È il giorno dello showdown a 5 Stelle. Da pochi minuti è iniziato il Consiglio nazionale del Movimento 5 stelle, convocato dal presidente Giuseppe Conte, utile a fare il punto sulla posizione da adottare domani al Senato circa il voto di fiducia sul Decreto Aiuti.

Nella giornata, scrive Repubblica, è atteso un annuncio «forte», una sterzata sulla «linea politica » dei grillini e sul sostegno al governo. Il palinsesto prosegue fino a sera, alle 20h30, quando è prevista l'assemblea dei senatori, per ratificare cosa accadrà domani nell'aula di Palazzo Madama, dove si voterà il decreto Aiuti ma soprattutto la fiducia a Draghi. La decisione sarà presa di mattina presto, quando Conte riunirà lo stato maggiore per sciogliere il vero nodo, che va al di là del decreto con dentro il contestato inceneritore romano. Il punto è un altro: restare o non restare nell'esecutivo. «Giuseppe ha già deciso», spiegavano ieri nell'inner circle dell'ex premier. «Ma vuole aspettare di sentire gli altri componenti del Consiglio, rispettare lo statuto». A caldo però, subito dopo la conferenza stampa di Mario Draghi, il leader grillino si è detto «insoddisfatto» con i suoi. Non ha ottenuto le risposte che si aspettava. Dal premier non ha ancora ricevuto nemmeno una telefonata o un sms, dopo il vertice della settimana scorsa. Con Beppe Grillo, l'unico vero big governista rimasto nel Movimento, non si sente da giorni.

Stesso discorso per Enrico Letta. Tocca quindi mettere in fila i segnali arrivati ieri, prima e soprattutto dopo la conferenza di Draghi, sull'asse Senato-Campo Marzio, il quartier generale del Movimento, per capire che piega potrebbe prendere la giornata di oggi. Da entrambe le parti, il discorso del premier è stato accolto con un misto di insoddisfazione e stizza. La maggioranza del Consiglio nazionale del M5S è per la rottura. Quattro dei cinque vice di Conte tifano per lo strappo. Al Senato, i numeri sono ancora più netti. Oltre l'80% del gruppo è convinto che tocchi rompere, anche se con diverse sfumature. Dopo le parole di Draghi, la fronda è ancora più nutrita. «Il premier non ha detto una parola sul reddito di cittadinanza e non ha detto nulla sul Superbonus, è la sintesi di quasi tutti i ragionamenti. "Il salario minimo a cui ha accennato non è il nostro ma quello del Pd. Perché dovremmo restare?», dicono altri.

Per quasi tutti i big del Movimento il pronostico è scontato: domani i senatori M5S usciranno dall'Aula all'atto della fiducia. Aventino. A meno che Conte non si morda la lingua stamattina e convinca tutti a fare retromarcia, per un'ultima volta. Ieri in Commissione Lavoro al Senato, i grillini si sono astenuti sul decreto. Potrebbe essere la prova generale di quanto avverrà domani. Conte si è voluto prendere la notte per riflettere. È «deluso» dalle risposte di Draghi, ma vuole evitare reazioni d'istinto. Ascolterà i suoi, prima di decidere. Ma intorno a lui avrà quasi solo consiglieri in vena di strappo.

alu

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MF-DJ NEWS

1309:51 lug 2022

 

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