Quando un settore raggiunge la maturità deve perseguire economie di scala e consolidarsi. Oggi uno dei mantra degli investment banker sembra applicarsi bene ai servicer italiani. Negli ultimi otto anni il settore ha conosciuto una crescita molto rapida, grazie all'intensa attività di derisking portata avanti dalle banche. Dal 2015 al 2022 gli istituti hanno ceduto una valanga di crediti deteriorati, di cui oltre 100 miliardi assistiti dalla garanzia pubblica (Gacs). Un'ampia fetta di questo stock è stata affidata a una manciata di servicer: secondo le stime elaborate dall'ufficio studi di Banca Ifis, alla fine del 2022 le prime sette società del settore avevano in gestione asset per un valore complessivo di circa 300 miliardi di euro. Questi numeri sono sufficienti a descrivere lo sforzo richiesto oggi al comparto, in un paese come l'Italia dove tradizionalmente le attività di recupero sono una corsa a ostacoli. Se poi le previsioni di una nuova ondata di sofferenze e incagli si riveleranno corrette, nei prossimi anni il fardello potrebbe crescere ulteriormente. In un contesto in cui la capacità produttiva è destinata ad aumentare e in cui gli investimenti in tecnologia si stanno rivelando sempre più importanti, le economie di scala saranno decisive. Ecco perché molti analisti finanziari ritengono che nel 2023 il consolidamento potrebbe rimettersi in moto. Il settore non è nuovo alle operazioni straordinarie. Alcune realtà hanno aperto il capitale a investitori istituzionali e retail come accaduto a DoValue che nel 2017 è sbarcata in piazza Affari. Altre società sono confluite in gruppi più grandi e strutturati come ha fatto Quaestio sgr in cui è entrata DeA Capital. L'anno scorso poi Illimity ha acquisito Aurora Recovery Capital (Arec), la società specializzata nella gestione di crediti utp con focus sul segmento corporate real estate. In generale però non si sono ancora viste integrazioni capaci di cambiare radicalmente le geografie del settore. Alcuni tentativi andati in questa direzione sono falliti. Così è stato ad esempio per Banca Ifis e Credito Fondiario (oggi Gardant), che nel 2019 esplorarono senza successo l'ipotesi di una integrazione. Il merger, funzionale sulla carta, saltò per problemi di governance e da allora i due gruppi hanno ballato da soli. Non migliore fortuna hanno avuto i tentativi del fondo internazionale Värde Partners di uscire dal capitale di Guber Banca.

Proprio in questi giorni il mercato si chiede se le cose andranno meglio per Davidson Kempner sulla partita Prelios. Il fondo americano è presente nel capitale della società presieduta da Fabrizio Palenzona e guidata da Riccardo Serrini dal 2017 a seguito dell'accordo con il nocciolo duro di azionisti composto allora da Pirelli, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Fenice. Da qualche tempo però DK sta pensando alla vendita. I tentativi fatti sinora (da Intrum a Tinexta fino a Banca Progetto) non hanno sortito risultato, complice anche la pandemia e la forte instabilità macroeconomica degli ultimi mesi. L'intenzione del fondo è rimasta comunque quella di valorizzare la controllata e l'arrivo di Ion sul dossier ha impresso un cambio di marcia alle discussioni. Proprio le prossime settimane potrebbero essere decisive per la partita. Se la due diligence del gruppo fondato da Andrea Pignataro si è conclusa, sarebbero in corso discussioni con diverse banche per il financing dell'operazione. Tra gli altri sul mercato si fanno i nomi di Jp Morgan, Goldman Sachs e Unicredit.

Per DoValue invece l'attenzione si divide tra l'Italia e l'estero, anche in tema m&a. Proprio nei mesi scorsi il gruppo guidato da Andrea Mangoni (che in passato si era avvicinato anche al dossier Prelios) aveva messo nel mirino Diglo, il servicer creato e lanciato da Banco Santander a inizio 2022 e specializzato nel comparto real estate. Altre novità potrebbero arrivare nei prossimi mesi e lo stesso vale anche per la svedese Intrum. Se diversi big potrebbero mettersi in movimento, gran parte del m&a nel mondo dei servicer potrebbe però interessare le realtà medio-piccole. Specie alla luce della direttiva 2021/2167 che dovrà essere recepita dall'Italia entro la fine di quest'anno e sulla quale intermediari e società di consulenza hanno già iniziato a lavorare. Tra le principali novità normative ci sarà la richiesta di un'autorizzazione per servizi di servicing e per la fornitura di servizi cross-border.

Sempre per i servicer aranno inoltre imposti requisiti più stringenti su compliance, governance e controlli interni e si andrà verso una sempre maggiore omogeneizzazione dei contenuti minimi dei contratti di gestione e di outsourcing. Sono inoltre previste comunicazioni periodiche alla Vigilanza da parte di cedenti e acquirenti con informazioni sui crediti trasferiti.

"Maggiore pressione competitive ed esigenze nuove sono le sfide dei servicer oggi", spiega a MF-Milano Finanza Paolo Gesa, amministratore delegato di Officine Cst, la controllata del fondo Cerberus specializzata nella gestione di crediti sia in bonis sia deteriorati. «Da un lato gli operatori generalisti cercheranno di conseguire economie di scala tramite un consolidamento del settore, mentre per gli operatori più piccoli la via che vedo è quella della specializzazione e dell'utilizzo delle proprie competenze per effettuare direttamente l'acquisto di crediti», conclude Gesa.

red

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1309:58 mar 2023

 

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