Marcello Clarich

*ordinario di Diritto Amministrativo Università La Sapienza

Il commissariamento di Banca Carige disposto dalla Banca Centrale Europea nel 2019 continua a tenere impegnati i giudici europei.

A fine settembre infatti il Tribunale di primo grado Ue ha annullato la decisione della Bce di negare l'accesso richiesto da Malacalza Investimenti, azionista di maggioranza della banca, a una serie di documenti relativi al commissariamento (sentenza n. 552/2022). In quell'occasione il collegio ha rigettato la tesi che certi documenti della Bce sono coperti da una presunzione di riservatezza.Ieri, lo stesso giudice europeo ha annullato il provvedimento di commissariamento emanato dall'Eurotower il 1° gennaio 2019 e motivato in relazione al deterioramento della situazione finanziaria di Carige (sentenza 12 ottobre 2022 T-502/19).

In questo caso, il ricorso al Tribunale europeo è stato proposto da un singolo azionista e non anche dalla banca posta in amministrazione straordinaria. Di fronte a un'eccezione della Bce, la prima parte della sentenza è dedicata al tema se l'azionista è legittimato a contestare un atto del quale non è destinatario diretto. In realtà, secondo il Tribunale, anche il singolo azionista subisce un pregiudizio perché il commissariamento lo priva di alcuni poteri. Per esempio, quello di convocare l'assemblea fissando l'ordine del giorno, di eleggere in assemblea gli organi della banca, promuovere l'azione di responsabilità contro gli amministratori.

Superata la questione processuale, la sentenza accerta l'assenza di una base giuridica dell'atto impugnato che richiama due disposizioni del Testo unico bancario di recepimento di una direttiva (direttiva 2014/58). Il Tribunale ha rilevato un disallineamento insuperabile tra le norme europee e quelle nazionali.

Infatti, da un lato, la direttiva 2014/58 consente la nomina di un amministratore temporaneo di una banca nel caso di un «significativo deterioramento della situazione finanziaria» qualora non sia sufficiente la misura meno invasiva della rimozione di uno o più componenti dell'organo amministrativo (art. 28 e 29). Dall'altro lato, il Testo Unico Bancario attribuisce alla Banca d'Italia il potere di disporre lo scioglimento degli organi e di nominare uno o più commissari in quattro casi tassativi (per esempio, in caso di gravi perdite, art. 70). Nessuno di essi fa riferimento esplicito al deterioramento della situazione finanziaria. Quest'ultimo è invece previsto tra i casi nei quali la Banca d'Italia può esercitare il potere di rimozione degli amministratori (art. 69-octiesdecies, comma 1, lett. b).

Secondo il Tribunale, il disallineamento tra norme europee e norme nazionali richiamate dal provvedimento impugnato non è superabile in via interpretativa. La Bce ha provato a far leva su un'altra norma europea secondo la quale la banca centrale comunitaria, nell'espletamento delle proprie funzioni di vigilanza, applica non solo «il pertinente diritto dell'Unione», ma anche, nel caso delle direttive europee, la «legislazione nazionale di recepimento di tali direttive» (art. 4, par. 3, del Regolamento Ue n. 1024/2013). Secondo il Tribunale però, una volta che una direttiva è recepita, la Bce può basare i propri provvedimenti solo sulle norme nazionali. Queste cioè non possono essere integrate facendo applicazione diretta e autonoma della direttiva già recepita. Non è infatti consentito interpretare la disposizione del Regolamento come «comprendente due fonti distinte di obblighi» perché le direttive europee non possono creare obblighi diretti a carico dei privati e dunque essere fatte valere nei loro confronti da un'autorità amministrativa.

La sentenza non è definitiva perché può essere impugnata davanti alla Corte di Giustizia Ue e non si sa se la Bce intenda attivarsi in questo senso.In ogni caso, ove fosse confermata l'illegittimità del provvedimento della Bce, si porrebbe ancora una volta la questione dei tempi della giustizia anche europea. Intervenire a cose fatte, nel caso di specie cioè a commissariamento concluso con il risanamento di Carige e con la recente acquisizione da parte di Bper Banca, lascia come strascico solo recriminazioni e forse qualche azione risarcitoria tutta da costruire.

Non è la prima volta che ciò accade. Il caso che ha fatto più clamore è quello della Banca Tercas, entrata in crisi nel 2013. Il salvataggio reso possibile dall'intervento di salvataggio del Fondo interbancario di tutela dei depositi è stato bocciato dalla Commissione Europea nel 2015 perché operato in violazione della normativa europea sugli aiuti di Stato. La giustizia europea ha dato poi ragione allo Stato italiano che ha contestato la decisione. Ma tra il giudizio davanti al Tribunale di primo grado conclusosi nel 2019 e la sentenza definitiva della Corte di Giustizia intervenuta nel 2021 sono passati quasi dieci anni. Giustizia è fatta, ma - verrebbe da dire - resta un po' di amaro in bocca. (riproduzione riservata)

glm

 

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October 13, 2022 02:37 ET (06:37 GMT)

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