Si prevede un'estate frenetica ai vertici di Unicredit, la banca che si è candidata alla privatizzazione del Montepaschi. Dopo la sottoscrizione dello stringato term sheet con il Tesoro (il documento di quattro pagine e senza numeri che giovedì 29 luglio ha fissato i paletti della negoziazione), tra ieri e oggi piazza Gae Aulenti avrebbe avviato il complesso lavoro di due diligence sui numeri del gruppo senese. Per i prossimi 40 giorni il lavoro occuperà decine di professionisti e sarà supervisionato personalmente dal ceo Andrea Orcel e dai fidati Fiona Melrose e Giacomo Marino (entrato in carica proprio nelle scorse settimane dopo aver lasciato la direzione generale della fondazione Cariverona). Accanto al top management della banca sul deal potrebbero intervenire anche Goldman Sachs e Morgan Stanley con cui già sarebbero in corso contatti, mentre dallo scorso fine settimana decine di società di consulenza italiane e internazionali sono a caccia di un mandato. Il lavoro del resto si preannuncia particolarmente complesso. L'esame dovrebbe infatti articolarsi su quasi una decina di cantieri: dal credito ai rischi legali, dalla gestione contabile alle tematiche fiscali, dai fondi propri al personale, solo per citare le aree più rilevanti. In termini dimensionali l'incombenza maggiore sarà la disamina del portafoglio crediti che oggi ammonta a 82 miliardi. Di questi, 2,2 miliardi sono classificati a bilancio come deteriorati, mentre ulteriori 14,8 miliardi sono i cosiddetti stage 2, le posizioni in bonis che presentano però un livello di rischiosità maggiore. Nel term sheet concordato con il Tesoro Unicredit ha ottenuto l'esclusione dal perimetro dei deteriorati ma è possibile che una forma di garanzia scatti anche su alcune posizioni in stage 2, magari nella forma di una put option che permetta alla banca milanese di retrocedere parte dello stock entro un certo arco temporale. Qualcosa di simile insomma a quanto fatto da Intesa Sanpaolo nell'ambito del salvataggio delle due banche venete nel 2017. I crediti scartati insieme ai rischi legali (scesi a 6,4 miliardi dopo la recente transazione con la Fondazione Mps) dovrebbero confluire in una badco sulla quale potrebbe intervenire Amco, la controllata del Tesoro guidata da Marina Natale e attiva proprio nella gestione delle non performing exposure. La modalità di separazione della good bank dalla badco sarà del resto uno degli aspetti più complessi del processo, anche perché dovrà risultare compatibile con il bonus sulle dta che, nel caso Montepaschi, potrebbe valere oltre due miliardi di euro. Prima che questi aspetti tecnici vengano definiti sarà peraltro impossibile stabilire i termini della fusione della good bank in Unicredit e quindi conoscere il valore della partecipazione detenuta dal Tesoro nella combined entity.

fch

 

(END) Dow Jones Newswires

August 03, 2021 02:25 ET (06:25 GMT)

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