Ponte Stretto: opera da Gattopardo, sempre bloccato ha già assorbito 350 mln (Mi.Fi.)
27 Marzo 2023 - 9:47AM
MF Dow Jones (Italiano)
Quasi quasi conviene farsela in bicicletta. Teoricamente un
normale pedalatore ce la fa in 17 ore. Ma un ciclista dilettante
può arrivare anche prima del treno della mattina. Che per coprire i
300 chilometri di distanza fra Trapani e Ragusa ci mette 13 ore e 8
minuti. Questo dice l'orario di Trenitalia: partenza da Trapani
alle ore 6.50, arrivo a Ragusa alle 19.58. Con tre cambi. Un caso
limite, ovvio. Però in Sicilia è tutto più lento. Sono lenti i
treni e sono lente anche le strade. Va così ed è sempre andata allo
stesso modo. Certamente il problema delle infrastrutture non è
limitato all'isola. Ci sono zone dell'Italia, soprattutto
meridionale, messe anche peggio. Se possibile. Ma la Sicilia ha una
particolarità davvero unica.
Da decenni, scrive MF-Milano Finanza, si discute se fare o meno
un grande ponte che la colleghi al continente. Per questa opera
sono stati già spesi più o meno 350 milioni di euro di fondi
pubblici, senza contare i riflessi prodotti dalle polemiche
sull'unico ponte che, anziché unire due terre separate dal mare, ha
finora diviso i sostenitori dagli oppositori. Al netto di
argomentazioni serissime, quali sono il rischio sismico per una
costruzione del genere in un'area che più di un secolo fa ha subito
un devastante terremoto con decine di migliaia di morti, e
l'oggettivo impatto ambientale di piloni alti 400 metri per
sorreggere un nastro d'acciaio lungo tre chilometri, il vero
scontro si concentra sempre sullo stato inaccettabile delle
infrastrutture siciliane e calabresi. I tifosi del ponte dicono che
sarebbe un'opera fondamentale per modernizzarle.
Al contrario i detrattori dicono che prima di costruire il ponte
bisogna fare le strade e le ferrovie. Poi però non si fa né l'una
né l'altra cosa. E questo - sia chiaro - indipendentemente dal
giudizio che si può dare sulla faccenda. Come sull'uso strumentale
che ne è stato storicamente fatto, tirando anche in ballo i
presunti interessi mafiosi pro o contro l'opera. I pregiudizi anche
in questo caso sono sbagliati e dannosi. Negare per ragioni di
principio che un collegamento stabile fra la Sicilia e il
continente sia utile è una sciocchezza. A provare il contrario
basterebbero l'inquinamento prodotto dai traghetti e il tempo
sprecato da chi deve attraversare ogni giorno lo Stretto di Messina
per ragioni di lavoro o studio. Per non parlare del fatto che il
collegamento stabile è uno dei punti nodali del famoso corridoio
europeo scandinavo-mediterraneo con la funzione di avvicinare il
nostro continente al Sud del mondo. Progetto che porterebbe con sé
significativi riflessi economici anche a favore del Sud
dell'Italia. Ci sarebbe da aggiungere una considerazione non
banale: non hanno torto i pochi, prevalentemente tecnici, che si
ostinano ancora oggi a mettere in discussione il ponte ricordando
che in passato era stata esplorata anche la soluzione del tunnel. E
che da allora lo sviluppo della tecnologia ha fatto tali passi
avanti da far riprendere seriamente in esame una modalità di
attraversamento dello Stretto decisamente meno impattante rispetto
a quella risultata vincente, verso la fine del secolo scorso, nel
duello fra l'Iri (ponte) e l'Eni (tunnel). Ma tant'è. Ormai questo
genere di ripensamenti è impossibile. Resta però la questione di
fondo, ovvero la condizione pessima delle infrastrutture locali
presentata come incompatibile con un'opera del genere.
"Ci sono parecchi ingegneri che dicono che non sta in piedi. E
ricordo che oggi il 90% delle ferrovie siciliane è a binario unico
e la metà dei treni viaggia a gasolio. Quindi non vorrei spendere
qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare quando poi
in Sicilia e in Calabria i treni non ci sono e vanno a binario
unico. Quindi aveva ragione Renzi quando in un'altra vita diceva
quei soldi andrebbero usati per sistemare le scuole.". Sono le
parole con cui Matteo Salvini rispose, a L'aria che tira su La7, a
una domanda sull'uscita dell'allora presidente del Consiglio
(Matteo Renzi, appunto) che aveva appena appoggiato l'idea del
ponte. Era il settembre del 2016 e probabilmente anche il leader
della Lega era in un'altra vita, visto che adesso da ministro delle
Infrastrutture del governo Meloni il ponte sullo Stretto di Messina
è il suo cavallo di battaglia prediletto. La scenetta, facilmente
reperibile sul web, è la dimostrazione di quanto su questo tema la
politica possa cambiare prospettiva secondo convenienza. Sempre
però solo a parole. Magari fossero seguiti i fatti.
Ogni volta che il progetto del ponte è stato bloccato con la
motivazione sottostante di voler impiegare i soldi per le
infrastrutture siciliane e calabresi, poi quei denari sono rimasti
invece nel cassetto. È successo nel 2006, quando il secondo governo
Prodi fermò la macchina che era già partita, ed è risuccesso nel
2012-2013 quando prima l'esecutivo di Mario Monti e poi quello di
Enrico Letta l'hanno fermata per la seconda volta. La storia
recente di questo Paese insegna che ogni infrastruttura importante,
che però non si riveli un'opera inutile come purtroppo ce ne sono
tante, ha effetti rilevanti anche sul miglioramento del contesto
infrastrutturale che gli sta intorno. Quello dell'autostrada del
Sole, costruita in otto anni fra il 1956 e il 1964, è un caso di
scuola. Smontare la tesi secondo cui il ponte sullo Stretto
unirebbe solo due deserti dunque è piuttosto facile. Semmai sarebbe
da chiedersi perché lo stato delle infrastrutture siciliane e
calabresi, nell'anno del Signore 2023, è ancora così pietoso. Ma
qui l'impressione è che il ponte non c'entri proprio nulla e che
tutta questa inutile discussione serva solo a non cambiare nulla.
Continuando a metterci 13 ore da Trapani a Ragusa.
red
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