Il paragone tra l'instabilità di questi giorni e la grande crisi del 2008 è scorretto. Non solo perché il quadro regolamentare è profondamente cambiato da allora, ma anche perché il sistema bancario si è profondamente irrobustito sia in termini di capitale che di qualità dell'attivo. Ne è convinto Corrado Passera, fondatore di illimity e banchiere di lungo corso che visse la crisi del 2008 al vertice di Intesa Sanpaolo.

Domanda. Passera, vede affinità tra l'instabilità finanziaria di questi giorni e l'inizio della crisi del 2008?

Risposta. Situazioni non paragonabili. Oggi in Europa, e non solo, la situazione è completamente diversa dal punto di vista dei rischi sistemici. Le banche europee sono molto più regolate, vigilate e in questi ultimi anni hanno fatto moltissimo per rafforzare il capitale e la qualità del proprio portafoglio crediti. Sono stati inoltre introdotti strumenti efficaci per affrontare situazioni di difficoltà. L'attuale situazione è molto, molto più resiliente di quella del 2008.

D. La vicenda di Svb però riguarda gli Stati Uniti.

R. Infatti, quella vicenda li riporta indietro di 15 anni. Alcune regole e meccanismi di vigilanza fondamentali che in Europa consideriamo oggi consolidati e pressoché scontati, non sono stati applicati in quella situazione. Svb era lontanissima dai parametri utilizzati oggi dalle banche europee di ogni dimensione, dal punto di vista della liquidità, della concentrazione dei rischi, della patrimonializzazione. E, evidentemente, non era adeguatamente vigilata.

D. Le viene in mente un precedente in particolare?

R. Sì, Northern Rock. Nel 2008 la banca inglese fallì perché prestava quasi tutto a lungo e si finanziava sostanzialmente con depositi a breve. Quando una banca eccede in questo tipo di disallineamento delle scadenze, massimizza forse gli utili a breve, ma si assume un grande rischio di liquidità. I depositanti, infatti, possono richiedere indietro i propri soldi in ogni momento. E' esattamente quello che è successo a Svb. La banca non è stata in grado di far fronte alle richieste della clientela perché aveva tutti i suoi asset investiti in crediti e in titoli a lungo termine che, peraltro, avevano nel frattempo perso una parte importante del loro valore. Il capitolo primo del manuale della banca dice che se l'intermediario porta all'estremo il disallineamento tra le scadenze, rischia di fallire. Su questo in Italia e in Europa c'è un'attenzione rigorosissima da parte dei regolatori. Molto prima di arrivare a una crisi, qui la Vigilanza sarebbe intervenuta con richieste di ripristino della liquidita.

D. C'era solo un problema di liquidità?

R. No. Oltre al problema della liquidità, Svb aveva concentrato attività e passività in un unico settore: venture capital e start up legati ad alcuni segmenti specifici. Un settore che peraltro nell'ultimo anno ha subito pesanti perdite. Questo livello di concentrazione per noi non è immaginabile data l'elevata attenzione del regolatore sulla diversificazione delle attività e dei rischi. Si è aspettato che le perdite non realizzate - la svalutazione dei portafogli in funzione dei valori di mercato - azzerasse del tutto il patrimonio della banca, prima di intervenire. Ma, a quel punto, rimaneva solo il salvataggio.

D. Di chi sono le responsabilità?

R. Mi sembra un caso in cui si sono sommati gravi errori del management, della regolamentazione e della vigilanza. Tante criticità potevano essere affrontate e gestite molto prima, senza arrivare al bank run. Un ulteriore grave errore è stata, a mio parere, la decisione di estendere la garanzia di rimborso dei depositi oltre la soglia di 250.000 dollari prevista negli Usa. Si è trattato di un precedente che aggiunge incertezza nel sistema: da ora in avanti tutti i depositi saranno sempre garantiti? Investitori che depositano centinaia di milioni, se non miliardi, e che hanno tutti gli strumenti per valutare l'affidabilità di una banca, devono essere garantiti nelle loro scelte da soldi pubblici o dai soldi dei cittadini-risparmiatori?

D. La vicenda di Credit Suisse presenta analogie con quella di Svb?

R. Sarebbe forzato fare un parallelo tra Svb e Credit Suisse. In Credit Suisse ci sono stati una serie di incidenti e problemi anche gravi che hanno determinato un calo di fiducia in una fase congiunturale molto delicata. La banca centrale svizzera è correttamente intervenuta in tempo e penso che l'istituto abbia i numeri per superare questa fase.

D. Che responsabilità ha la politica monetaria restrittiva delle banche centrali, Fed e Bce, su queste crisi?

R. La politica monetaria può avere effetti divergenti sui due obiettivi della stabilità dei prezzi e di quella del mondo finanziario. Perseguirne uno con eccessiva ostinazione può compromettere l'altro. Se da un lato era ovvio che dai tassi zero bisognasse uscire, continuare solo su questa strada per combattere l'inflazione può rivelarsi rischioso. Si dovrebbe intervenire anche con altri strumenti, specie se l'inflazione deriva da problemi di offerta e non di domanda, come accade in Europa. Se qui ci saranno nuovi rialzi dei tassi, gli effetti negativi potrebbero essere maggiori di quelli positivi ottenuti sul raffreddamento dei prezzi. Penso non solo all'instabilità finanziaria, ma a credit crunch, soprattutto per il mondo delle pmi e a possibili conseguenti scenari recessivi. Oggi non sono all'orizzonte, ma qualora si concretizzassero potrebbero avere anche pericolose ripercussioni sociali e poi politiche. Molti populismi di questi ultimi anni hanno la loro radice nella crisi finanziaria del 2008-2009.

D. Le crisi bancarie degli ultimi giorni riaccendono anche i riflettori sulle disparità regolamentari nel mondo bancario globale?

R. Assolutamente sì. Il problema delle diversità di trattamento nella regolamentazione è un tema centrale per le banche. Dopo la crisi del 2008-2009 si è reagito stabilendo una serie di regole uguali per tutti e questo ha nel complesso rafforzato i sistemi finanziari globali. Negli ultimi anni però l'amministrazione americana ha colpevolmente cambiato rotta, elevando da 50 a 250 miliardi di dollari la soglia di attività al di sotto della quale le banche sono esentate dalle regole e dai controlli più stringenti. La regolamentazione è cruciale per tutelare risparmiatori e investitori. Dove manca, ci sono effetti devastanti. Penso per esempio al mondo cripto.

D. Sono le cripto il vero rischio sistemico oggi?

R. Nel mondo cripto oggi vedo opportunità di innovazione legate alle tecnologie blockchain, da valorizzare anche se dobbiamo evitare di far rientrare dalla finestra le transazioni anonime che con fatica abbiamo fatto uscire dalla porta. Vedo invece grandi rischi nei cosiddetti asset cripto. Sia chiaro: ognuno deve essere libero di investire dove vuole, ma si deve assicurare sufficiente informazione perché i risparmiatori sappiano che gli asset cripto sono virtuali, manipolabili, energivori e volatili. Non ci sono garanzie per la restituzione di quanto investito. Anche le cosiddette stable coin, hanno dato spesso cattiva prova di essere realmente stabili. Diverso è il discorso per le valute digitali legali, come l'euro o il dollaro digitale. Le considero asset su cui oggi è necessario investire visto che possono offrire a famiglie e imprese tutti i vantaggi della valuta legale e degli strumenti digitali. Non solo. Se l'Europa non accelererà su questo fronte, faticherà a competere con USA e Cina, la seconda già molto avanti nello sviluppo della loro moneta digitale. Quindi, non basta dire cripto sì o cripto no, servono attente distinzioni e soprattutto una decisa regolamentazione.

pev

 

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March 20, 2023 03:33 ET (07:33 GMT)

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