Eni non molla la presa sulla Nigeria, dove è ancora in atto il braccio di ferro per la licenza esplorativa Opl 245, finita al centro di un lungo processo che ha visto il Cane a sei zampe, il partner Shell e i rispettivi manager assolti con formula piena da ogni accusa di corruzione internazionale il 17 marzo 2021, a conclusione di un iter giudiziario che si è trascinato per ben 8 anni. All'Icsid di Washington, il centro della Banca Mondiale per le dispute internazionali sugli investimenti, dopo una lunga pausa è ripreso l'arbitrato richiesto proprio da Eni il 14 settembre 2019 attraverso le controllate Eni International B.V., Eni Oil Holdings B.V., e Nigerian Agip Exploration Ltd, contro la Repubblica Federale della Nigeria.

La ripartenza della procedura, scrive MF-Milano Finanza, è stata possibile grazie alla ricostituzione del Tribunale, avvenuta solo il 17 gennaio, dopo che per un anno c'è stato solo un rimpallo di richieste inframmezzato dalle dimissioni, a un anno di distanza l'una dall'altra, di due dei tre membri chiamati ad arbitrare la disputa. La nuova terna arbitrale vede riconfermato Laurent Levy (brasiliano/svizzero), presidente su nomina di comune accordo dalle parti, con J. William Rowley (canadese/britannico), nominato dai ricorrenti, e Zachary Douglas KC (australiano), nominato dal convenuto, rispettivamente al posto dei dimissionari Stanimir A. Alexandrov e Kamal Hossain. Di conseguenza, ora il procedimento è ripreso "ai sensi del regolamento del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di Investimenti".

Per acquistare la licenza, Eni e Shell il 29 aprile 2011 avevano versato la somma di 1,3 miliardi di dollari. Ma a maggio 2021 il progetto minerario nigeriano relativo all'esplorazione del blocco offshore è scaduto. La richiesta di Eni di poterla convertire in licenza di sviluppo è basata sul "pieno convincimento di aver rispettato tutti i termini contrattuali, le condizioni e i requisiti per tale conversione, compresa la tempestiva notifica alla controparte". Il gruppo guidato dall'ad Claudio Descalzi, assisito dagli studi legali Three Crowns di Londra e Aluko & Oyebode di Lagos, ha chiesto perciò all'Icsid "di valutare il comportamento della Nigeria in merito al contratto firmato nel 2011 che concedeva a Eni e Shell il diritto di esplorazione Opl 245". Il ritardo della messa in produzione, spiegano da Eni, "priva la Nigeria di un importante fonte di reddito".

La richiesta è che da esplorativa (Opl sta per Opl (Oil prospecting licence), la licenza diventi produttiva, sotto forma di Oml (Oil mining licence). "Se la Opl 245 non viene trasformata in Oml, vanno in fumo 2,5 miliardi di investimenti già fatti da Eni e Shell per aggiudicarsi la licenza esplorativa e per effettuare le ricerche", è la posizione del Cane a sei zampe, "La richiesta di arbitrato ha la finalità di evitare questo spreco di risorse e di opportunità". Il contratto, oltretutto, si basa sui cosiddetti back-in rights riconosciuti alla Nigeria, che costituiscono il diritto di partecipare in ogni momento al 50% degli utili del giacimento senza dover concorrere nel relativo rischio industriale, che grava solo su Eni e Shell. "La clausola consente non solo di ottenere direttamente i benefici economici derivanti dallo sfruttamento del Blocco, senza correre rischi di investimento di capitale", si legge nei documenti Eni, "ma anche di far partecipare dal punto di vista industriale le aziende locali, consentendo la trasmissione di tecniche e know-how e favorendo la crescita nazionale (la clausola che prevede i back-in rights è inserita nell'art. 11 del Block 245 Resolution Agreement)".

Ma il governo nigeriano continua a nicchiare: va detto che non ha ne mmeno ritirato e rimesso sul mercato la licenza, come invece minacciava di fare procedendo a una nuova assegnazione. Semplicemente, la tiene congelata. Nel frattempo, l'11 novembre 2022, la Corte d'Appello di Milano ha rigettato l'appello avanzato dalla Nigeria, costituitasi parte civile, che mirava ad ottenere un risarcimento nell'ambito del procedimento. Intanto, Eni ha nominato il nuovo responsabile Identity Management: si tratta di Antonio Funiciello, gia capo di gabinetto nei governi Draghi e Gentiloni.

red

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