Mettere a fattor comune le competenze industriali, commerciali e finanziarie di entrambi i Paesi per rafforzare le relazioni bilaterali. Con queste premesse è stata tenuta a battesimo ieri a Milano, nella sede di Confcommercio, l'Italy China Council Foundation (Iccf), nata dall'integrazione tra la Fondazione Italia Cina (che ha chiusto il 2021 con ricavi per 1,4 milioni e un avanzo di 72 mila euro) e la Camera di Commercio Italo Cinese. Un realtà che conta circa 360 soci, per l'85% aziende italiane e per il 15% cinesi. Il 60,5% del totale proviene dal mondo dei servizi, il 34% dall'industria e il 5,5% dalla finanza. Escluse queste ultime, i soci di industria e servizia sommano circa 31 miliardi di euro di fatturato. "Includendo anche le società finanziarie, tra cui si contano le prime due banche italiane, la prima banca cinese e il secondo istitutito di credito in Europa, oltre a due tra i più importanti gruppi assicurativi globali, questi numeri potrebbero addirittura triplicare", ha evidenziato Marco Bettin, direttore generale della nuova entità.

Obiettivo dell'integrazione tra le due precedenti realtà è offrire alle imprese un referente unico in entrambi i Paesi che porti avanti le iniziative in favore dei due sistemi economici. «Anche l'uso dell'inglese nel nome non è casuale, perché indica la nostra volontà di dare vocazione internazionale al progetto», ha aggiunto Bettin, che supporterà nel suo lavoro Mario Boselli, storico imprenditore tessile e già presidente della Fondazione Italia Cina, il quale ha assunto il medesimo ruolo nella nuova entità. Al loro fianco agiranno quattro vicepresidenti e un consiglio d'amministrazione formato da 40 figure di spicco dell'imprenditoria, politica e diplomazia italiana e cinese: 20 provenienti dalla Fondazione, 10 dalla Camera di Commercio e 10 indipendenti, scelti tra figure di grande autorevolezza nell'ambito delle relazioni tra Italia e Cina. Tra i nomi di rilievo del nuovo board spiccano quelli di Carlo Ferro (presidente Ice), Paolo Panerai (vicepresidente e amministratore delegato di Class Editori, gruppo che edita questo giornale), Michaela Castelli (presidente Sea), Luca Lisandroni (ceo di Brunello Cucinelli), Francesco Merloni (presidente onorario di Ariston Thermo), Antonio Calabrò (senior advisor culture di Pirelli). Tra i rappresentanti del mondo finanziario compaiono le figure di Rosario Strano (responsabile del progetto Cina di Intesa Sanpaolo), Lorenzo Ioan (head of business transformation di Generali), Alessandro Paoli (head of Unicredit International Center Italy e primo vicepresidente di Unicredit). Spazio poi alle figure politico-diplomatiche: l'ambasciatore pro-tempore italiano in Cina (attualmente Luca Ferrari), il suo omologo cinese in Italia (Li Junhua, rappresentato ieri in presenza dal console generale Liu Kan), figure in rappresentanza dei ministeri dello Sviluppo Economico, Transizione Ecologia e Affari Esteri.

Infine un unicuum nel panorama delle organizzazioni bilaterali tra Italia e Cina: in consiglio infatti figurano personaggi di rilievo delle aziendi cinesi che fanno affari in Italia. Nomi illustri come quello di Rodrigo Cipriani Foresio, general manager per il Sud Europa del gruppo Alibaba, o Luke Bin Liu, regionale sales director per il Sud Europa di Tencent Cloud Europe. «Siamo in grado di rappresentare gli interessi di soci e consiglieri del board sia cinesi sia italiani», ha aggiunto Bettin, «e siamo gli unici a farlo: in questo modo le imprese cinesi partecipano alla nostra vita associativa e discutono la governance stessa».

Altro elemento chiave della nuova Iccf è la ripartenza dei rapporti commerciali dopo il Covid, che proprio in Cina è stato particolarmente duro e si sta protraendo ancor oggi. "La pandemia non aiuta il nostro compito né lo fanno le restrizioni alla mobilità", ha ricordato l'ambasciatore Ferrari intervenuto in videoconferenza da Pechino. «La rimozione progressiva delle misure consentirà di ricostruire il flusso di merci, persone, idee che tanto ha giovato ai due Paesi nel corso della storia". Quanto all'attuale fase di mercato e macroeconomica, Bettin ha espresso un'idea chiara: "A prescindere dalla guerra in Ucraina e dalle difficoltà internazionali le imprese italiane devono identificare la Cina come un mercato di sbocco imprescindibile". Ma lo stesso discorso vale anche a parti invertite: "I dati del pil cinese attualmente non sono in linea con l'obiettivo fissato dal governo e quindi le imprese cinesi hanno bisogno di tornare a internazionalizzarsi: noi siamo un ambito di dialogo tra i due Paesi, con statura internazionale".

red

MF-DJ NEWS

2908:40 giu 2022

 

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