Un terremoto ai vertici delle società di stato arriverà nella primavera 2023 viksto che sono in scadenza i vertici delle più grandi società di stato. Eni, Enel, Leonardo, Terna. E poi Poste, Consip, Sport e salute. Ma anche Consap, Amco, Enav. Se si aggiunge la Rai, sempre nell'occhio del ciclone, fanno 65 poltrone da assegnare, e pesantissime.

Il rebus delle nomine, Scrive Milano Finanza, questa volta si presenta senza precedenti, per varie ragioni. La prima è che i vertici di quasi tutte le holding pubbliche sono stati nominati dal governo di Matteo Renzi, o dal centrosinistra. Oppure dal Movimento 5 stelle. È il caso di Donnarumma. Ma è anche quello di Paolo Simioni, che Virginia Raggi aveva voluto alla guida dell'Atac, disastrata società di trasporto pubblico di Roma, e che poi il governo Conte ha dirottato nel 2020 all' Enav. Non bastasse, ci sono anche alcune norme tecniche a impedire la riconferma di alcuni amministratori. Prendiamo Francesco Starace, il capo azienda dell' Enel. Nominato nel 2014 da Renzi, confermato nel 2017 da Paolo Gentiloni e riconfermato nel 2020 dall'esecutivo giallorosa di Conte, non ha deluso gli azionisti. Tuttavia la regola che limita a tre mandati la permanenza in carica di un amministratore di quella società gli impedirà di farne un quarto. Regola che a quanto pare non vale per l' Eni. Dove Claudio Descalzi, nominato anch'egli da Renzi e confermato da Gentiloni e Conte, non sembra preoccupato per un eventuale radicale cambiamento degli scenari politici. Tanto più se le tensioni sul fronte energetico non si dovessero allentare: e all'orizzonte di segnali in questa direzione non se ne scorgono. Purtroppo per tutti, famiglie e imprese.

Matteo Del Fante è invece al timone delle Poste dall'aprile 2017, per nomina del governo Gentiloni. I tre anni precedenti li aveva passati alla guida di Terna, che gli era stata affidata dal governo Renzi. Poste italiane è l'azienda pubblica con il maggior numero di dipendenti: sono 121 mila. In passato è stata a lungo nell'orbita politica del centrodestra, ed è evidente che un possibile ribaltamento degli equilibri di governo si rifletterebbe automaticamente sul suo ponte di comando. A Matteo Del Fante non mancherebbero in ogni caso gli impegni pubblici: dovrà gestire come presidente della società Giubileo 2025, controllata interamente dal ministero dell'Economia, gli appalti per quell'evento.

Anche Alessandro Profumo è in procinto di completare il suo secondo mandato come amministratore delegato di Leonardo, la holding pubblica del settore tecnologico e militare. C'è arrivato nel 2017 con il governo Gentiloni. Protagonista di una straordinaria stagione a capo di Unicredit, non ha mai nascosto le proprie simpatie politiche per il centrosinistra. Nel 2012 cedette alle pressioni di quella parte politica e di uno dei suoi più autorevoli leader (Massimo D'Alema) accettando di bere il calice amaro del Monte dei Paschi di Siena. La terza banca italiana, l'unica rimasta completamente nell'orbita di un partito (il Pd) era sull'orlo del crac dopo la sconsiderata acquisizione dell'Antonveneta. Profumo ne diventò presidente rinunciando allo stipendio ma la sua era una missione disperata, culminata per giunta con una condanna in primo grado per falso in bilancio insieme all'amministratore voluto dalla Banca d'Italia, Fabrizio Viola. Ora c'è in ballo il processo d'appello, che si profila per lui come un passaggio cruciale.

Non meno appetibile di Leonardo è la Consip. Gestisce decine di miliardi di gare per le forniture pubbliche, alcune delle quali negli anni trascorsi hanno originato pesantissime inchieste giudiziarie con il coinvolgimento di magistrati amministrativi. Svolge funzioni delicatissime per l'impatto sulla spesa pubblica: dal 2017 è amministrata da Cristiano Cannarsa, nominato dal governo Gentiloni e confermato dal secondo esecutivo Conte. Il Fatto Quotidiano lo bollò come "molto vicino a Matteo Renzi", definizione che però Cannarsa non avrebbe mai accettato. Auguri anche a lui.

Ma nell'eventualità che lunedì tutto sia cambiato c'è pure chi potrebbe dormire sonni tranquilli. Nella periferia dell'impero pubblico c'è una piccola società, residuo di quando lo stato faceva pure l'assicuratore. Si chiama Consap, e per nove anni aveva avuto come ceo l'ex direttore generale della Rai voluto da Silvio Berlusconi, uscito di scena in seguito alla dissoluzione del potere del Cavaliere ma con un paracadute dorato. Mauro Masi aveva sempre resistito anche negli anni del centrosinistra finché nel 2020, terminato il terzo mandato, aveva dovuto cedere il posto di amministratore. Riuscendo però a conquistare quello di presidente della stessa società. Un contentino che lo qualifica come il più longevo occupante di poltrone pubbliche in attività. Un record che difficilmente qualcuno potrà strappargli. Fino a prova contraria.

glm

 

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September 26, 2022 01:23 ET (05:23 GMT)

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