Ue: carissima casa green (Mi.Fi)
13 Febbraio 2023 - 09:35AM
MF Dow Jones (Italiano)
Un proprietario su due la ignora, almeno fino al momento in cui
decide di mettere in vendita la propria casa e puntuale arriva la
domanda: di che classe energetica è? Entro i prossimi 10 anni
quella domanda esigerà una risposta che va da A a D, perché la E
(consentita fino al 2030), la F e la G, scrive MF-Milano Finanza,
spariranno dall'alfabeto del mercato immobiliare a emissioni zero,
spazzate dalla direttiva europea che obbliga a migliorare la
certificazione energetica delle abitazioni.
In Italia, per impopolarità e livello di mobilitazione politica,
la direttiva ha superato persino l'altro discusso diktat di
Bruxelles, che impone lo stop alla vendita di automobili alimentate
a diesel o benzina. Perché l'Italia è prima di tutto un Paese di
proprietari di casa, con un tasso di circa il 75, tra i più alti
dell'Eurozona. Malgrado le polemiche, il cronoprogramma è stretto:
tra un mese, il 13 marzo, la direttiva arriverà a uno snodo
fondamentale del suo iter, andando al voto del Parlamento europeo
nella formulazione approvata il 9 febbraio a larga maggioranza
dalla Commissione Industria. Poi partirà il negoziato triangolare
tra Parlamento, Commissione e Consiglio, fino all'approvazione
definitiva. Meno strette, però, sono le maglie del provvedimento,
che tra un aggiustamento e una revisione promette esenzioni sugli
edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o
storico, seconde case, e quelle con una superficie inferiore ai 50
metri quadrati, etc. «Gli Stati membri possono anche esentare
l'edilizia popolare pubblica, dove le ristrutturazioni
comporterebbero aumenti degli affitti che non possono essere
compensati risparmiando sulle bollette energetiche», si legge nel
testo. Un certo grado di flessibilità, insomma, è da mettere in
conto. Dice il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica,
Gilberto Pichetto Fratin, che «ci vuole maggiore gradualità». Ma il
timore più grande è quello di una batosta in capo ai proprietari.
Guardando i numeri, gli obiettivi della direttiva sembrano
irrealistici. A fare i conti ha pensato l'Ance, l'associazione
nazionale dei costruttori, stimando che in Italia saranno
coinvolti, fino al 2033, circa 2 milioni di edifici. Vuol dire
200mila interventi su singoli immobili (di cui 180mila privati),
per un costo tra 40 e 60 miliardi di euro all'anno per i prossimi
10 anni. «Con questi ritmi la decarbonizzazione del patrimonio
edilizio, fissata per il 2050, sarebbe completata in un orizzonte
di 3.800 anni. E il primo step, fissato sul 15% degli edifici, non
sarebbe raggiungibile prima di 630 anni», osserva l'Ance. I tempi
sono dettati anche dalla disponibilità economica dei proprietari:
senza incentivi è impensabile stare al passo con le
ristrutturazioni energetiche. Col superbonus 110%, per esempio,
ricordano i costruttori, sono stati realizzati quasi 100mila
interventi nel 2021 e 260mila nel 2022. Prima del superbonus, la
media era di circa 3mila l'anno. Il costo per le casse pubbliche,
però. è stato gravoso, circa 60 miliardi di euro.
Come evitare la stangata a carico dei proprietari è diventata
perciò la questione principale. Qualche risposta c'è già nella
bozza, ed è bene tenere a mente che nel 2027 i singoli Paesi
saranno tenuti a predisporre un piano per assicurare le
ristrutturazioni più complesse e gravose, soprattutto in caso di
famiglie in situazione di povertà energetica. La bozza della
direttiva apre ad alcuni canali di finanziamento pubblico, fino a
suggerire l'istituzione di un fondo per l'efficientamento
energetico. Nuove tipologie di finanziamenti si stanno facendo
strada in attesa delle decisioni europei e degli adattamenti
nazionali. La più citata nel dibattito a Bruxelles va sotto il nome
di Pays, acronimo di Pay as you save.Un'utility investe in
aggiornamenti di efficienza per conto dei propri clienti e recupera
il suo investimento attraverso una tariffa sulla bolletta
energetica di ogni aderente. Il canone mensile fisso di rimborso è
legato al contatore, entro un limite dell'80% del risparmio annuale
ottenuto in bolletta dall'intervento di efficientamento. Più che
prestito, infatti, viene definito finanziamento tariffario su
fattura.
La Commissione europea, si legge nel testo della direttiva, si
farà promotrice del meccanismo Pay as you save presso i singoli
Stati membri. «I vantaggi di questo regime a medio termine, a
seguito del rimborso del finanziamento, comportano un beneficio
netto per i proprietari di casa in termini di risparmio sui costi
energetici e di aumento del valore dell'immobile», è scritto nella
bozza approvata il 9 febbraio.
Indipendentemente dalla direttiva, stanno registrando un
gradimento crescente, soprattutto tra gli under 36, i cosiddetti
mutui verdi.
Il successo dei mutui green è certificato dai dati di
MutuiOnline.it: le erogazioni sono aumentate del 324% dal 2021 al
2022, anche grazie a tassi mediamente più bassi rispetto a quelli
dei mutui standard. Nella maggior parte dei casi le banche offrono
uno sconto fino a 10 punti base sul costo del mutuo. Ovviamente
questa tipologia di mutuo non è immune agli aumenti dei tassi da
parte della Bce. Se a gennaio 2022 il costo medio di un mutuo green
ventennale a tasso fisso da 140 mila euro per un immobile da 200
mila euro era dell'1,2%, pari a una rata di 658 euro al mese, oggi
ce ne vogliono 821 al mese, con un tasso del 3,6%. Per i tassi
variabili la media è già aumentata del 26% dallo 0,47% al 2,93%.
L'ultimo intervento della Bce porterà a un ulteriore aumento
potenziale del costo del 5%.
I margini di manovra dei singoli Stati sono così definiti dalla
direttiva: «faranno il miglior uso in termini di costi dei
finanziamenti disponibili istituiti a livello di Unione, in
particolare il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, il
Fondo sociale per il clima, fondi della politica di coesione,
InvestEu, fino ai proventi delle aste Ets, il sistema europeo di
scambio delle quote di emissione. Secondo i primi calcoli, però, al
momento l'Italia avrebbe una disponibilità di poco superiore ai 15
miliardi di euro anche attingendo a ciò che resta dei fondi Covid.
C'è poi il capitolo riscaldamento, con l'eliminazione di quello
alimentato da fonti fossili per i nuovi edifici e quelli sottoposti
a ristrutturazioni importanti già a partire dalla data di
recepimento della direttiva. Il bando totale scatterà dal 2035, a
meno che la Commissione europea non posticipi al 2040. Anche qui
ogni Paese va per la sua strada. La Germania chiuderà con le
caldaie monocombustibile a olio dal 2026, sia negli edifici nuovi
che in quelli esistenti; l'Irlanda vieta le caldaie a gasolio già
da quest'anno negli immobili di nuova costruzione e dal 2025 in
quelli esistenti. E in Italia? Da giugno 2022 negli edifici di
nuova costruzione il 60% del riscaldamento deve essere alimentato
da fonti rinnovabili. Anche per questo obbligo dovranno essere
valutati incentivi e campagne di rottamazione sulla stregua del
bonus caldaie.
alu
fine
MF-DJ NEWS
1309:19 feb 2023
(END) Dow Jones Newswires
February 13, 2023 03:20 ET (08:20 GMT)
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