Made in Italy: investimenti esteri per 29 mld tra 2013-2016 (studio)
13 Novembre 2017 - 12:11PM
MF Dow Jones (Italiano)
Le imprese italiane attraggono gli investitori stranieri e
possono così beneficiare di capitali esteri per diversificare
l'offerta di prodotti e servizi e per crescere oltreconfine.
Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge dalla prima ricerca
effettuata in Italia sugli investimenti esteri nel nostro Paese nel
periodo 2013/2016 su un campione di società medie e medio-grandi
residenti in Italia con un fatturato tra i 50 e i 500 milioni di
Euro, che lo studio legale Hogan Lovells ha commissionato alla
School of Management del Politecnico di Milano.
L'analisi si è concentrata sulle operazioni di M&A relative
alle medio/medio-grandi imprese: un settore di mercato a volte meno
considerato ma che rappresenta l'ossatura dell'economia
italiana.
Sono 225 le società che - nel periodo considerato - hanno visto
cambiare il proprio assetto societario con l'ingresso di almeno un
investitore estero; con un trend in crescita (passando da 42
operazioni nel 2013 a ben 70 nel 2016). Sono state escluse
dall'analisi le acquisizioni di società in dissesto finanziario o
sottoposte a procedure di amministrazioni straordinaria (operazioni
ritenute poco significative a livello statistico).
Dall'analisi emerge che sono ben 39 i paesi di origine degli
investitori internazionali; tuttavia alcuni paesi, in termini di
numero di investimenti e di valore, possono essere considerati i
top acquirer: Stati Uniti, Regno Unito e Francia rispettivamente
con 54, 29 e 26 operazioni nei quattro anni. La Cina è stata
protagonista di 12 operazioni di investimento.
Dal punto di vista della tipologia degli investitori, il 57% dei
casi è rappresentato da investitori strategici mentre il 43% è
rappresentato da investitori finanziari quali fondi di private
equity e investitori istituzionali.
"Il trend in crescita delle operazioni M&A, che abbiamo
riscontrato sul campo negli ultimi anni, è confermato in modo
puntuale dall'analisi condotta dal Politecnico - dichiara Luca
Picone, Country Managing Partner di Hogan Lovells Italia -. Le
imprese italiane attraggono gli investimenti esteri per le loro
eccellenze e, proprio attraverso i capitali esteri, il made in
Italy si afferma ulteriormente grazie alla strategia di ampliamento
dell'offerta ed esportazione del prodotto.
Dall'analisi - continua Picone - si evince come gli investimenti
stranieri portino un triplice beneficio: il primo per i venditori,
che di prassi vendono a valori importanti (il multiplo medio di
termini di EV/EBITDA in tali operazioni è ben superiore al multiplo
medio riscontrato nello stesso periodo per operazioni di M&A
puramente "domestiche"); il secondo per chi acquista, che può far
leva sull'eccellenza italiana per diversificare e
internazionalizzare; il terzo beneficio è per la stessa società
target (e quindi i suoi stakeholders, quali dipendenti, fornitori,
ecc.), che, grazie ai nuovi capitali, agli investimenti,
all'apertura a nuovi mercati e a volte anche grazie all'ingresso di
un nuovo management, vede incrementare le opportunità di crescita
e, quindi, il proprio valore".
Per quanto riguarda i valori delle transazioni, su un
sotto-campione di 109 società (sul restante non è stato possibile
reperire i dati), il flusso di investimenti nei quattro anni è
stato pari a 29 miliardi di Euro, mentre il valore medio delle
operazioni è stato di 266 milioni di Euro. L'anno in cui si è
registrato il maggior numero di transazioni è stato il 2016, per un
valore complessivo di 12,8 miliardi di Euro.
L'interesse degli investitori esteri nel quadriennio analizzato
si è concentrato per il 71% sul comparto industriale, con punte del
76% nel 2013 e del 74% nel 2016. A seguire il settore dei servizi
con i 24% e punte del 27% nel 2014 e del 28% nel 2015. Il resto
delle operazioni, residuale, è nel settore finanziario.
Tra i settori di maggiore rilevanza che restano costanti negli
anni si ritrovano: food & beverage (12%), il machinery (8%) e
il metal/steel e il consumer products, entrambi con la stessa
incidenza (7%). Nel corso degli anni, ma in modo meno ricorrente,
spiccano altri settori quali l'healthcare nel 2014 e nel 2016 con
il 7% dei rispettivi anni, l'automotive nel 2015 con il 9%, il
transportation nel 2013 con il 7%.
fch
francesca.chiarano@mfdowjones.it
(END) Dow Jones Newswires
November 13, 2017 05:56 ET (10:56 GMT)
Copyright (c) 2017 MF-Dow Jones News Srl.