#Mediobanca: dall'ingresso di Delfin allo scontro in assemblea, 4 anni di convivenza difficile - FOCUS
20 Settembre 2023 - 10:14AM
MF Dow Jones (Italiano)
Oggi il cda di Piazzetta Cuccia approva la lista del board
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Milano, 20 set - L'assemblea di
Mediobanca in calendario il 28 ottobre potrà essere uno snodo
cruciale per il futuro dell'istituto di Piazzetta Cuccia. Dopo il
fallimento delle trattative che avrebbero potuto portare alla
presentazione di una soluzione unitaria per il rinnovo del
consiglio di amministrazione, salvo sorprese si scontreranno
infatti due liste: quella messa a punto dal board uscente guidato
dall'a.d. Alberto Nagel e quella, formalmente di minoranza ma con
il potenziale di stravolgere gli equilibri esistenti, del primo
azionista Delfin. Oggi il cda di Piazzetta Cuccia darà il via
libera definitivo ai candidati del board, mentre le minoranze
avranno tempo fino al 3 ottobre per presentare le proprie liste. Si
arriverà così allo showdown dopo anni di coabitazione più o meno
pacifica, iniziata nel 2019 con l'ingresso a sorpresa nel capitale
di Piazzetta Cuccia della holding fondata da Leonardo Del
Vecchio.
2019: public company o non public company?
Alla fine del 2018 si scioglie quel che restava dello storico
patto di sindacato che per decenni ha governato l'allora salotto
buono della finanza italiana. Si tratta potenzialmente di una
svolta epocale: in linea con gli auspici dello stesso management,
Mediobanca si avvia a diventare una vera public company controllata
dal mercato. Nel novembre 2019 esce interamente dal capitale lo
stesso ex primo azionista, l'UniCredit guidata da Jean Pierre
Mustier, impegnata in una cura dimagrante attraverso la vendita di
tutti gli asset non considerati "core". Decisione salutata con
favore da Nagel, che commenta positivamente la crescita della
presenza di investitori istituzionali e auspica "una progressiva
normalizzazione dell'azionariato" in una "direzione più simile a
quella delle banche quotate in Europa".
2019: Delfin in Piazzetta Cuccia
Solo poche settimane prima dell'uscita di UniCredit, il 17
settembre 2019, Delfin senza preavviso fa tuttavia il suo ingresso
nel capitale di Mediobanca, con una quota iniziale del 6,9% e un
investimento di oltre 500 milioni. Le prime dichiarazioni di Del
Vecchio sono bellicose ("Mi aspetto un nuovo piano industriale che
non basi i risultati di Mediobanca solo su Generali e Compass, ma
progetti un futuro da banca di investimenti"), ma i toni si
smorzano progressivamente, fino ad arrivare all'apprezzamento
esplicito, in parallelo con il rafforzamento della quota, che a
novembre sale al 10% e fa di Delfin il nuovo primo azionista.
2020: "Investitori finanziari", l'impegno con la Bce
Nella primavera del 2020 Delfin ottiene dalla Bce
l'autorizzazione a salire fino al 20% del capitale di Mediobanca
dopo aver assicurato a Francoforte di voler agire come "investitore
finanziario" senza esercitare alcun controllo su Piazzetta Cuccia.
In caso contrario, d'altra parte, la holding avrebbe rischiato di
finire sotto la diretta vigilanza della Bce e di dover rispettare
gli stessi requisiti prudenziali richiesti alle banche. Delfin
raggiunge così l'attuale 19,9% del capitale.
2021: prime schermaglie sulla governance
In vista dell'assemblea dell'ottobre 2021 Delfin chiede di
modificare lo statuto per eliminare alcune clausole di governance,
in particolare quella che impone di scegliere i futuri
amministratori delegati e direttori generali di Mediobanca tra chi
è già dipendente dell'istituto da almeno tre anni. Il caso si
risolve senza veri e propri scontri, dato che il cda presenta una
propria proposta di riforma che include le modifiche auspicate da
Delfin e aumenta inoltre i posti in consiglio riservati alle
minoranze. La holding di Del Vecchio ritira quindi la propria
richiesta e vota con il board.
2022: lo scontro si sposta sulle Generali
Nella primavera del 2022 Delfin (azionista di Generali con il
9,77%), Francesco Gaetano Caltagirone (6,23%) e la Fondazione Crt
puntano a sostituire l'amministratore delegato della compagnia
assicurativa, Philippe Donnet, presentando una lista di candidati
alternativa a quella sostenuta da Mediobanca, primo socio del Leone
con il 13,13% del capitale. Il blitz non riesce, dato che gli
investitori istituzionali si schierano a larga maggioranza con
Donnet. Caltagirone, nel frattempo, è entrato a sua volta
nell'azionariato di Mediobanca, arrivando progressivamente
dall'iniziale 3% all'attuale 9,9%. E c'è chi spiega l'intero
interesse di Delfin e Caltagirone per Mediobanca proprio con la
volontà di stringere la presa sulle Generali, sventando il rischio
di uno smantellamento della quota di Piazzetta Cuccia, eventualità
in linea teorica non esclusa da Nagel.
2023: gli scenari possibili
Dopo mesi di quiete la tensione sale improvvisamente nell'estate
di quest'anno. In agosto, nell'ambito del processo di definizione
dei candidati per il rinnovo dei vertici, Mediobanca propone a
Delfin un "Accordo di collaborazione triennale", esteso poi anche a
Caltagirone, offrendo complessivamente quattro posti in consiglio a
fronte di un impegno a sostenere la strategia della banca. Delfin,
guidata da Francesco Milleri dopo la scomparsa di Del Vecchio,
chiede una maggiore discontinuità, insieme a una cospicua
rappresentanza in cda e all'indicazione di un presidente condiviso.
Le posizioni si rivelano inconciliabili: da una parte l'azionista
chiede rinnovamento e apertura di una governance giudicata troppo
chiusa, dall'altra il cda difende la propria indipendenza, punta
sulla continuità operativa alla luce dei risultati raggiunti e si
oppone ad architetture di governance incompatibili con gli standard
delle banche sistemiche. Lunedì 18 settembre il comitato nomine di
Piazzetta Cuccia sancisce così la rottura: la lista che mercoledì
20 settembre approda in cda per l'approvazione definitiva non
contiene nomi espressi da Delfin e mira alla conferma di Nagel e
del presidente Renato Pagliaro. Gli azionisti avranno invece tempo
fino al 3 ottobre per presentare le liste di minoranza: Delfin
dovrà scegliere se indicare una rosa corta, da due a quattro nomi,
o una lunga con fino a sette candidati. Lo statuto di Mediobanca
prevede che la lista che ottiene la maggioranza del voto
assembleare elegga dodici consiglieri, la seconda tre e la terza
uno (a patto che abbiano superato il 2% del capitale). Dando per
scontato che il terzo posto sarà ottenuto dalla lista dei fondi di
Assogestioni, se Delfin dovesse prevalere con una lista lunga
otterrebbe sette posti, lasciando gli altri sette alla compagine
del cda: il risultato sarebbe un board spaccato a metà, che lunedì
18 settembre gli analisti di Kepler Chevreux hanno definito "lo
scenario peggiore" per il mercato. Delfin può contare sul suo 19,9%
e con ogni probabilità sul 9,9% di Caltagirone, i vertici uscenti
sul 10,85% dell'Accordo di consultazione (l'ex patto di sindacato),
che tuttavia non ha vincoli di voto. Il pallino è quindi più che
mai nelle mani degli investitori istituzionali, che con la loro
presenza e il loro voto in assemblea potranno decidere le sorti di
Piazzetta Cuccia.
Ppa-
(RADIOCOR) 20-09-23 09:59:02 (0218) 5 NNNN
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September 20, 2023 03:59 ET (07:59 GMT)
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