Con questo intervento MF-Milano Finanza avvia un dibattito sul futuro delle banche italiane alla luce delle prossime aggregazioni e di tutte le possibili opzioni, come descritto in Orsi & Tori del 5 giugno.

L'editoriale di Paolo Panerai su «Orsi e Tori» pubblicato sabato 5 giugno su Milano Finanza solleva un problema, a proposito delle aggregazioni bancarie che richiede, come egli ha scritto, un chiarimento in sede istituzionale. Tra Unicredit, Banco Bpm, Montepaschi, Popolare di Sondrio (che si trasformerà in Spa) Carige e Bper (oltre al Credito Emiliano) si potranno registrare evoluzioni che potranno condurre ad aggregazioni a due o a tre aggreganti e aggregandi. Nell'editoriale sono capillarmente descritte le possibili soluzioni, con i pro e i contro, e le relative alternative.

Nella situazione attuale la posizione che appare più lucida e insieme più determinata è quella di UnipolSai, con il suo ad Carlo Cimbri, che da poco è salita al 9% nella predetta Popolare, lasciando intendere la possibilità, sia pure non ravvicinata, di un'operazione con Bper, di cui Unipol detiene circa il 20%. Pende ormai da oltre un anno la questione Montepaschi: l'ipotesi della realizzazione di una vendita da parte del Tesoro, a «spezzatino», contestata da più parti e poi eclissatasi, sembra ritorni ora, ma con l'adozione di una tale modalità non da parte del Tesoro che dismetta la sua partecipazione al 64%, ma successivamente, a opera dell'acquirente che, intanto, fruirebbe dei benefici della trasformazione delle attività fiscali differite (Dta) in crediti d'imposta in occasione della concentrazione per poi procedere all'alienazione di «disiecta membra» della banca aggregata.

Si tratterebbe tuttavia di un'operazione del pari e forse ancor più inaccettabile, concretandosi in una sorta d'aggiramento della norma. Qualcuno spererebbe che, in occasione della conversione in legge del decreto «Sostegni bis», il livello delle Dta trasformabili sia aumentato in modo tale da rendere più appetibili le operazioni di fusione. In ogni caso, sinora si era confidato sulla leva fiscale quale incentivo a una riorganizzazione e al consolidamento di parti fondamentali del settore bancario, che di queste operazioni ha bisogno. Le aspettative, poggiate su crediti d'imposta sfruttabili in un non breve periodo, sembrano ora ridimensionate. Ma resta fondamentale il ruolo della Vigilanza chiamata in ballo da Panerai, quella nazionale e quella accentrata nella Bce. Intervenendo al Festival dell'economia di Trento, il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha detto, a proposito del ritorno dello Stato soprattutto nella fase d'uscita dalla pandemia e della costruzione di un nuovo mondo, che si ha bisogno non di uno Stato produttore, bensì regolatore e responsabile che guidi la ristrutturazione produttiva, che non può essere lasciata a se stessa, sia pure senza sostituirsi alle imprese. Un comportamento similare, fatte le dovute, fondamentali distinzioni per materia e per gradi dell'intervento pubblico, si richiederebbe per le banche.

Il timore che un atteggiamento proattivo della Vigilanza possa essere scambiato per dirigismo non ha un grande fondamento: semmai ci sarebbe molto da spiegare in nome della «parresia», molto da rendere pubblico, coerentemente con i vincoli imposti dalla materia, molto su cui esercitare una necessaria «accountability». La storia della Vigilanza, sia pure nella diversità del quadro normativo, dovrebbe essere un necessario punto di riferimento costante. L'incomprensione del presente nasce fatalmente dall'ignoranza del passato, ha scritto Marc Bloch, soprattutto se questo passato viene quotidianamente rivalutato anche con riferimento a vicende nelle quali si va affermando una verità storica e che evocano raffronti con altre vicende che ancora sarebbero da indagare profondamente dal punto di vista storico. Panerai si è rivolto, come accennato, anche alla Vigilanza nazionale sapendo bene che sulle materie sopra accennate ha una competenza solo di primo livello, mentre quella decisionale è propria della Vigilanza unica.

Ciò, se evidenzia i gravi errori compiuti nel promuovere un accentramento che confligge con il Trattato Ue; d'altro canto, data l'autorevolezza della Banca d'Italia, così come ci si pronuncia sulla politica economica e di finanza pubblica, non sarebbe uno «sbrego» istituzionale esplicitare indirizzi, obblighi di comportamenti, criteri e presupposti per operazioni di riorganizzazione bancaria, andando oltre le indicazioni contenute nelle recenti Considerazioni Finali. Il tutto accompagnato da un'azione di «moral suasion» che non lederebbe di certo l'autonomia delle banche e del mercato. Del resto, la stessa Vigilanza della Bce ha impartito alcune disposizioni su questi argomenti e ha stabilito la necessità di un confronto con essa largamente preventivo sulle operazioni in questione da parte degli istituti coinvolti. Si è così di fatto riesumata una sorta di «informativa preventiva», che aveva suscitato una reazione ad opera di soggetti incompetenti quando, disposta dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, era vigente in Italia e aveva come soggetto destinatario la Banca d'Italia. Ma non è soltanto sugli aspetti indicati che occorre intervenire. Bisognerebbe sottoporre a revisione la funzione di Supervisione nell'interesse di questa stessa funzione, non escludendo i rapporti, da un lato, con gli Stati, dall'altro, con l'Autorità giudiziaria nazionale ed europea. Va ribadita poi la necessità di coerenza tra la Supervisione bancaria e la politica monetaria. Non a caso, quasi un secolo fa, si cominciò a pensare di allocare il controllo sulle banche presso l'Istituto che allora era d'emissione e che nei fatti esercitava «in nuce» una politica monetaria. Vi è, insomma, l'esigenza di un riordino dell'architettura dei controlli e degli indirizzi delle politiche. Di ciò dovrebbe far parte anche la soppressione dell'Eba -magari nel contesto del riordino delle Authority europee- la quale finora, non tanto per la sua azione che pure lascia molto a desiderare, quanto per la confusione e la parcellizzazione istituzionale, si presenta come un organo da sottoporre a un processo di semplificazione che ne evidenzierebbe la superfluità. O processi della specie si impongono solo in Italia e in altri Paesi, ma non per le istituzioni dell'Unione? Insomma l'editoriale di Panerai ha aperto un'importante, complessa discussione. È auspicabile che altri seguano e che dal versante istituzionale arrivino risposte e chiarimenti. Ciò dovrebbe essere visto come interesse delle stesse istituzioni.

fch

 

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June 08, 2021 02:14 ET (06:14 GMT)

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