Con buona pace per gli attacchi che negli anni scorsi Fratelli d'Italia ha rivolto contro la finanza nelle stanze del Tesoro, il nuovo direttore generale di Via XX Settembre appena scelto dal governo Meloni, Riccardo Barbieri, viene proprio da quel mondo. Il successore di Alessandro Rivera nella poltrona più alta della burocrazia ministeriale ha un curriculum tutto nelle banche d'affari: ha lavorato dal 1990 al 2015 in Morgan Stanley, quindi in Bank of America-Merrill Lynch e infine in Mizuho Securities per poi essere chiamato da Pier Carlo Padoan in via XX Settembre come capoeconomista. Ora dovrà affrontare partite di cui le banche d'affari per cui lavorava cercavano i mandati. Soprattutto in ambito bancario. Nell'ambito della riorganizzazione a cui sta lavorando il ministro Giancarlo Giorgetti, quei dossier dovrebbero essere affidati anche alla figura nuova di cui si parla, ovvero il responsabile delle partecipazioni pubbliche, che molti già identificano nell'attuale presidente di Ita, Antonio Turicchi. Molte decisioni però saranno prese direttamente a Palazzo Chigi dove le discussioni stanno entrando progressivamente nel vivo.

La partita più complessa, scrive MF-Milano Finanza, si giocherà attorno al Montepaschi. Il cda della banca senese di cui il Tesoro detiene il 64% scade in primavera e la presidente Patrizia Grieco ha già annunciato che non si ricandiderà. La manager milanese, vicina al Partito Democratico, era arrivata al vertice nel 2020 e, dopo una complessa convivenza con il ceo, Guido Bastianini, aveva trovato unità di intenti con il nuovo capo azienda, Luigi Lovaglio. Si libera una poltrona importante a disposizione del governo.

La sostituzione di Lovaglio viene invece ritenuta poco probabile, sia per la credibilità che il ceo si è guadagnato presso gli investitori sia per i rapporti costruttivi stabiliti con la Bce. Se però si decidesse di cambiare, la scelta potrebbe cadere su uno dei banchieri italiani oggi più apprezzati a Palazzo Chigi, dal presidente di Lazard Italia, Flavio Valeri, al ceo di Finint, Fabio Innocenzi, all'ex Bper, Alessandro Vandelli. Nel resto del cda i cambiamenti dovrebbero essere profondi per i 12 posti spettanti al Mef. Gli altri tre posti sono finora occupati dalla lista Assogestioni, che potrebbe confermare Marco Giorgino, Alessandra Barzaghi e Paola De Martini. Non è escluso che alcuni degli azionisti entrati con l'ultimo aumento di capitale presentino una lista, come Axa, oggi primo socio all'8%. C'è poi il fronte delle fondazioni e delle casse di previdenza, che detiene quasi il 4%. Dopo il rinnovo si aprirà il cantiere della privatizzazione. Il governo è intenzionato a rispettare la tempistica concordata con Bruxelles che prevederebbe la exit del Tesoro entro il 2024 (non ci sono termini ufficiali). Via XX settembre dovrà dapprima selezionare i nuovi advisor finanziari, quindi dovrebbe riaprire il tavolo dei negoziati tra maggio e giugno.

Per ora l'unico punto fermo riguarda il perimetro dell'operazione: il governo non vuole fare spezzatini, ma vendere in blocco l'intero asset a un unico soggetto. Il favorito rimane Banco Bpm che darebbe così vita al terzo polo nel mondo del credito, bilanciando il peso specifico di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Tutte le altre ipotesi - a detta di diversi banchieri d'affari - presentano controindicazioni. Unicredit per esempio dovrebbe giustificare al mercato il ritorno su un dossier scartato meno di due anni prima. Per Bper invece il boccone rischia di essere troppo grande, da sola. Viene invece escluso un coinvolgimento del Credit Agricole che pure, sotto il governo Draghi, aveva iniziato a ragionare sul dossier Mps anche grazie al rapporto di stima reciproca creatosi tra il ceo dell'Italia, Giampiero Maioli, e Rivera.

Un'altra partecipata pubblica nei radar in queste settimane è Amco. Il board della società guidata da Marina Natale e presieduta dal dirigente del Mef, Stefano Cappiello, scadrà in primavera e, in ambienti vicini a Palazzo Chigi, circolano varie suggestioni: da una privatizzazione della asset management company a una quotazione in borsa. Nei prossimi mesi si vedrà quali saranno le scelte di via XX Settembre, così come si capirà che assetto potrebbe prendere il vertice di Mediocredito Centrale. Dopo la nomina di Bernardo Mattarella ad amministratore delegato della controllante Invitalia, sono circolate molte ipotesi sull'identità del successore, da quella della chief financial officer, Elena De Gennaro, a quella dell'ex amministratore delegato di Sace, Pierfrancesco Latini, fino a un possibile coinvolgimento dell'attuale presidente di Bnl, Andrea Munari.

Oltre alle nomine delle partecipate, nei prossimi mesi al vaglio dei dirigenti del Tesoro ci saranno anche altri dossier finanziari. Le fondazioni di origine bancaria per esempio potrebbero mettere in discussione il protocollo del 2015 che impone vincoli stringenti alla governance degli enti. Le nuove regole imporranno l'uscita definitiva di molti presidenti e, per questo, il sistema chiede una proroga. La vicenda potrebbe peraltro avere ricadute importanti anche su altre partite, dal tentativo di coinvolgere le fondazioni in alcune ambiziose iniziative di politica economica del governo (come il progetto di un fondo di investimento da 30 miliardi a capitale privato) ai nuovi assetti della Cdp, di cui gli enti sono soci con al 15% con diritto di prelazione sulla presidenza, oggi affidata a Giovanni Gorno Tempini.

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