C'è chi lo paragona alla Troika e chi lo interpreta come un passo verso l'Unione Bancaria. E chi, come l'Italia, resta l'unico Paese dell'Eurozona a non aver ratificato la proposta che ne prevede la riforma. Il riferimento è al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), intervento ideato nel 2012 per reagire alla grande recessione. La sua funzione è dare assistenza finanziaria agli Stati che ne fanno richiesta. E per assolvere il compito ha in dote 704,8 miliardi di capitale sottoscritto, di cui 80,5 già in pancia (l'Italia si è impegnata per 125,3 miliardi e ne ha versati più di 14). Finora però se ne sono serviti solo Grecia, Spagna e Cipro, perché chi si avvale del Mes deve sottostare a condizioni stringenti. "C'è un motivo se Mario Draghi non ha mai chiesto di ratificarlo", spiega l'economista Giulio Sapelli a MF-Milano Finanza. "Il Fondo salva-Stati non è un semplice trattato; controlla i conti pubblici ed esautora i Parlamenti: lo Stato che riceve i fondi deve seguire il pilota automatico".

Domanda. Professore Sapelli, secondo lei il Parlamento italiano deve ratificare la riforma del Mes?

Risposta. Sì, perché in caso contrario qualsiasi governo in carica sarebbe accusato di anti-europeismo dagli oppositori politici interni e dagli Stati che hanno già aderito. Dopo averlo ratificato però la cosa migliore è non chiederne mai l'applicazione, come pensava di fare l'ex premier Draghi.

D. Che cosa accadrebbe se l'Italia facesse richiesta dei soldi del Mes?

R. Ad esempio, saremmo costretti a tagliare le pensioni perché il Fondo salva-Stati impone una serie di politiche pro-cicliche che favoriscono l'aggravarsi delle crisi. Inoltre il Mes è regolato secondo i criteri della corporate governance; gli amministratori sono tenuti al segreto e non possono riferire neanche agli organi politici che li hanno nominati. È una vera e propria authority. Per questo la Corte Costituzionale tedesca ha avuto difficoltà a dare il via libera alla ratifica.

D. Che cosa dovrebbe fare allora l'Italia in caso di difficoltà economiche?

R. Abbiamo già il Pnrr, oltre al Fondo Europeo per la Disoccupazione.

Non c'è da preoccuparsi se sapremo sfruttare i soldi che stanno arrivando dall'Europa.

D. Giorgia Meloni vorrebbe correggere il Fondo salva-Stati.

R. Bisognerebbe trasformarlo in un organismo governato da decisioni politiche e non da regole di corporate governance. Il Mes non dovrebbe imporre condizioni che non vengono approvate dai Parlamenti dei singoli Stati. La politica economica diventa dannosa se manovrata dall'alto perché di solito non impone riforme anti-cicliche. D. Meglio puntare sul fondo sovrano europeo? R. Sì, perché è una proposta che mira alla mutualizzazione del debito e porterà alla nascita degli eurobond. D. E' di buon auspicio l'apertura agli eurobond del cancelliere Olaf Scholz?

R. È un segnale storico ma anche indicativo delle difficoltà economiche in cui versa la Germania dopo l'aggressione della Russia all'Ucraina. Anche i tedeschi avvertono la necessità di condividere il debito perché la mutualizzazione è l'unica via per mantenere la Ue competitiva.

D. Ne gioverebbe anche la Bce?

R. Emettere debito comune permetterebbe alla Bce di avere più incisività e non subire le oscillazioni dei singoli titoli di Stato. Francoforte si trasformerebbe in una vera banca centrale, come la Federal Reserve.

D. Quando accadrà?

R. Dipende dall'accordo tra Francia e Germania, che dovranno placare tutti i maggiori oppositori, a partire da Olanda e Paesi baltici. Per l'Italia quindi sarà fondamentale coltivare il rapporto con tedeschi e francesi.

D. E il Mes? Potrebbe agevolare la nascita del debito comune?

R. Solo se verrà modificato. Ma mi sembra impossibile.

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January 30, 2023 02:21 ET (07:21 GMT)

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