Banche: Papa, il duopolio non basta (Mi.Fi.)
07 Giugno 2021 - 8:20AM
MF Dow Jones (Italiano)
Nel 2019 ha lasciato il vertice di Unicredit dopo 39 anni di
servizio. Oggi, solo un paio d'anni dopo, Gianni Franco Papa è
rientrato in banca. Questa volta non da manager ma come consigliere
della Bper. La Unipol di Carlo Cimbri (primo azionista
dell'istituto modenese al 19%) lo ha scelto infatti per sedere nel
board presieduto da Flavia Mazzarella e guidato dal ceo Piero
Montani. Da questo nuovo punto di osservazione Papa è tornato così
a monitorare lo stato di salute del sistema bancario e
dell'economia italiana.
Domanda. Papa, lei è appena rientrato in banca come consigliere
di Bper. Che situazione ha ritrovato nel mondo del credito dopo
qualche anno di assenza?
Risposta. Sono sempre stato convinto che le banche non siano la
causa, ma la soluzione di molti problemi del tessuto economico e
gli eventi dell'ultimo anno lo dimostrano. Nei mesi della pandemia
il sistema bancario italiano si è mosso con decisione per mettere
in sicurezza le aziende e accompagnarle verso quella ripresa di cui
vediamo già segnali concreti. In questo sforzo sono state profuse
grandi energie. Pensiamo soltanto all'adozione massiccia dello
smart working e al forte potenziamento delle tecnologie, misure
prese per garantire la continuità del servizio anche nelle fasi più
critiche della pandemia. Da questo specifico punto di vista si può
dire che i risultati siano stati molto promettenti e che le banche
italiane abbiano anticipato di 4-5 anni i traguardi della
digitalizzazione.
D. A proposito di ripresa, i segnali le sembrano
incoraggianti?
R. Molto. Grazie alla massiccia campagna di vaccinazioni, stiamo
assistendo a una ripresa sempre più solida. Il segnale più
significativo è il balzo dei consumi, sostenuto anche
dall'importante cuscinetto di risparmi che le famiglie hanno
accumulato nell'ultimo anno. La gente ha voglia di uscire e di
tornare a vivere e l'economia ne beneficerà come dimostrano le
previsioni di crescita del pil italiano.
D. In questo contesto qual è lo stato di salute delle
imprese?
R. L'economia italiana è da sempre a macchia di leopardo e
questa fase non fa eccezioni. Sono numerosi però i casi di aziende
in ripresa che stanno mettendo in campo importanti piani di
investimento per migliorare la produttività e consolidare i canali
digitali. Il Pnrr darà certamente una mano e in prima linea oggi ci
sono soprattutto imprenditori che hanno scelto di rischiare e di
scommettere sull'innovazione.
D. Per molte aziende c'è però un problema di debito che andrà
affrontato allo scadere delle moratorie. Come valuta la
situazione?
R. In primo luogo occorre ricordare che parte delle moratorie è
già scaduta in aprile senza particolari traumi per il mondo del
credito. L'estensione a fine anno darà un aiuto ulteriore,
favorendo interventi di rinegoziazione o rimodulazione
dell'indebitamento, senza dimenticare l'impatto positivo della
ripresa economica. In secondo luogo, molte aziende hanno fatto
ricorso alla liquidità garantita soprattutto in via precauzionale,
senza trovarsi in situazione di stress finanziario ma solo per
tenere fieno prezioso in cascina. In questi casi non mi aspetto
problematiche di sorta. In terzo luogo, negli ultimi anni le banche
italiane hanno fatto molto per migliorare l'asset quality
portandola a livelli di eccellenza in ambito europeo. Senza dubbio
insomma il debito di aziende e privati andrà monitorato con
attenzione, ma certi toni eccessivamente pessimistici mi sembrano
fuori luogo.
D. Come fece il suo predecessore e attuale premier Draghi 14
anni fa, nelle Considerazioni Finali di quest'anno il governatore
di Bankitalia Visco ha insistito molto sul tema delle aggregazioni.
Una strada obbligata per le banche medie e piccole?
R. I requisiti della compliance e della regolamentazione in
generale, la trasformazione digitale e gli altri investimenti ormai
ineludibili richiedono già oggi una scala che molti istituti non
hanno. È ormai un processo irreversibile, senza considerare che da
un punto di vista commerciale parte della clientela tende già
soprattutto perché la clientela potrebbe a spostarsi verso altri
intermediari non regolamentati come le fintech o le startup
digitali, più veloci e flessibili nell'offrire prodotti e servizi
innovativi. Ecco perché ritengo che il consolidamento sia un
passaggio necessario in Italia come in altri paesi europei. La
sfida in più per il nostro Paese è creare poli alternativi ai due
grandi gruppi, che oggi distaccano ampiamente il resto del sistema.
È una situazione che vediamo in Francia, Spagna, Regno Unito e
Germania e ritengo auspicabile che si determini anche qui, a tutto
vantaggio della concorrenza.
D. Finora, in Spagna come in Italia, il consolidamento è stato
principalmente domestico. Pensa che ci sia spazio per operazioni
transfrontaliere o è scettico, come molti suoi colleghi?
R. È indubbio che le operazioni domestiche presentino oggi più
vantaggi sul fronte delle sinergie di costo e di ricavo. In
aggiunta occorre considerare le criticità poste da un mercato assai
particolare come quello europeo in cui manca ancora una completa
armonizzazione per le aggregazioni crossborder. Negli ultimi anni
sono stati fatti passi avanti preziosi sul fronte della
regolamentazione, ma credo che serva ancora qualche ulteriore messa
a punto. Non è un caso se i giganti statunitensi del credito come
Citi, Jp Morgan o Bank of America sono cresciuti fino a raggiungere
le dimensioni attuali muovendosi sostanzialmente in un mercato
unico. Il gap tra istituti americani ed europei è figlio anche di
questo diverso retroterra istituzionale. Detto ciò, non
dimentichiamo che già oggi abbiamo gruppi bancari italiani di
vocazione europea. Un esempio su tutti è quello di Unicredit, che a
un forte radicamento in Italia ha saputo affiancare una crescita su
molti mercati internazionali.
D. Lei ha lavorato 39 anni in Unicredit, dove ha raggiunto
l'incarico di direttore generale, e da aprile è consigliere di
Bper. Come è cambiata la professione del banchiere nel corso della
sua carriera?
R. Nel secolo scorso il banchiere era perlopiù un professionista
con una infarinatura generale in materie economico-finanziarie e
una solida rete di relazioni sul territorio. Oggi andiamo verso la
specializzazione e gli stakeholder e il mercato richiedono
soprattutto una visione strategica. Il banchiere deve essere in
grado di prevedere le preferenze e i bisogni di una clientela più
consapevole, che si è fatta assai più esigente. La fedeltà verso la
banca è un fenomeno assai più relativo rispetto al passato e il
banchiere deve esserne consapevole nel fare le proprie scelte.
fch
(END) Dow Jones Newswires
June 07, 2021 02:14 ET (06:14 GMT)
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