Tlc: big tech condividano costi reti con operatori (MF)
03 Agosto 2022 - 9:45AM
MF Dow Jones (Italiano)
Le big tech devono condividere i costi delle reti con gli
operatori di telecomunicazioni. L'idea non è nuova, ma lo è il
documento inviato alla Ue da parte di Italia, Francia e Spagna, che
chiede norme che riequilibrino i valori in campo. I tre Paesi hanno
scritto per fare pressione alla Commissione europea chiedendo che i
cosiddetti Ott (da Google a Apple fino a Netflix) sostengano parte
dei costi per le infrastrutture di telecomunicazioni.
Il tema, scrive Mf-Milano Finanza, è più che mai d'attualità,
visto che tutti gli studi mostrano come le big tech traggano enormi
profitti da internet, senza però condividere gli investimenti
infrastrutturali e non a caso possibili scenari di condivisione dei
costi erano già all'attenzione di Bruxelles. Quella di Italia,
Francia e Spagna è però la prima presa di posizione ufficiale da
parte di Stati membri, che per di più hanno coordinato la loro
azione, condividendo il documento per garantirne un maggiore peso
politico. Nella nota inviata alla Ue, e anticipata da Reuters, i
tre governi sottolineano che i sei maggiori fornitori di contenuti
online rappresentano il 55% del traffico Internet.
«Questo genera costi specifici per gli operatori di
telecomunicazioni europei in termini di capacità, in un momento in
cui stanno già investendo enormemente per infrastrutture costose
come quelle legate a fibra e 5G», si legge nel documento. I tre
Paesi chiedono quindi venga discussa una proposta legislativa che
assicuri che tutti gli attori del mercato (Ott compresi)
contribuiscano ai costi delle infrastrutture digitali, sempre
garantendo l'equità tra gli utenti in conformità con le regole di
neutralità della rete, che resta un principio fondamentale da
preservare. Secondo uno studio pubblicato dal gruppo di lobby delle
telecomunicazioni Etno, un contributo annuale di 20 miliardi ai
costi di rete da parte dei giganti della tecnologia potrebbe dare
una spinta di 72 miliardi di euro all'economia dell'Ue.
Non a caso, i 27 paesi membri si erano mossi in questa
direzione, all'unisono, già lo scorso maggio. «Ci sono soggetti che
generano molto traffico che poi abilita la loro attività, ma che in
realtà non hanno contribuito ad abilitare quel traffico. Non hanno
contribuito agli investimenti per fornire quella connettività»,
aveva dichiarato il commissario alla concorrenza e vicepresidente
esecutivo della Commissione Margrethe Vestager. Tutto questo mentre
in realtà la spesa da parte degli operatori continua.
L'Osservatorio sulle comunicazioni dell'Agcom ha di recente
confermato il trend di migrazione da reti in rame verso
infrastrutture di nuova generazione. Negli ultimi 12 mesi le linee
in rame si sono ridotte di oltre il 25%, mentre sono cresciuti di
300mila unità gli accessi su altre tecnologie. Un rilevante
incremento di utenti si registra sulle reti Ftth (Fiber to the
home) che, con una crescita del 33% su base annua, a fine marzo
2022 ha superato i 2,8 milioni di accessi, con Open Fiber (che non
è un operatore tlc ma esclusivamente infrastrutturale) che
costituisce da sola oltre il 70% del mercato italiano, cioè quasi
tre clienti su quattro. Un recente studio realizzato da Kearney e
pubblicato da MF-Milano Finanza analizzava l'evoluzione della
catena del valore di internet dal 2015 al 2020.
Il volume di affari generato dal web è cresciuto in maniera
significativa passando da 1,18 trilioni di dollari del 2008 a 3,34
nel 2015 e a 6,67 trilioni di dollari nel 2020. Ma nel 2008 il
valore per chi forniva connettività (ossia i gruppi tlc) pesava per
il 19% sul totale, diventato 17% nel 2015 e sceso al suo minimo del
15% nel 2020. La crescita media di chi fornisce connettività si è
fermata all'11% contro un Cagr del 19% per i servizi online.
alu
fine
MF-DJ NEWS
0309:28 ago 2022
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August 03, 2022 03:30 ET (07:30 GMT)
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