredit che parteciperà al
49% ciascun veicolo, andrà firmato un nuovo accordo di master
servicing su crediti che attualmente sono gestiti da doBank. Detto
questo, doBank si aspetta ragionevolmente che i contenuti del nuovo
accordo restino analoghi a quelli del vecchio accordo.
red/gtd
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July 17, 2017 02:35 ET (06:35 GMT)
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