"Credo di aver sempre operato per il bene delle aziende per cui ho lavorato. Pertanto, sono davvero sorpreso dalla sentenza del Tribunale di Milano. Sorpreso ed amareggiato. Con questa serena convinzione e nella più totale fiducia nell'operato della magistratura, ricorrerò in appello per vedere riconosciuti gli sforzi profusi durante il mio impegno in B.Mps". È questo, scrive il Corriere della Sera, il commento di Alessandro Profumo alla sentenza del Tribunale di Milano che lo ha condannato insieme con Fabrizio Viola. Una sentenza "sbagliata" per la difesa.

Nel quartiere generale di Leonardo spa, il gruppo che Profumo guida dal 2017, la delusione è palpabile. Così come la sensazione diffusa che possa trattarsi di una di quelle condanne esemplari che offrono finalmente un colpevole a chi chiede giustizia, ma che forse giustizia non fanno se, come evidenziano i legali, la stessa procura aveva chiesto inutilmente prima l'archiviazione, poi l'assoluzione dei due banchieri. E il fatto che qualcuno abbia definito questa sentenza l'"Ustica della finanza", la dice lunga sul clima che certa politica ha mantenuto incandescente.

A sorpresa la questione è esplosa proprio dentro il M5S, da sempre sulle barricate nella battaglia contro il sistema bancario: "Profumo è innocente fino a sentenza definitiva e ha tutto il diritto di ricorrere in appello -attacca Alessandro Di Battista- Ma, per adesso, è un condannato in primo grado. Può, per opportunità politica, continuare a guidare un'azienda come Leonardo? Secondo me no. Ecco perché insistemmo mesi fa sul punto delle nomine". Il riferimento è all'aprile scorso, quando lo stesso Di Battista provò a far saltare la conferma di Claudio Descalzi all'Eni, facendo leva sulle vicende giudiziarie a suo carico.

"Ve lo avevamo detto", s'infiamma ora la senatrice Barbara Lezzi, tra le ribelli, chiedendo che leprossime nomine siano fatte collegialmente.

Intanto il gruppo di Di Battista mette nel mirino la permanenza di Profumo in Leonardo per "ragioni di opportunità". Già, perché va considerato che la condanna è di primo grado ma anche che Leonardo non ha mai recepito nel proprio statuto la clausola etica prevista dalla direttiva Saccomanni del 2013, quella che dispone la non eleggibilità o decadenza dalla carica per coloro che hanno ricevuto un decreto di rinvio a giudizio o di condanna per alcuni reati. Per lo stesso motivo Profumo fu ritenuto nominabile al suo primo mandato, nel 2017, quando sul manager pendeva in quel caso non una condanna ma un rinvio a giudizio per usura bancaria in Mps. In quell'occasione, l'allora ministro dell'Economia (azionista di Leonardo), Pier Carlo Padoan difese la nomina appellandosi a quel mancato recepimento della direttiva. Una spiegazione che non convinse quanti ritengono tuttora che lo statuto societario di una partecipata non può superare la direttiva del suo azionista.

Per dissipare ogni dubbio, ieri Leonardo ha diffuso un comunicato per dire che, in relazione alla condanna di Profumo, "non sussistono cause di decadenza dalla carica" e che la società "esprime piena fiducia nella sua azione auspicando un percorso di continuità". Il manager scade tra tre anni.

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October 16, 2020 02:39 ET (06:39 GMT)

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