Per realizzare la transizione digitale occorre necessariamente porre al centro dello sviluppo il paradigma della Data Economy, ovvero quell'estesa catena di attività che valorizzano i dati attraverso processi di generazione, raccolta, elaborazione, analisi, automazione e sfruttamento dei dati resi possibili da tecnologie digitali abilitanti quali il Cloud, l'Internet of Things e gli algoritmi di analisi dei dati.

È questo il punto di partenza dello studio "La Data Economy in Italia e il ruolo del Cloud per la transizione digitale", realizzato da The European House - Ambrosetti su incarico di Tim anticipato oggi, nell'ambito del Forum di The European House - Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Luigi Gubitosi, a.d. di Tim e Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo e già Ministro per l'Istruzione nonche' presidente del Cnr), che ha fatto parte dell'Advisory Board dello Studio.

"Lo sviluppo della Data Economy oggi ha un valore non solo economico ma anche di sicurezza e, in quanto tale, l'Unione Europea e i suoi Stati membri non possono permettersi di rimanere indietro rispetto ai principali competitor, primi tra tutti Usa e Cina" ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di The European House - Ambrosetti. "La Data Economy può attivare benefici per il sistema-Paese su diversi livelli. Innanzitutto, la combinazione di Data Economy e diffusione della Banda Ultra Larga sarà in grado di generare, in Italia, tra i 52,2 e i 78,4 miliardi di Euro all'anno, con un'incidenza crescente sul Pil, dal 3,0% nel 2021 fino al 4,1% nel 2030. Inoltre, lo sviluppo della Data Economy fornirà un contributo rilevante all'occupazione, favorendo la crescita dei "Professionisti dei Dati", il cui numero può raggiungere, nello scenario accelerato, 1,6 milioni al 2030 rispetto ai circa 600mila attuali".

La ricerca, realizzata da The European House - Ambrosetti, si è posta l'obiettivo di analizzare il potenziale della Data Economy per la crescita del Paese, mettendo a punto delle linee d'azione per la sua diffusione e valorizzazione.

La buona notizia è che la risorsa principale su cui si basa la Data Economy, ovvero il dato, è potenzialmente infinita e la quantità generata dai cosiddetti "dispositivi intelligenti" è in costante aumento. Il punto di attenzione è, però, costituito dai ritardi che l'Unione Europea (e quindi anche l'Italia) sconta oggi rispetto ai principali competitor (Stati Uniti e Cina).

Di conseguenza, nonostante l'Europa sia la seconda regione al mondo per numero di utilizzatori di Internet (728 milioni, dopo i 2.525 milioni dell'Asia), solo una società europea è presente nella top-15 globale delle aziende tech per capitalizzazione. Il contributo europeo all'economia delle piattaforme è inoltre pari solo al 4% a livello globale, meno di un quinto rispetto all'Asia (21%) e ben 18,5 volte in meno rispetto agli Stati Uniti (74%). L'eccessiva dipendenza da fornitori tecnologici e da piattaforme gestite da provider non-europei può determinare una perdita di potenziale d'investimento e di sviluppo da parte dell'industria digitale europea. Anche per questi motivi, la Commissione Europea ha pubblicato nel 2020 la propria Data Strategy, incardinata sui paradigmi della sovranità dei dati, dell'apertura e dell'interoperabilità.

All'interno del contesto europeo, l'Italia presenta un quadro particolarmente critico per ciò che riguarda la digitalizzazione della società nel suo complesso: nell'edizione 2020 del DESI, l'Italia è infatti solo 25ma sui 28 Paesi europei. Dalla survey sottoposta a circa 300 imprese del network di The European House - Ambrosetti, è emerso, inoltre, come i principali vincoli allo sviluppo della Data Economy nel Paese siano da ricercare nella mancanza di competenze digitali (primo ostacolo allo sfruttamento dei dati per il 51,5% delle imprese), nella ridotta propensione allo scambio dati (oltre il 50% delle aziende scambia dati con la propria supply chain, ma solo 1 su 3 con la P.A.), e nell'assenza di standard comuni (il più grande ostacolo allo scambio dati per il 40% delle aziende). Inoltre, dalla survey è anche emerso che per 2 piccole imprese su 3 (il 66,7% delle imprese con ricavi tra i 30 e i 50 milioni di Euro), il più grande ostacolo allo scambio di dati tra stakeholder è l'assenza di infrastrutture digitali.

I benefici che la Data Economy può apportare al sistema-Paese sono di varia natura. In primo luogo, l'economia dei dati può contribuire a migliorare la produttività multifattoriale (MFP), che è oggi il principale freno alla crescita e di lungo periodo dell'economia italiana, con un contributo pari a -0,20% nel periodo compreso tra 1995 e 2019, a fronte di un dato positivo in tutti i maggiori Paesi europei. Inoltre, la combinazione della Data Economy e della diffusione della Banda Ultra Larga sarà in grado di generare in Italia, nello scenario base, tra i 52,2 e i 78,4 miliardi di Euro all'anno, con un'incidenza sul PIL in crescita dal 3,0% al 4,1%. Nello stesso scenario, i "Professionisti dei Dati", ovvero i lavoratori il cui impiego primario o maggioritario sia legato alla gestione dei dati, raggiungeranno, nello scenario più accelerato, 1,6 milioni al 2030 rispetto ai circa 600.000 attuali.

Infine, le infrastrutture Cloud, che è la tecnologia cardine su cui si basa il paradigma della Data Economy, possono abilitare risparmi di energia e benefici ambientali rispetto alle tradizionali infrastrutture on-premises, con riduzioni in media del 74% nelle emissioni di CO2.

L'adozione delle tecnologie della Data Economy, in primis il Cloud, attiva inoltre anche benefici per imprese e organizzazioni, indipendentemente dal settore di riferimento o dalla dimensione aziendale. Grazie al Cloud, è possibile focalizzarsi sulle attività a maggiore valore aggiunto e gestire in maniera flessibile i carichi di lavoro, con un impatto positivo medio del +35% sulla produttività del lavoro e una riduzione media del time-to-market del +64%; il sistema pay-as-you-go, il passaggio a costi variabili e l'esternalizzazione della gestione delle piattaforme informatiche al provider permettono poi di ridurre i costi IT in media del -29%; non da ultimo, il Cloud si basa su strumenti e meccanismi che aumentano la resilienza e abilitano meccanismi più efficaci ed efficienti di disaster recovery, garantendo una riduzione media del -57% nell'IT downtime.

Per abilitare i benefici della Data Economy, lo Studio delinea 3 tipi di proposte (sistemiche, per il settore pubblico e per il settore privato), ulteriormente suddivise tra loro in proposte abilitanti, funzionali a porre le basi per la diffusione della Data Economy, e acceleranti, ovvero necessarie ad accelerare la diffusione e la valorizzazione della Data Economy nel Paese. A livello sistemico, pertanto, il pieno dispiegamento della Data Economy richiede l'introduzione di meccanismi regolatori per favorire l'upgrade tecnologico delle reti a Banda Ultra Larga e la previsione di certificazioni funzionali ad accrescere la fiducia tra gli stakeholder nell'utilizzo e lo scambio dei dati (c.d. Digital Trust). Per il settore pubblico, gli ambiti di azione prioritari dovranno riguardare la completa digitalizzazione della P.A. e la creazione di data space di interesse pubblico. Nel settore privato, la valorizzazione della Data Economy passa invece dall'accelerazione del processo di digitalizzazione delle Pmi e dalla creazione di data space nelle principali catene del valore nazionali.

fch

 

(END) Dow Jones Newswires

September 04, 2021 09:27 ET (13:27 GMT)

Copyright (c) 2021 MF-Dow Jones News Srl.
Grafico Azioni Telecom Italia (BIT:TIT)
Storico
Da Mar 2024 a Apr 2024 Clicca qui per i Grafici di Telecom Italia
Grafico Azioni Telecom Italia (BIT:TIT)
Storico
Da Apr 2023 a Apr 2024 Clicca qui per i Grafici di Telecom Italia