Da tempo sosteniamo su queste colonne la necessità, nel quadro più generale degli sviluppi del Fintech, di affrontare il problema dell'avvio dell'operatività soprattutto dei colossi mondiali del digitale, le maggiori web company, in determinati ambiti del settore bancario e finanziario. Finora non si sono avuti segnali di particolare interesse a questo che non è un allarme, ma la segnalazione di una doverosa attenzione al tema della par condicio normativa, della concorrenza, della specializzazione, dei controlli. Potrebbe concorrere a questo atteggiamento un malinteso rischio di apparire corporativi, difensori cioè dell'attuale sistema, quando, invece, si tratta di fissare, innanzitutto, il principio degli uguali limiti e controlli a fronte di uguali opportunità, avendo presente il pericolo di posizioni dominanti nel mercato e, dunque, la necessità di tener conto della natura, delle dimensioni, dell'operatività dei soggetti che entrano nel mercato. Evidentemente, si continua a essere attratti dalla prospettiva di incrementare ancora la già straordinaria mole delle disposizioni riguardanti le banche, non vedendo ciò che a lato di esse comincia corposamente a manifestarsi.

Ora siamo difronte a un fatto concreto, come è stato riportato su questo giornale: Apple Pay entra nel settore del credito al consumo e si appresta a esercitare questa attività anche in Italia, secondo il criterio «buy now, pay later». C'è da chiedersi tuttora, anche perché la domanda posta tempo fa non ha avuto fin qui alcuna risposta: se i colossi del web chiedessero la licenza bancaria quale sarebbe l'atteggiamento delle autorità competenti? Si ha presente che la forza e la disponibilità di risorse di questi colossi potrebbero relegare a un posizione nettamente marginale, se entrassero pleno iure nel settore, anche quelle banche che oggi consideriamo eccellenti. Qual è l'atteggiamento dei competenti organi non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo? Non vi è il rischio aggiuntivo che si colga la difficile situazione attuale con i gravi effetti della guerra in Ucraina e l'alta inflazione per conquistare posizioni da parte di questi colossi?

Intanto, ha fatto bene il leader della Fabi, Lando Sileoni, a evidenziare quello che qui si potrebbe considerare una sorta di «bradisismo», sia per lo spostamento di attività fuori dal settore bancario tradizionale, sia per le conseguenze che ne derivano, ab externo, in termini di competitività su quest'ultimo settore e che si possono tradurre in un aumento delle pressioni commerciali sui dipendenti da parte di esponenti bancari. Si tratta di un tema di particolare rilevanza che è stato oggetto anche di intese tra sindacati e Abi. Il presidente di quest'ultima associazione, Antonio Patuelli, ha mostrato particolare attenzione al problema delle possibili relazioni tra web company e sistema bancario, nonché alle relative non favorevoli conseguenze. In effetti, a poco a poco il settore cambia volto in una trasformazione che, accanto agli aspetti positivi, ne ha diversi negativi o comunque rischiosi. Sembra che ciò non interessi granché e che, magari, sarà «scoperto» solo quando il fenomeno diventerà corposo e ineludibile, come sta avvenendo per altri casi nettamente trascurati all'inizio o addirittura contestati (si veda l'inflazione o le cripto-attività, solo per un esempio), ma poi affrontati quando le dimensioni hanno reso impossibile non farlo e allora ci si candida singolarmente a fare da «apripista», nel presupposto contra factum che non si sia già iniziato a percorrere la «pista» (se proprio si deve ricorrere a questa terminologia sportiva).

MF-Mercati Finanziari

red

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1008:01 giu 2022

 

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