Nel 2019 ha lasciato il vertice di Unicredit dopo 39 anni di servizio. Oggi, solo un paio d'anni dopo, Gianni Franco Papa è rientrato in banca. Questa volta non da manager ma come consigliere della Bper. La Unipol di Carlo Cimbri (primo azionista dell'istituto modenese al 19%) lo ha scelto infatti per sedere nel board presieduto da Flavia Mazzarella e guidato dal ceo Piero Montani. Da questo nuovo punto di osservazione Papa è tornato così a monitorare lo stato di salute del sistema bancario e dell'economia italiana.

Domanda. Papa, lei è appena rientrato in banca come consigliere di Bper. Che situazione ha ritrovato nel mondo del credito dopo qualche anno di assenza?

Risposta. Sono sempre stato convinto che le banche non siano la causa, ma la soluzione di molti problemi del tessuto economico e gli eventi dell'ultimo anno lo dimostrano. Nei mesi della pandemia il sistema bancario italiano si è mosso con decisione per mettere in sicurezza le aziende e accompagnarle verso quella ripresa di cui vediamo già segnali concreti. In questo sforzo sono state profuse grandi energie. Pensiamo soltanto all'adozione massiccia dello smart working e al forte potenziamento delle tecnologie, misure prese per garantire la continuità del servizio anche nelle fasi più critiche della pandemia. Da questo specifico punto di vista si può dire che i risultati siano stati molto promettenti e che le banche italiane abbiano anticipato di 4-5 anni i traguardi della digitalizzazione.

D. A proposito di ripresa, i segnali le sembrano incoraggianti?

R. Molto. Grazie alla massiccia campagna di vaccinazioni, stiamo assistendo a una ripresa sempre più solida. Il segnale più significativo è il balzo dei consumi, sostenuto anche dall'importante cuscinetto di risparmi che le famiglie hanno accumulato nell'ultimo anno. La gente ha voglia di uscire e di tornare a vivere e l'economia ne beneficerà come dimostrano le previsioni di crescita del pil italiano.

D. In questo contesto qual è lo stato di salute delle imprese?

R. L'economia italiana è da sempre a macchia di leopardo e questa fase non fa eccezioni. Sono numerosi però i casi di aziende in ripresa che stanno mettendo in campo importanti piani di investimento per migliorare la produttività e consolidare i canali digitali. Il Pnrr darà certamente una mano e in prima linea oggi ci sono soprattutto imprenditori che hanno scelto di rischiare e di scommettere sull'innovazione.

D. Per molte aziende c'è però un problema di debito che andrà affrontato allo scadere delle moratorie. Come valuta la situazione?

R. In primo luogo occorre ricordare che parte delle moratorie è già scaduta in aprile senza particolari traumi per il mondo del credito. L'estensione a fine anno darà un aiuto ulteriore, favorendo interventi di rinegoziazione o rimodulazione dell'indebitamento, senza dimenticare l'impatto positivo della ripresa economica. In secondo luogo, molte aziende hanno fatto ricorso alla liquidità garantita soprattutto in via precauzionale, senza trovarsi in situazione di stress finanziario ma solo per tenere fieno prezioso in cascina. In questi casi non mi aspetto problematiche di sorta. In terzo luogo, negli ultimi anni le banche italiane hanno fatto molto per migliorare l'asset quality portandola a livelli di eccellenza in ambito europeo. Senza dubbio insomma il debito di aziende e privati andrà monitorato con attenzione, ma certi toni eccessivamente pessimistici mi sembrano fuori luogo.

D. Come fece il suo predecessore e attuale premier Draghi 14 anni fa, nelle Considerazioni Finali di quest'anno il governatore di Bankitalia Visco ha insistito molto sul tema delle aggregazioni. Una strada obbligata per le banche medie e piccole?

R. I requisiti della compliance e della regolamentazione in generale, la trasformazione digitale e gli altri investimenti ormai ineludibili richiedono già oggi una scala che molti istituti non hanno. È ormai un processo irreversibile, senza considerare che da un punto di vista commerciale parte della clientela tende già soprattutto perché la clientela potrebbe a spostarsi verso altri intermediari non regolamentati come le fintech o le startup digitali, più veloci e flessibili nell'offrire prodotti e servizi innovativi. Ecco perché ritengo che il consolidamento sia un passaggio necessario in Italia come in altri paesi europei. La sfida in più per il nostro Paese è creare poli alternativi ai due grandi gruppi, che oggi distaccano ampiamente il resto del sistema. È una situazione che vediamo in Francia, Spagna, Regno Unito e Germania e ritengo auspicabile che si determini anche qui, a tutto vantaggio della concorrenza.

D. Finora, in Spagna come in Italia, il consolidamento è stato principalmente domestico. Pensa che ci sia spazio per operazioni transfrontaliere o è scettico, come molti suoi colleghi?

R. È indubbio che le operazioni domestiche presentino oggi più vantaggi sul fronte delle sinergie di costo e di ricavo. In aggiunta occorre considerare le criticità poste da un mercato assai particolare come quello europeo in cui manca ancora una completa armonizzazione per le aggregazioni crossborder. Negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti preziosi sul fronte della regolamentazione, ma credo che serva ancora qualche ulteriore messa a punto. Non è un caso se i giganti statunitensi del credito come Citi, Jp Morgan o Bank of America sono cresciuti fino a raggiungere le dimensioni attuali muovendosi sostanzialmente in un mercato unico. Il gap tra istituti americani ed europei è figlio anche di questo diverso retroterra istituzionale. Detto ciò, non dimentichiamo che già oggi abbiamo gruppi bancari italiani di vocazione europea. Un esempio su tutti è quello di Unicredit, che a un forte radicamento in Italia ha saputo affiancare una crescita su molti mercati internazionali.

D. Lei ha lavorato 39 anni in Unicredit, dove ha raggiunto l'incarico di direttore generale, e da aprile è consigliere di Bper. Come è cambiata la professione del banchiere nel corso della sua carriera?

R. Nel secolo scorso il banchiere era perlopiù un professionista con una infarinatura generale in materie economico-finanziarie e una solida rete di relazioni sul territorio. Oggi andiamo verso la specializzazione e gli stakeholder e il mercato richiedono soprattutto una visione strategica. Il banchiere deve essere in grado di prevedere le preferenze e i bisogni di una clientela più consapevole, che si è fatta assai più esigente. La fedeltà verso la banca è un fenomeno assai più relativo rispetto al passato e il banchiere deve esserne consapevole nel fare le proprie scelte.

fch

 

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June 07, 2021 02:14 ET (06:14 GMT)

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