Tutto inizia con una telefonata. Al gruppo Iris Ceramica è sempre così. Romano Minozzi, 85 anni, fondatore dell'azienda emiliana nel 1961 e presidente ancora in carica e attivo, chiama la figlia Federica, amministratore delegato. Parte una di quelle richieste che farebbe fare a chiunque un salto sulla sedia: 'ho deciso che non dobbiamo più inquinare. Dobbiamo produrre a emissioni e residui zero'.

Non è la prima richiesta visionaria ma categorica. Federica e il management di Iris, 550 milioni di fatturato, quartier generale a Fiorano Modenese, impianti a Castellarano, Fiorano e Sassuolo, stabilimenti e uffici in otto Paesi nel mondo, sono abituati alle apparenti improvvisate del presidente-fondatore. La telefonata è del 2018. Il dibattito europeo sulle emissioni zero nel 2030 o nel 2050 è agli albori, ma Romano Minozzi, un imprenditore che negli anni Sessanta affiggeva nei suoi stabilimenti manifesti con scritto 'Economia uguale Ecologia' è già avanti.

Federica, racconta il Sole 24 Ore, convoca il responsabile della ricerca, Domenico Marchi, che propone un piano in due fasi: "dobbiamo eliminare subito gli inquinanti e in parallelo dobbiamo lavorare sull'abbattimento delle emissioni di CO2". I livelli sono già la metà di quelli della media del settore e ampiamente sotto i limiti imposti dalla legge. Ma il diktat è emissioni zero, il punto d'arrivo di un percorso iniziato con l'avvio dell'azienda. Marchi riuscirà ad arrivare a zero residui, con il tempo, molta fatica e la consulenza dell'Università di Milano. "L'ultima misurazione, di qualche settimana fa - racconta Minozzi - è stata inferiore ai 2 microgrammi sui 50 previsti dalla legge. Ma i tecnici ci hanno spiegato che siamo sotto il margine di errore della macchina. Credo, e spero, che mio padre possa essere soddisfatto".

Resta da risolvere il nodo delle emissioni di CO2. La soluzione di Marchi è in due fasi: dapprima l'efficientamento per la riduzione, poi la conversione dello stabilimento a idrogeno verde per l'azzeramento delle emissioni. Qui occorre aprire una parentesi. Minozzi, oltre che imprenditore creativo è anche un investitore di primo livello nel panorama finanziario italiano. La rivista Forbes gli attribuisce un patrimonio di 1,6 miliardi di euro che nel tempo è stato investito in imprese strategiche, tra cui Snam, di cui Minozzi è secondo azionista con il 7,5% del capitale ed è stato ascoltato membro del consiglio d'amministrazione. In quel periodo Snam valuta l'idrogeno e ne studia le possibili applicazioni. Romano Minozzi decide di cogliere la palla al balzo e di esplorare la strada della produzione di idrogeno verde da utilizzare nel polo produttivo di Castellarano. E' il primo in Italia.

"L'idrogeno verde - dice Federica Minozzi - è la seconda gamba del progetto emissioni zero, ma è una strada impervia. Le operazioni di efficientamento delle emissioni, iniziate molto prima del 2018, ci hanno portato nel triennio 2019-2021 a un risparmio di 44.773 tonnellate di CO2, grazie anche all'acquisto di energia verde che copre il 60% del nostro fabbisogno annuo. L'idrogeno verde è una soluzione drastica e per niente economica. Si deve costruire in casa un impianto di produzione e si devono ingegnerizzare i forni adatti".

Qui entra di nuovo in campo Marchi, che chiede tre giorni di tempo per studiare il progetto e l'offerta di macchine sul mercato. Quando torna dall'amministratore delegato ha la sentenza: per la produzione dell'idrogeno verde si deve costruire un impianto da zero. Per il forno, sul mercato non c'è niente che faccia al caso di Iris, bisogna farne costruire uno ad hoc. "La ceramica - spiega Federica Minozzi - ha bisogno di livelli precisi di calore, arriviamo a 1.200 gradi, e di punti di vapore. Basta sbagliare la taratura di un forno e la qualità del prodotto è compromessa".

A rafforzare le convinzioni dei Minozzi arriva l'impennata dei prezzi del gas e poi la guerra in Ucraina. I progetti vanno avanti in parallelo e procedono speditamente, almeno fino a quando la carenza di chip e la guerra frenano le forniture e, di conseguenza, la ricerca. Il piano iniziale, che prevedeva l'avvio della produzione a idrogeno verde a fine 2022, slitta alla seconda metà del 2023, ma i progressi dei due cantieri di Castellarano sono notevoli. La H2 Factory è stata costruita ed è al bivio della scelta dell'elettrolizzatore. Iris ha firmato un memorandum of understanding con Snam che prevede un impianto di piccole dimensioni, ma le riflessioni sono in corso. L'avvio della produzione di ceramiche, che segue la produzione dell'idrogeno verde, è previsto con il 10% di idrogeno per arrivare al 50% nel 2024 e al 100% nel 2027. L'investimento per l'idrogeno è di 7,5 milioni di euro.

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January 26, 2023 04:02 ET (09:02 GMT)

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