B.Mps: così il Tesoro vuole uscire (MF)
04 Giugno 2021 - 8:31AM
MF Dow Jones (Italiano)
Le prossime sei settimane saranno decisive per la
privatizzazione di Mps. Non solo perché, a pochi mesi dalla
scadenza del bonus sulle dta, il consolidamento bancario è
destinato a entrare nel vivo, ma anche perché il Tesoro (primo
azionista al 64%) sembra intenzionato a smarcare il dossier in
tempi rapidi.
Tanto più che la richiesta di una proroga rispetto alla scadenza
di fine anno appare oggi tatticamente poco conveniente per il socio
pubblico, perché rischierebbe di far di nuovo arenare la partita.
Per tutte queste ragioni la roadmap dell'exit potrebbe essere
definita entro luglio, mese nel quale sono peraltro attesi anche
gli esiti degli stress test dell'Eba.La strada maestra per il
Tesoro (assistito da BofA Merrill Lynch e dallo studio Orrick)
resta quella della cessione della banca a un solo compratore per
preservare in tal mondo l'intero perimetro commerciale.
L'ipotesi di una privatizzazione in blocchi non rientrerebbe
quindi tra le opzioni considerate oggi dall'azionista, sebbene
alcune forze politiche locali e nazionali la caldeggino. Chi sarà
il cavaliere bianco? La data room aperta nei mesi scorsi dalla
banca e seguita dagli advisor Mediobanca, Credit Suisse, Bonelli
Erede e Oliver Wyman è ancora deserta, eccezione fatta per il fondo
Apollo che non sembra però molto caldo sul dossier. La partita è
però da tempo nel radar di diverse banche a partire da Unicredit
che, già sotto la gestione dell'ex ceo Jean Pierre Mustier, aveva
avviato timidi contatti col Tesoro. Altri istituti di medie
dimensioni nelle ultime settimane avrebbero avviato contatti con i
consulenti del Mef per acquisire informazioni sul processo in
corso. Prima di aprire una trattativa formale però il Tesoro dovrà
smarcare alcuni problemi spinosi.
A partire da quello relativo ai quasi 10 miliardi di contenzioso
legale che pende oggi sul Montepaschi. Il carico da novanta è stato
posto nell'estate dalla Fondazione Mps che ha presentato una
richiesta di danni da 3,8 miliardi. Per sciogliere questo nodo però
ci sarebbero sul tavolo già diverse opzioni. Una parte delle cause
(soprattutto quelle che riguardano le gestioni più recenti)
potrebbe essere oggetto di accordi transattivi in modo da
ridimensionare il petitum complessivo. Sulle altre posizioni la
banca e il suo principale azionista potrebbero poi attivare due
soluzioni, già parzialmente discusse con la Dg Comp di Bruxelles: o
un premio assicurativo o una financial guarantee su un perimetro di
rischi abbastanza ampio da rassicurare il compratore. Meno
problematica appare la situazione sull'asset quality della banca
senese a cui oggi restano un paio di miliardi di npl e un
portafoglio consistente ma sostenibile di posizioni stage 2, cioè
crediti in bonis che presentano però segnali di incremento di
rischio. Il deconsolidamento di un ulteriore stock di crediti
deteriorati per favorire la privatizzazione non viene quindi visto
come un problema particolarmente serio. Semmai si tratta di capire
se Unicredit, la banca con cui da mesi il Tesoro sta dialogando,
romperà o meno gli indugi sul deal.
fch
(END) Dow Jones Newswires
June 04, 2021 02:17 ET (06:17 GMT)
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