Italo Ntv

- Modificato il 28/1/2018 12:21
GIOLA N° messaggi: 29573 - Iscritto da: 03/9/2014

ITALO NTV PUNTA A PIAZZA AFFARI

 





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1 di 5 - 28/1/2018 12:23
GIOLA N° messaggi: 29573 - Iscritto da: 03/9/2014
Ntv, con l’Ipo di Italo Intesa Sanpaolo e Generali passano all’incasso
Le azioni di Italo Spa saranno totalmente cedute dagli azionisti esistenti.

di Luca Spoldi e Andrea Deugeni

Italo Spa (il nuovo nome assunto da Ntv - Nuovo trasporti viaggiatori) punta dritta a Piazza Affari: ricevuto il via libera dell’assemblea al bilancio 2017, chiusosi con un utile d’esercizio di oltre 33,75 milioni di euro, destinati per circa 3,75 milioni a riserva e per i restanti 30 milioni da distribuire come dividendo, con pagamento nel prossimo mese di luglio, la società di trasporto ferroviario ad alta velocità ha presentato domanda di ammissione a quotazione sul Mta (Mercato telematico azionario), dopo aver depositato presso Consob la nota informativa sugli strumenti finanziari oggetto della quotazione e la nota di sintesi.

A Piazza Affari arriverà tra il 35% e il 40% del capitale di Italo, con la possibilità di un ulteriore ampliamento del flottante in caso di esercizio dell’opzione di “greenshoe” (che riguarderà un numero di azioni non superiore al 15% dei titoli oggetto dell’offerta pubblica di vendita).

Le prime stime parlano di una valutazione per il 100% della società tra i 2 e i 2,3 miliardi, il che significa che per gli azionisti si prospetta una “exit” molto interessante. I titoli, infatti, “saranno messe a disposizione, nelle proporzioni che saranno definite in tempo utile prima dell’avvio dell’offerta, da alcuni tra i principali azionisti della società”, come precisa una nota di Italo. E chi sono i principali azionisti?

Intesa Sanpaolo (socia al 19,2%), Diego della Valle (17,4%), Generali (14,6%), il fondo di private equity Peninsula Capital (12,8%), Luca Cordero di Montezemolo (12,4%), Gianni Punzo (8%), Isabella Seragnoli (5,8%), Flavio Cattaneo (5%) e Alberto Bombassei (4,8%). Ipotizzando che tutti i soci siano interessati a monetizzare in parte l’investimento nella stessa misura, Intesa Sanpaolo potrebbe cedere tra il 6,7% e il 7,7% (per un incasso tra i 135 e i 175 milioni circa), “Mr Tod’s” potrebbe ridurre la quota tra il 6% e il 7% (incasso tra 120 e 160 milioni), Generali venderebbe tra il 5% e il 5,8% (incassando tra 100 e 130 milioni), mentre Peninsula Capital ridurrebbe la quota tra 4,5 e 5 punti percentuali (con un incasso tra 90 e 60 milioni).

Da parte sua l’ex presidente di Confindustria e della Ferrari tra il 4,3% e il 4,9% (intascando tra 85 e 115 milioni), il creatore del Cis di Nola tra il 2,8% e il 3,2% (potendo incassare tra 70 e 75 milioni), Isabella Seragnoli tra il 2% e il 2,3% (incasso tra 40 e 53 milioni), l’ex numero uno di Telecom Italia tra l’1,75% e il 2% (incasso tra 35 e 45 milioni) e il patron di Brembo tra l’1,7% e l’1,9% (incasso tra 34 e 44 milioni). E se ad avviarsi all’uscita fossero solo i soci finanziari, come si vocifera negli ambienti finanziari?

Intesa Sanpaolo, Generali e Peninsula Capital insieme detengono il 46,6% del capitale di Italo, quindi potrebbero cedere tra il 75% e l’85% della propria partecipazione, rimanendo nel capitale con le quote residue. Per la banca guidata da Carlo Messina significherebbe un incasso tra 290 e 375 milioni, per l’assicuratore triestino tra 220 e 285 milioni, mentre al fondo di private equity andrebbero tra 192 e 250 milioni.

Per conoscere i dettagli dell’offerta e in particolare il numero complessivo di azioni oggetto dell’offerta e le altre condizioni rilevanti della stessa si dovrà attendere fino a poco prima del lancio della stessa, previsto a febbraio, prima del pagamento del dividendo appena stabilito dall’assemblea dei soci e che potrebbe rappresentare un “biscottino” per invogliare gli investitori.

Con uno sbarco a Piazza Affari entro febbraio, Italo “brucerebbe” il concorrente diretto, le Ferrovie dello Stato, la cui quotazione era attesa fino a poco tempo fa per l’anno prossimo (ma pare che la dirigenza non sia più così sicura sull'Ipo), mercati permettendo.

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2 di 5 - 06/2/2018 14:32
GIOLA N° messaggi: 29573 - Iscritto da: 03/9/2014
Maxi-offerta dagli Usa per Italo

Il fondo Gip mette sul piatto 2,3 miliardi di euro per la società a un passo dall’ipo. Domani cda straordinario per decidere tra la proposta Usa, che scade mercoledì, e la quotazione, ipotesi niente affatto tramontata

di Angela Zoppo

Con un’offerta vincolante di 1,9 miliardi di euro sul piatto (più altri 450 milioni per il debito), Italo-Ntv potrebbe preferire all’ipo gli americani del fondo Gip (Global Infrastructure Partners). Le credenziali per un’operazione appetibile ci sono tutte. Gip gestisce un patrimonio di più di 40 miliardi di dollari, e non ha posizioni in Europa tali da mettere in allarme l’Antitrust. Prima del colpo di fulmine per Italo, infatti, le preferenze erano andate ad asset energetici, come dimostra anche l’ultima acquisizione, quella di Equis Energy, il maggior produttore indipendente da fonti rinnovabili dell’Asia-Pacifico. Mentre l’unico investimento ferroviario in portafoglio è rappresentato dall’operatore australiano Pacific National. L’altro elemento di novità dell’offerta è che a conti fatti il fondo Usa si accontenterebbe del 75%. Si lasciano infatti liberi gli azionisti di Italo di reinvestire nel capitale fino a un massimo del 25% dei proventi, e poi di rivendere metà di quella quota a partire dal terzo anno e il restante 50% dal quinto. Oggi stesso si riunirà un cda straordinario di Italo, anche perché il tempo stringe. Gli americani infatti terranno in piedi la loro proposta fino a domani, mentre per giovedì 8 è già prevista una riunione della Consob come da iter per la quotazione.

L’operazione studiata per portare in borsa Italo, prima del blitz americano, prevede di collocare tra il 35 e il 40% del capitale, attraverso un’offerta riservata a investitori istituzionali, italiani ed esteri. Quasi tutti i principali azionisti della società hanno dato disponibilità a cedere le quote. Fa eccezione l’ad Flavio Cattaneo, che da settembre 2017 si è portato al 5,1%, ma di fatto si trova ormai al 5,8% in virtù del piano di stock grant della società. La permanenza nel capitale di Cattaneo è considerata una garanzia per i potenziali sottoscrittori dell’ipo, tanto che anche Gip vorrebbe trattenerlo, insieme al presidente Luca Cordero di Montezemolo, a riconoscimento dell’avvenuto turnaorund di Italo, testimoniato dai numeri del 2017. Italo-Ntv ha raggiunto una quota di mercato di circa il 35%, con 12,8 milioni di passeggeri (+15,3% rispetto al 2016), un ebitda rettificato di 155,7 milioni di euro (+ 64%), ricavi operativi per 454,9 milioni (+ 24,8%) e un utile netto salito da 32,7 a 33,8 milioni di euro. Tuttavia, il viaggio di Italo verso Piazza Affari non sembra affatto cancellato, dal momento che i proventi della quotazione, grazie anche ai numeri appena elencati, potrebbero essere superiori all’offerta del fondo Usa. Ad oggi i soci fondatori (Diego Della Valle, Montezemolo e Gianni Punzo) mettono insieme il 37,8% del capitale. Nella compagine azionaria figurano anche, oltre a Cattaneo, Intesa Sanpaolo (19%), Generali Financial Holdings (14,6%) Peninsula Capital (12,8%), Isabella Seragnoli (5,8%) e Alberto Bombassei (4,9%).

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3 di 5 - 08/2/2018 08:21
GIOLA N° messaggi: 29573 - Iscritto da: 03/9/2014
Italo sceglie il fondo Usa

L’offerta di Gip meglio dell’ipo, si chiude a 1,98 miliardi di euro. Azionisti convinti nella notte dal rilancio degli americani. Oggi torna a riunirsi il cda per formalizzare la decisione e interrompere l’iter di quotazione. Closing l’11

di Angela Zoppo

Il rilancio di Global Infrastructure Partners ha convinto gli azionisti di Italo. La decisione è arrivata a pochi minuti dalla mezzanotte, termine ultimo per l’accettazione dell’offerta, aumentata da 1,9 a 1,98 miliardi di euro, ai quali si aggiungono i 434 milioni di euro del debito. Stamattina si riunirà di nuovo il cda, sospeso nella serata di ieri per lasciare liberi gli azionisti di valutare la convenienza della proposta americana rispetto al collocamento in Borsa, a favore del quale si erano espressi a sorpresa persino i ministri dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e dello Sviluppo economico, Carlo Calenda.

Il board prenderà atto della decisione dei soci, e procederà quindi al ritiro sia della domanda di autorizzazione alla pubblicazione del prospetto depositata alla Consob, che di quella per l’ammissione a quotazione delle azioni della società presentata a Borsa
Italiana.

L’offerta di Gip riguarda il 100% del capitale, con una valorizzazione di 1,94 miliardi. Inoltre, prevede che gli attuali azionisti di Italo incassino il dividendo di 30 milioni di euro sull’esercizio 2017, deliberato dall’assemblea il 19 gennaio scorso, e comprende anche le spese per interrompere il processo di quotazione, calcolate in un massimo di 10 milioni di euro. Tirando le somme, perciò, il controvalore complessivo equity dell’operazione è salito a 1,98 miliardi di euro. Confermata l’opzione per gli azionisti di poter reinvestire fino a un massimo del 25% dei proventi derivanti dalla vendita, alle stesse condizioni di acquisto da parte di Gip. “A tale opzione”, specifica l’offerta del fondo, “possono aderire uno o più destinatari dell’offerta, fermo restando il limite massimo del 25%”.

Il closing, condizionato all’ottenimento del via libera antitrust previsto per legge, è atteso a strettissimo giro, entro l’11 febbraio. Gip è un investitore internazionale specializzato in infrastrutture che gestisce un patrimonio di circa 40 miliardi di dollari. Nel blitz su Italo si è fatto rappresentare da Mediobanca . Non ha partecipazioni in Europa tali da mettere in allarme l’Antitrust: l’unico investimento ferroviario in portafoglio è rappresentato, infatti, dall’operatore australiano Pacific National. Quanto alla futura governance della società, Gip ha chiesto che rimangano al loro posto sia l’ad, Flavio Cattaneo, che il presidente, Luca Cordero di Montezemolo.
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4 di 5 - 10/2/2018 15:18
GIOLA N° messaggi: 29573 - Iscritto da: 03/9/2014
Italo Made in Usa, sarà Ryanair dei treni?

Commenti contrastanti all'indomani della vendita al fondo americano. Nuovo impulso alla concorrenza o tensioni in arrivo per l'occupazione?

di Mirko Molteni

Emergono giudizi contrastanti all'indomani della vendita di Italo-Ntv per 2,4 miliardi di euro (debiti compresi) al fondo d'investimenti statunitense Global Infrastructure Partners.

La mossa fra l'altro ha fatto prendere ai concorrenti di Ferrovie dello Stato nell'alta velocità una via alternativa a quella della quotazione in Borsa, mentre i soci guidati da Intesa Sanpaolo potranno spartirsi e incassare il ricavato.

Stamane, nel commentare la notizia, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha chiosato: "Se questa storia se si fosse conclusa con gli azionisti che portano Italo in Borsa sarebbe stato un finale perfetto". In sostanza il ministro ha accettato la vendita agli americani come una mera questione di mercato, accennando però alle preoccupazioni che da più parti iniziano a essere sollevate circa le ripercussioni, soprattutto in termini di occupazione, del cambio di proprietà: "Ci sono delle norme che valgono per italiani quanto per gli stranieri".

Tuttavia le recenti polemiche su un grande nome straniero operante nel nostro paese, ovvero la compagnia aerea irlandese Ryanair offrono un termine di paragone che invita a non abbassare la guardia laddove grandi gruppi stranieri, magari con una mentalità più spregiudicata in termini di organizzazione del lavoro, si fanno largo nel nostro paese. Tanto più che per Italo in versione americana qualcuno ipotizza già politiche aggressive in fatto di sconti e concorrenza. Appunto da farne una sorta di Ryanair su rotaia. Popolare sì (ben venga la concorrenza), ma controverso al tempo stesso.

Infatti nelle ultime ore il segretario del sindacato UGL competente per il settore ferroviario, Umberto Nespoli, ha subito messo le mani avanti, diramando, appena conclusa la vendita agli americani: "I sindacati hanno chiesto un incontro urgente con l'amministratore delegato di Ntv per avere delucidazioni sull'evoluzione societaria e per sollecitare un confronto sulle problematiche ancora aperte che hanno portato allo sciopero del 29 gennaio". In particolare, dice: "Occorrono rassicurazioni per i lavoratori che hanno contribuito al risanamento della società e quindi anche all'acquisizione della stessa da parte del fondo azionario americano".

Nulla trapela infatti, per il momento, circa un piano industriale da cui ci si può fare un'idea del futuro dell'occupazione nel gruppo. Infatti i segretari dei maggiori sindacati nazionali si sono mantenuti finora cauti e guardinghi. Per Susanna Camusso, della Cgil: "Per commentare bisognerebbe conoscere il piano industriale e le scelte sull'occupazione. Non basta conoscere il valore dell'operazione". Più assertiva, Anna Maria Furlan della Cisl: "Ho visto che sono stati distribuiti davvero tanti utili agli azionisti da questa vendita. Immagino che finalmente ci saranno risorse per rinnovare il contratto scaduto da anni e per dare ai lavoratori quei premi della contrattazione di secondo livello che aspettano da tanto tempo".

Per la Uil, Carmelo Barbagallo mette il dito nella piaga: "Si è venduto un altro gioiello di famiglia. Tutte le aziende private del nostro paese spesso usufruiscono di incentivi economici del Governo. Ce li restituiscono quando vendono?". Il prossimo incontro fra l'azienda e i sindacati è previsto il 14 febbraio, ma è bene ribadire che comunque, anche se l'operazione ha il sapore dell'ennesima "svendita" di eccellenze italiane a padroni esteri, in questo caso Italo non è di per sé una struttura strategica, dato che i binari sono comunque di proprietà pubblica, e che la misura incentiva il mantenimento di una concorrenza nell'alta velocità che alla fin fine risulta vantaggiosa per il cliente.

Certo, furoreggia un po' il paragone fra Italo e Ryanair, che anche in Italia ha imposto misure draconiane verso il personale, per esempio pagandolo solo in relazione alle ore di volo effettive. Proprio a tal proposito, domani è stato indetto dalle 10 alle 14 uno sciopero nazionale di tutti i dipendenti Ryanair italiani, motivato: " Per il mancato avvio di un confronto sui temi del contratto collettivo di lavoro e delle tutele sociali. Anche alla luce della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che ha riconosciuto il comportamento antisindacale della compagnia e delle indicazioni del giudice, deve essere immediatamente avviato un confronto, a tutto tondo, su salari e tutele di tutte le categorie di lavoratori che operano su basi italiane e non solo per una parte di questi".

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5 di 5 - 12/2/2018 14:52
GIOLA N° messaggi: 29573 - Iscritto da: 03/9/2014
Italo, Galateri: da privati liberi di preferire vendita a Ipo

Lo ha detto il presidente del Leone, terzo azionista dell'operatore ferroviario, riferendosi alla cessione al fondo infrastrutturale Gip (ieri è stato firmato il contratto). Anche per il ministro Calenda la vendita è stata un errore, mentre Gros Pietro (Intesa) ha lamentato la mancanza di un'offerta da parte di investitori italiani

di Marco Sasso

"Una società privata è libera di fare le proprie scelte". Così Gabriele Galateri, presidente di Generali Assicurazioni e terzo azionista di Italo, con una quota di circa il 14%, riferendosi alla cessione dell'operatore ferroviario alternativo al fondo infrastrutturale statunitense Gip. "Gli azionisti hanno deciso all'unanimità", ha fatto presente Gualtieri dopo le dichiarazioni di Diego Della Valle, patron di Tod's e fino a qualche mese fa membro del board di Italo, che ha espresso la sua preferenza per la quotazione in borsa.

Della Valle sosteneva, infatti, che la società dovesse procedere con l'Ipo e che i fondatori dovessero restare nel capitale, aggiungendo di aver venduto solo perché privo di alternative. "Ritenevo giusto e utile per i soci fondatori industriali fare tutti insieme l'Ipo e rimanere tutti uniti nell'azionariato", ha dichiarato l'imprenditore. Quando "ci è stato comunicato che tutti gli altri azionisti avevano deciso di vendere", ha proseguito, "abbiamo dovuto prenderne atto e vendere anche il nostro pacchetto azionario per evitare di rimanere azionisti di minoranza e non influenti".

Anche il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ritiene che la vendita sia stata un errore. "Penso che sia un errore", ha dichiarato in un'intervista il ministro. Tuttavia i soci di Italo "hanno il diritto di vendere. Il mio giudizio è sul capitalismo italiano: abbiamo grandi imprenditori che arrivano fino a un certo punto. Leggo che gli americani vogliono fare la Ryanair dei treni", ha proseguito il ministro. "Perché non lo facciamo noi? Loro hanno ritenuto diversamente, erano liberi di farlo".

Un peccato per Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo (prima azionista di Italo), la mancanza di un'offerta da parte di investitori italiani. "Sarebbe stato molto positivo se ci fosse stato un offerente italiano disposto a rilevare la nostra quota", ha spiegato Gros-Pietro. "Questo è il problema vero, e cioè l'insufficienza del sistema finanziario italiano in termini di diversificazione. Se in Italia avessimo operatori finanziari come fondi infrastrutturali, quella poteva essere la transazione più conveniente per il Paese".

Di sicuro, ha aggiunto, "la storia della società è estremamente positiva in Italia. Con Italo il Paese si è posto all'avanguardia nella liberazione del trasporto ferroviario e questo farà bene anche alle capacità esportative delle nostre aziende manifatturiere. Italo non sarebbe potuta nascere senza Intesa Sanpaolo ", ha concluso il presidente di Intesa , "e non avrebbe potuto sopravvivere alla sua crisi se non ci fossimo stati noi. Abbiamo sostenuto Italo dal 2006 al 2018, 12 anni è un periodo al di là dell'operatività di qualunque banca".

Nella tarda serata di ieri Ntv ha comunicato la sottoscrizione del contratto di compravendita relativo all'intero capitale sociale di Italo al fondo statunitense Gip che ha formulato un'offerta di 1,94 miliardi di euro. In base all'accordo, il cui closing è condizionato all'ottenimento dell'autorizzazione dell'Antitrust europea, è previsto che gli azionisti di Italo incassino il dividendo di 30 milioni deliberato dall'assemblea lo scorso 19 gennaio e che la società sostenga le spese relative all'interruzione del processo di quotazione fino a un massimo di 10 milioni, portando quindi il controvalore complessivo dell'operazione a 1,98 miliardi. L'offerta, inoltre, conferma l'opzione dei destinatari della proposta di reinvestire fino a un massimo del 25% dei proventi derivanti dalla vendita alle stesse condizioni di acquisto da parte di Gip. A tale opzione possono aderire uno o più destinatari dell'offerta con un limite massimo del 25%.

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