Unipol: Cimbri, Campioni di solidità (Mi.Fi.)
30 Maggio 2022 - 8:41AM
MF Dow Jones (Italiano)
"Abbiamo un piano ambizioso, ma garantiamo che riusciremo a
realizzarlo anche in un periodo difficile come questo. E la
reazione del mercato non ci spaventa. Abbiamo aumentato gli
obiettivi di remunerazione per gli azionisti, accantonato riserve
adeguate per affrontare qualsiasi tipo di scenario nel prossimo
triennio, e prevediamo investimenti importanti nella
digitalizzazione del gruppo, con il lancio di un nuovi marchi
assicurativi per auto completamente digitalizzati". Carlo Cimbri,
da un mese presidente del gruppo Unipol, che aveva a lungo guidato
da ad, parla dalle montagne svizzere del World Economic Forum di
Davos, dove ha partecipato ai lavori del principale think tank
economico mondiale, ma guarda all'Italia, e anche al mercato.
D. La Borsa non ha preso bene la presentazione del Piano
industriale.
R. Si tratta di un fenomeno prettamente speculativo. Qualcuno ha
preso posizioni di breve scommettendo sull'accorciamento della
nostra catena partecipativa. Ma non è un'operazione in programma.
Abbiamo invece progetti ambiziosi che porteremo a termine, com'è
tradizione del nostro gruppo. Siamo stati appena promossi da
Moody's, che ha alzato il livello del nostro rating sul debito. A
momento è giudicato più solido di quello della Repubblica Italiana.
Ci sembra un buon risultato per un gruppo che non ha
diversificazione all'estero, e fa business interamente in
Italia.
D. Il periodo resta comunque difficile. La prima sfida è
l'inflazione. Ne subite l'impatto?
R. Per ora no. Anche se, nel medio-lungo periodo, un'inflazione
fuori controllo non può certo rappresentare un fattore positivo. Ma
siamo sicuri che - anche grazie all'intervento delle banche
centrali - si possa trovare una stabilità duratura nel tempo.
D. È il secondo fattore di impatto: il rialzo dei tassi. Cosa
cambia per voi?
R. Per una compagnia assicurativa il rialzo dei tassi è un
fattore che, a medio termine, può rivelarsi positivo. Un incremento
dei tassi di interesse ci permette di investire i soldi dei nostri
assicurati a condizioni di maggiore redditività. Per quanto
riguarda i rischi sul debito pubblico, invece, non siamo
preoccupati. In linea con quanto emerge anche dagli interventi qui
a Davos. Ho recentemente ascoltato il capo economista del Fondo
monetario Internazionale dire la stessa cosa.
D. E guardando all'economia italiana?
R. È chiaro che, sotto questi aspetti, si tratta di temi che ci
riguarderanno da vicino, perché nel medio periodo saremo tra i
Paesi più esposti. Per garantire la solidità della nostra economia,
e la capacità di ripagare il nostro debito, occorre un forte
sviluppo economico. Non possiamo permetterci di abbassare la
guardia di fronte a tassi in aumento e a un'inflazione che ridurrà
il peso relativo della nostra economia.
D. È il terzo fattore di rischio: la crescita che rallenta e
l'ombra della recessione.
R. Nessuno può trarre vantaggio da una recessione. E anche noi,
come tutti gli operatori, siamo interessati al buon andamento della
economia, e a una crescita duratura che possa ridurre il peso del
debito pubblico. Serve però anche tenere l'inflazione sotto
controllo. Altrimenti penalizzerebbe quel beneficio sulla
redditività che consumatori e investitori potrebbero ottenere
dall'incremento dei tassi di interesse
D. È il dilemma delle banche centrali: crescita o controllo dei
prezzi. A Davos è uno dei temi principali.
R. Che i tassi debbano aumentare è ormai chiaro. A fare la
differenza potrà essere la velocità con cui le banche centrali
decideranno di intervenire. Serve un bilanciamento corretto fra una
politica monetaria più restrittiva e la necessità di non deprimere
la crescita economica. La situazione geopolitica complica le
prospettive di sviluppo, ma bisogna evitare una stagnazione o,
peggio, una recessione.
D. È materia da banchieri centrali. Mentre tra gli imprenditori
come lei, che clima si respira a Davos?
R. Circola un grande sentimento di incertezza. Nel Congress
Center è sicuramente cambiato lo spirito che si respira. Non più
tardi di qualche anno fa qui c'era il presidente cinese Xi Jin Ping
che si proponeva come nuovo riferimento per la globalizzazione. Poi
è venuto Trump,. con la fine del multilateralismo e l'avvio del
bilateralismo. Oggi è il turno dell'incertezza.
D. La guerra in Ucraina ha cambiato tutto?
R. Sì, ma non è l'unico fattore di attenzione. Si temono anche
gli effetti di lungo periodo della pandemia, con i sassolini di
sabbia che hanno rallentato gli ingranaggi delle supply chain
mondiali. E poi questa inflazione, che ha origini diverse: in
America è trainata dalla domanda, ma in Europa è spinta
principalmente dall'aumento dei costi energetici.
D. Domande senza risposta.
R. Si. Al momento ci si chiede soprattutto quale potrà essere il
nuovo ordine globale.
red
MF-DJ NEWS
3008:25 mag 2022
(END) Dow Jones Newswires
May 30, 2022 02:26 ET (06:26 GMT)
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