Nessuno ha mai notato che il 9 maggio è la festa dell'Europa e al contempo quella della vittoria sovietica contro la Germania nazista di Hitler. Con la guerra di Putin in Ucraina, i due eventi sono ora stridenti, quasi antitetici. Lo ha colto bene Romano Prodi, intervistato a Ventotene proprio quel giorno da chi scrive. Ecco, per i lettori di Milano Finanza, come vede la situazione economica e politica l'ex presidente del Consiglio e presidente della Commissione Europea: "l'Ue è come una bicicletta, se smetti di pedalare, cadi", afferma. Fotografia perfetta e paurosa allo stesso tempo.

Domanda. Presidente Prodi, è preoccupato per la guerra in Ucraina, l'Unione Europea riuscirà a condurre una trattativa per arrivare ad una tregua?

Risposta. Sono più che preoccupato. Non avrei mai previsto quello che è avvenuto. Conosco benissimo la situazione, sono stato tante volte in Ucraina durante la presidenza, in Russia moltissime volte, tutto mi sarei aspettato meno quello che è accaduto, anche se le tensioni e l'odio stavano montando nel tempo. Putin ha rotto veramente un equilibrio e un senso di possibile compromesso che porterà danni per decenni. Vediamo adesso cosa può fare l'Europa. Sono sincero e onesto, inutile che racconti delle storie.

D. Chi può essere decisivo per la pace?

R. Così com'è il problema è nelle mani degli Stati Uniti e della Cina. La Cina tiene il controllo sulla Russia, gli Stati Uniti sono il capofila della Alleanza Atlantica, con una disparità ovvia e comprensibilissima di forze, riguardo all'esercito europeo che non esiste. Il grande salto in avanti dell'euro è stato fatto perché abbiamo abbandonato l'unanimità, occorre fare la cooperazione rafforzata.

D. Come?

R. Bisogna che alcuni Paesi che sono omogenei fra di loro si uniscano: Francia, Italia, Germania e Spagna devono oggi condividere globalmente i disegni di politica estera e di politica della difesa. Quindi non è impossibile, però vediamo gli ostacoli che sono arrivati in questi giorni. Il primo è il grande riarmo tedesco. Ritengo che la democrazia tedesca sia assolutamente matura, sia forse la più solida d'Europa. Non ho dubbi di questo tipo, però.

D. Però?

R. Ho un'esperienza abbastanza lunga per dire che quando voi destinate una quantità di risorse grandissima come singolo paese per la difesa, si crea ovviamente e comprensibilmente, un rapporto fra strutture produttive, strutture politiche, burocrazia, che diventa un evento nazionale. Le imprese con 100 miliardi di euro sul tavolo supplementari più un bilancio che supererà il 2%, creano una struttura molto razionale che renderà assolutamente più difficile in futuro la vita europea.

D. Allora qual è la via da percorrere?

R. La Francia ha dei problemi a tenere vivo il suo impero, però ha un ruolo straordinariamente diverso dagli altri Paesi europei nel campo della politica estera e della difesa, perché ha il diritto di veto nell'ambito del Consiglio di Sicurezza e soprattutto ha contemporaneamente l'arma nucleare. Dunque, l'Europa assumerebbe un immediato ruolo diverso se Macron dicesse: signori miei, questi due grandi strumenti sono al servizio dell'Europa e non solo della Francia. La Francia ci guadagnerebbe in modo enorme e l'Europa finalmente farebbe una sua politica.

D. Avverrà questa cosa o è un sogno?

R. Secondo me è molto difficile, perché la Francia in vari momenti della storia, l'ultima è stata la bocciatura della costruzione europea, fa piccoli passi verso la condivisione di sovranità. Certamente se ci fosse la lungimiranza, che state oggi celebrando con il Manifesto di Ventotene al Ventotene Europa Festival, si farebbero tante cose perché giustamente Draghi ne ha sottolineato l'importanza. Il Manifesto è stato scritto nel 1941, quando non si capiva niente dei destini del mondo. Ci sarà qualche politico europeo che avrà questa lungimiranza? Lo può fare solo la Francia per i motivi che ho detto. Non è impossibile. Quando arrivano le sfide della storia, i Paesi cambiano parere. La Germania non aveva nessuna idea di solidarietà economica. Il Next Generation Eu è stato fatto perché è cambiata la storia, perché è arrivato il Covid. Se aspettiamo l'unanimità ci moriamo sopra.

D. Come il Covid ha condotto al debito comune la guerra in Ucraina non potrebbe condurre l'Ue all'esercito comune?

R. Lei ha semplicemente ragione. Se non impariamo dalla guerra di Ucraina che cosa aspettiamo? O facciamo i salti in avanti e questo si può fare solo con la cooperazione rafforzata, perché mica tutti i Paesi ci possono stare. Quando c'è stato da decidere Maastricht e da varare l'euro, si è deciso naturalmente con chi ci stava, perché era chiarissimo che la Gran Bretagna non sarebbe entrata nella moneta comune. Sono brutalmente concreto: se si mettono d'accordo su un punto Francia, Germania, Italia e Spagna, il giorno dopo ne arrivano altri dieci di paesi, almeno. E siccome per rafforzare bastano questi Paesi, comincia un'altra epoca per l'Europa. Questo è l'unico scenario realistico. Il resto sono sogni.

D. È preoccupato dalla debolezza della Germania, vive una crisi economica e ha di fronte a un'inflazione che non aveva da decenni e una conduzione politica debole.

R. Oh, io vorrei essere debole come la Germania. Vorrei essere debole come la Germania.

D. Siamo più deboli noi.

R. La Germania, ovviamente essendo molto dedicata all'export, soffre un po' più degli altri. Però è tranquilla, forte. Quando salì al potere Kohl tutti dicevano che era un incapace. Quando arrivò la Merkel tutti dicevano che veniva dalla luna. Ma quando si ha un sistema politico con la sua robustezza, una sua durata, esso trova la via della democrazia forte. Il governo tedesco sta allenandosi, come ha già fatto in passato la Merkel e Kohl.

D. Molti italiani si considerano impoveriti per il cambio del segno monetario: oggi a vent'anni dalla nascita della moneta unica possiamo dire che il cambio lira-euro è stato sfavorevole per la lira?

R. Per giudicare queste cose non si deve guardare alle polemiche politiche. Prendiamo i commenti che sono stati fatti allora. Che entusiasmo c'era per il cambio. Allora, chiariamo in modo scientifico qual era l'interesse dell'Italia a entrare nell'euro nel modo più svalutato possibile, in modo da fare più concorrenza possibile con gli altri Paesi. E il mio obiettivo era 1000 lire per ogni marco. Mi ricordo le discussioni a non finire. Ciampi con il ministro dell'Economia, io che parlavo con il cancelliere tedesco Kohl. Alla fine un sabato pomeriggio Kohl mi dice: senti io a 1.000 al mio Parlamento non posso andarci, facciamo 990 lire per un marco. Ho fatto un urlo di gioia perché 990 e 1.000 non sono così distanti.

D. E poi cos'è successo?

R. È successo che mentre il mio governo aveva proposto che i prezzi fossero sempre doppi, in lira e in euro e che ogni prestazione, ogni vetrina, ogni listino, doveva indicare doppi prezzi per sei mesi almeno e che vi fossero le commissioni provinciali per il controllo dei prezzi. Ma con il governo successivo non è avvenuto nulla di tutto questo. E i prezzi sono aumentati solo in due Paesi: Italia e Grecia. Chi pecora si fa il lupo se la mangia. Quello che è il mio sconforto. Il giorno in cui vidi che i giornali erano aumentati di prezzo, ho capito che era cominciata la gara al rincaro. Non è un fatto qualunque, è un messaggio politico. E' come aumentate anche voi.

D. Sui tassi è andata meglio.

R. I nostri tassi sul debito pubblico sono calati verticalmente. Abbiamo potuto convivere con il debito pubblico.

D. Insomma, con l'euro ne ha goduto più lo Stato italiano in termini di onere del debito pubblico che il cittadino italiano in termini di potere d'acquisto?

R. Sì, ma perché lo Stato italiano, cioè il governo italiano, non ha voluto disciplinare i prezzi che gravavano sui cittadini. Però, se uno lo guarda vent'anni dopo, meno male che c'è l'euro. L'altra cosa che si deve considerare è che nessun paese europeo sopportava più che l'Italia continuasse a svalutare perché la consideravano una concorrenza assolutamente sleale, soprattutto da parte francese.

D. È preoccupato per l'inflazione? L"Italia è preparata ad affrontare un fenomeno di questa entità non vedeva da decenni? la speculazione è dietro l'angolo.

R. Nessuno è preparato di fronte alla grandine o al terremoto. Ma quando i noli marittimi aumentano non del 7%, ma di sette volte, c'è poco da dire, quando c'è il movimento dei mercati la speculazione fa il suo mestiere. Alcuni sostengono invece che l'inflazione scaturisce da una questione diversa, perché è un inizio da restrizioni di offerta e non da un eccessivo aumento di domanda.

D. E lei che sostiene?

R. È un anno che dico che è ormai inarrestabile: quando lei vede che le aumenta il caffè, che aumenta una cosa e aumenta l'altra, vuol dire che si sono di nuovo allentati i vincoli. E questo non solo in Italia. Le ho fatto l'esempio dei noli marittimi, ma pensiamo al prezzo dell'acciaio, le cose stanno così: io spero che sia un fenomeno temporaneo, come dicevo, che poi l'offerta possa riprendere. Però ci siamo, l'inflazione è tornata.

D. Si aspettava che anche Mario Draghi si trovasse in condizioni di difficoltà a guidare l'Italia?

R. No, mi aspettavo maggiori di difficoltà. Lo dico in modo ironico. Ma se noi non torniamo a una politica in cui partiti, i corpi intermedi sono strutturati e dialogano fra loro, avremo sempre difficoltà. Quando vinsi le elezioni feci il primo viaggio in Germania. Ebbi un colloquio bellissimo col cancelliere Kohl e lui, accompagnandomi all'elicottero, mi ha detto: come è stato bello Romano, chi viene la prossima volta?

D. Lei che ha risposto?

R. Ho risposto torno io. E per qualche anno è andata così.

D. È più difficile fare il presidente del Consiglio italiano o il presidente della Commissione europea?

R. Tutto diverso. A Bruxelles ogni quarto d'ora era scandita dall'agenda. A Roma è un'avventura, una specie di gara quotidiana. Due mondi diversi. Però è chiaro che la politica romana ha il suo fascino. È inutile negarlo. Ogni quarto d'ora c'è un divertimento o c'è un dramma.

D. Qualcuno dice che ha contagiato persino Draghi, che sembra così adiabatico, impermeabile.

R. Per forza ragazzi. Come diceva la mia segretaria, si ricordi, professore, che Roma se magna Nerone. L'Italia è un Paese difficilissimo per un Paese vitale. Non ci si annoia mai a Palazzo Chigi. Comunque le confesso che a me piaceva.

red

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1608:37 mag 2022

 

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May 16, 2022 02:37 ET (06:37 GMT)

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