Unicredit: la manovra di Orcel (Mi.Fi.)
05 Dicembre 2022 - 9:20AM
MF Dow Jones (Italiano)
Anche per Andrea Orcel è arrivato il midterm. Nominato
dall'assemblea nella primavera del 2021, il ceo di Unicredit ha
oggi alle spalle metà del proprio mandato. Come accade per i
presidenti americani, anche per lui è tempo di sondare il grado di
consenso intorno alle scelte fatte sinora. Conclusa la seconda
tranche di buy back, il test decisivo sarà il bilancio del 2022.
Non solo perché per Orcel il 2022 è stato il primo esercizio
completo da ceo, ma anche perché i conti saranno approvati a poco
più di un anno di distanza dal rinnovo del 2024.
A sentire analisti e investitori, scrive MF-Milano Finanza, le
aspettative sono ottimistiche. Secondo il consensus i ricavi
dovrebbero salire dai 18 miliardi dello scorso anno a oltre 19,6
miliardi, con profitti per quasi 5 miliardi. Con la presentazione
dei risultati del terzo trimestre peraltro l'istituto aveva alzato
le previsioni di fine esercizio senza Russia, prevedendo ricavi
superiori a 17,4 miliardi e un utile netto superiore a 4,8
miliardi. Se queste previsioni fossero confermate, si tratterebbe
di uno dei bilanci migliori di sempre per Unicredit. A favore della
banca del resto oggi giocano diversi fattori, a partire dal rapido
rialzo dei tassi di interesse. La svolta nella politica monetaria
ha già iniziato a far correre il margine di interesse, rimasto
depresso per un decennio.
Un vantaggio che Orcel ha scelto di sfruttare a fondo, grazie a
una drastica rivitalizzazione della rete commerciale italiana,
affidata a Remo Taricani. Per ora del resto gli effetti della
frenata economica non si sono trasferiti sulla qualità dell'attivo,
rallentando il credito e zavorrando i conti economici delle banche.
Il momento è insomma ideale per fare profitti e remunerare
generosamente gli azionisti. Già nel 2022 peraltro Unicredit è
stata assai munifica: tra dividendi e buy back (riacquisti per
oltre l'11% del capitale) la banca ha distribuito 3,75 miliardi, un
settimo della propria capitalizzazione.
L'ottimismo è giustificato? Per la verità i motivi di incertezza
non mancano. Il ciclo economico si sta deteriorando e le
aspettative degli operatori economici sono sempre meno rosee. Al
punto che la Vigilanza della Bce non manca di raccomandare prudenza
ai gruppi bancari. "Se i tassi di interesse più alti e i margini
sui tassi stanno sostenendo la redditività delle banche in questa
fase, possono anche intaccare la capacità degli utenti che hanno
fatto elevato ricorso alla leva finanziaria di restituire i loro
debiti", ha avvertito il numero uno della Vigilanza Andrea Enria
nella sua ultima audizione al Parlamento europeo. "Le banche devono
prepararsi per il potenziale impatto avverso negativo del contesto
di incertezza delle loro attività. Il nuovo contesto di rischi
giustifica alcuni aggiustamenti nel nostro approccio di vigilanza",
ha rincarato Enria. Nei prossimi mesi insomma gli avvertimenti
della Bce potrebbero tradursi in richieste aggiuntive capitale, in
grado di rallentare dividendi e buyback.
C'è poi il fronte russo. Finora Unicredit (presente in Russia
con quattromila dipendenti e 70 filiali) ha ridimensionato la
propria total cross border exposure del 50% a 3,1 miliardi e ha
tagliato la local exposure di un ulteriore 30% in valuta locale. La
Bce però sta chiedendo alle banche sforzi ulteriori che arrivino a
neutralizzare il rischio verso Mosca. Una richiesta ragionevole?
Dipende. Grazie al rally del rublo, il mercato russo finora si è
rivelato più profittevole del previsto. Per Unicredit ad esempio
grazie all'effetto valuta nel terzo trimestre la Russia ha portato
340 milioni di profitti, mentre nei nove mesi i ricavi sono
cresciuti dell'85% a 905 milioni rispetto allo stesso periodo
dell'anno precedente.
Le cassandre però potrebbero venire smentite dai fatti. In tal
caso a brindare sarebbero gli azionisti. All'arrivo di Orcel, il
titolo Unicredit quotava in area 8,5 euro. L'invasione dell'Ucraina
ha cancellato il rally dei primi mesi di mandato e solo dal maggio
scorso il prezzo ha ricominciato a salire. Grazie ai due buyback e
agli eccellenti risultati trimestrali, in poco più di un semestre
il rialzo è stato di oltre il 40%.
Se il trend venisse confermato, la notizia sarebbe molto
positiva per i soci e anche naturalmente per l'amministratore
delegato. Occorre infatti ricordare che, come accade per molti top
manager bancari, i due terzi dello stipendio di Orcel sono pagati
in azioni Unicredit al raggiungimento di precisi obiettivi
strategici. Ma la salita del titolo sarebbe preziosa anche per
un'altra ragione: aumenterebbe il peso negoziale della banca nel
negoziato per un'integrazione. Fonti vicine a piazza Gae Aulenti
confermano che l'obiettivo numero uno dell'amministratore delegato
rimane una grande operazione di m&a. La strada però non è in
discesa. Un ritorno sul dossier Banco Bpm potrebbe essere favorito
da alcuni azionisti, ma si sconterebbe con lo scoglio del socio
francese Credit Agricole che sta progressivamente consolidando i
propri legami finanziari e industriali con il gruppo italiano.
L'ostacolo sulla via di Montepaschi rimane invece il vertice del
ministero dell'Economia, che controlla la banca senese al 64%,
mentre un target transfrontaliero (sia esso Commerzbank o Credit
Suisse) sarebbe notevolmente complesso sia sul fronte regolamentare
sia su quello politico. Tutti temi oggi dibattuti al vertice di
Unicredit dove il confronto tra l'amministratore delegato, il
presidente Pier Carlo Padoan, il vice presidente Lamberto Andreotti
e gli altri consiglieri è intenso.
C'è insomma più di una ragione per aspettarsi che, con già 18
mesi di mandato alle spalle, il 2023 possa essere l'anno chiave per
l'Unicredit di Orcel.
red
fine
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