Che la gestione dei crediti in sofferenza e deteriorati più in generale sia un business in crescita lo dimostra anche il grande successo che ha avuto tra gli investitori istituzionali l'ipo di doBank, il gruppo bancario nato dall'ex Uccmb (la piattaforma di gestione di crediti deteriorati di Unicredit ) e dalla fusione con Italfondiario. Sbarcata venerdì 14 luglio a Piazza Affari con una capitalizzazione iniziale di 704 milioni di euro, doBank ha chiuso in anticipo l'offerta destinata soltanto agli istituzionali il 12 luglio, a fronte di una domanda che è stata ben 4,65 volte l'offerta. E il primo giorno di negoziazione si è chiuso con il botto: +13,89% a 10,25 euro contro i 9 euro del collocamento.

D'altra parte, si legge su Milano Finanza, basta guardare al tasso di crescita delle masse di crediti gestite dai protagonisti del settore e alla massa di crediti deteriorati che ancora sono sui libri delle banche italiane per capire che si tratta di un settore interessante nel quale lavorare. Certo, bisogna essere bravi a recuperare i crediti in questione, perchè poi è da quello che dipendono in ultima analisi i ricavi degli speciali servicer, che sono appunto i soggetti che si occupano di monitoraggio, gestione e recupero dei crediti non performing. Non solo. Nel caso in cui i crediti siano stati cartolarizzati, allora entrano in gioco anche i cosiddetti master servicer, che si occupano di gestire le relazioni con gli organi di vigilanza. E anche in questo caso l'attività è destinata a crescere, vista l'enorme pipeline di operazione, in primo luogo quelle di Unicredit e di Mps , rispettivamente da 17,7 e 26,1 miliardi di euro lordi. Si tratta di portafogli enormi in arrivo sul mercato, che portano il conteggio delle controvalore delle operazioni di compravendita di npl da inizio anno addirittura già vicino a quota 42 miliardi (fonte BeBeez). Peraltro, senza tenere conto dei 18 miliardi di euro di npl in portafoglio alle due banche venete e che saranno traslocati alla Sga per essere poi ceduti sul mercato e senza tenere conto anche delle tante piccole operazioni che di norma non vengono comunicate.

Insomma, il lavoro per i servicer è in continuo aumento in Italia e nei prossimi mesi lo sarà ancora di più, perché le linee guida della Bce in tema di gestione delle partite deteriorate porteranno le banche a essere molto più attente ai propri portafogli di npl, sia che decidano di cederli sia che scelgano di lavorarli internamente.

PwC nel suo ultimo report sul settore in Italia ha calcolato che a fine 2016 i servicer indipendenti gestivano npl in portafoglio a banche, società finanziarie e investitori specializzati per un totale lordo di circa 135-155 miliardi di euro, di cui 85 miliardi in portafoglio alle banche (o circa il 40-45% degli npl delle banche) e il resto in portafoglio ad altri soggetti. Secondo PwC la quota di npl che verranno gestiti dai servicer andrà crescendo nei prossimi anni, per arrivare a fine 2018 a un totale di 200 miliardi, con le banche in particolare che faranno gestire dai servicer circa il 60% dei loro npl.

E questo perché, sebbene il valore degli npl sui portafogli delle banche sia previsto diminuire nei prossimi cinque anni, si assisterà a un aumento delle cessioni di portafogli e quindi del lavoro per i servicer. Allo stesso modo è ragionevole immaginare che le banche saranno sempre più favorevoli a dare in outsourcing la gestione dei portafogli di npl, magari coinvolgendo sulle proprie piattaforme di gestione soggetti terzi.

Tutto questo ha scatenato una corsa alla concentrazione del mercato, alla ricerca delle economie di scala e di un allargamento delle competenze, per essere in grado di trattare qualunque tipologia di credito deteriorato. Non a caso, come già sottolineato da MF Milano Finanza nei mesi scorsi, in Italia si sta assistendo a un risiko dei servicer e PwC prevede che l'attività di m&a nel settore continuerà.

Tra gli special servicer, al momento a fare la parte del leone è doBank, che a fine 2016 gestiva 80,9 miliardi di euro di crediti deteriorati, di cui 77,2 miliardi erano npl. A fine marzo 2017 gli asset in gestione erano saliti a 82,5 miliardi. doBank un anno fa aveva acquisito Italfondiario, il secondo servicer indipendente in Italia. A vendere sono stati gli stessi fondi di Fortress (che controllavano Italfondiario all'88,75%) e Intesa Sanpaolo (che aveva in portafoglio l'11,25% del capitale). Il valore della transazione non era stato reso noto, ma doBank aveva fatturato 90 milioni di euro nel 2015 mentre Italfondiario aveva registrato ricavi per 56,4 milioni. La nuova realtà, guidata dall'amministratore delegato Andrea Mangoni, ha poi invece chiuso il 2016 con ricavi consolidati per 206 milioni, con un ebitda di addirittura 64 milioni.

Certo, una fetta importante del business dipende dalla capacità di intercettare la gestione dei grandi portafogli che saranno messi sul mercato dalle grandi banche. In particolare il Documento di registrazione dell'offerta di doBank segnalava che a proposito cella cessione dei 17,7 miliardi di euro di sofferenze di Unicredit , per cui sono stati firmati accordi di cessione a veicoli controllati da Fortress e Pimco, con Unicredit che parteciperà al 49% ciascun veicolo, andrà firmato un nuovo accordo di master servicing su crediti che attualmente sono gestiti da doBank. Detto questo, doBank si aspetta ragionevolmente che i contenuti del nuovo accordo restino analoghi a quelli del vecchio accordo.

red/gtd

 

(END) Dow Jones Newswires

July 17, 2017 02:35 ET (06:35 GMT)

Copyright (c) 2017 MF-Dow Jones News Srl.