Aspi: Orlando, non sarà un'altra Alitalia (Stampa)

"Noi siamo stati aperti sulla strada ma chiari sull'obiettivo: bisognava superare l'assetto precedente che, garantendo grandi utili ai concessionari, aveva provocato tutto quello che sappiamo. Al tempo stesso abbiamo chiesto di recuperare una regia pubblica sino alla definizione di un nuovo assetto. A titolo personale dico: queste operazioni vanno valutate appieno soltanto quando sono messe nero su bianco. Perché in casi come questo il diavolo si può nascondere nei dettagli".

Lo dice, in un'intervista a La Stampa, il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando a proposito dell'accordo raggiunto sul dossier Aspi. "Non bisogna abbassare la guardia, anche perché abbiamo a che fare con interlocutori che hanno una grande capacità di stare nel contenzioso", aggiunge Orlando sottolineando che occorre evitare il rischio di nuove opacità "senza criminalizzazioni e ripensando ai limiti della stagione delle privatizzazioni. La questione non è solo se sia stato giusto farle, ma semmai come sono state fatte. Sappiamo tutto di come si sviluppò quella stagione: le pressioni europee, l'urgenza di far cassa, le responsabilità della destra, che nel caso di Autostrade cambiò le regole a favore dei concessionari. Detto tutto questo, lo Stato si è messo in una posizione di debolezza che non va riproposta".

"L'assetto che si darà al post-Benetton sarà fondamentale per fare in modo che questa operazione sia remunerativa e in grado di generare servizi adeguati. Dobbiamo dimostrare che quando il pubblico è costretto ad intervenire, può farlo in condizioni di efficienza. E infatti non bisogna dimenticare i risultati di partecipate pubbliche che fanno utili e distribuiscono dividendi, come Eni, Enel, Terna, Poste. Ma dobbiamo assolutamente tener conto che si è aperta una stagione completamente nuova alla quale deve corrispondere una macchina pubblica nuova, profondamente rinnovata", conclude Orlando sottolineando che "non erano prevedibili tre interventi da 80 miliardi o che arrivassero così tante risorse dall'Europa. Lo ha "deciso" il Covid, ma questo cambia il modo in cui lo Stato esercita il suo ruolo e pure la sua stessa struttura".

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