Banco Bpm ha salutato positivamente la soluzione della partita Carige che non solo consentirà al sistema bancario italiano di neutralizzare uno degli ultimi elementi di instabilità, ma ha permesso risparmi sostanziali agli istituti grazie alla competizione tra i pretendenti. Questa comunque non è l'unica notizia positiva in queste prime settimane dell'anno per Giuseppe Castagna, ceo del gruppo di Piazza Meda. Dopo un 2021 eccezionale per l'economia italiana, anche il 2022 potrebbe riservare molte sorprese positive a partire dall'implementazione del Pnrr. Il terzo polo bancario? Un progetto cruciale, ma non sarà solo questione di dimensioni.

Domanda. Dottor Castagna, come valuta lo stato di salute dell'economia italiana a inizio 2022?

Risposta. È sicuramente una fase di cambiamento anche se molti segnali sono positivi, specie se confrontati con le previsioni pessimistiche degli anni scorsi. Il 2021 è stato un anno straordinario per l'Italia sia a livello economico che politico e il tessuto produttivo ha dimostrato una capacità di resilienza notevole, come osserviamo tutti i giorni con la nostra clientela. L'andamento economico del 2022 dipenderà anche da alcuni appuntamenti importanti come l'elezione del nuovo presidente della Repubblica e dai riflessi economici della pandemia che nell'ultimo mese ha registrato un incremento dei numeri. Ci aspettiamo che il quadro si stabilizzi e, se così andrà, ci sono ottime ragioni per essere ottimisti. Le premesse del resto ci sono: il sistema bancario è solido, i fondi messi a disposizione dall'Europa sono molto consistenti e la riserva di liquidità delle aziende è ingente. Quanto alle altre incognite, ci sono diversi punti di vista sul rincaro considerevole delle materie prime in tutti i settori. Molti ritengono che l'effetto, legato principalmente al rimbalzo della crescita, sarà di breve durata.

D. Abi e altre organizzazioni chiedono un prolungamento delle misure di sostegno. Qual è il suo punto di vista?

R. Abi fa bene il suo mestiere ed è attenta a tutelare sia le banche che la clientela. Vista la recrudescenza della pandemia è ragionevole pensare che le misure di sostegno possano essere prolungate. È una riflessione analoga a quella che viene portata avanti sul patto di stabilità. Ci siamo resi conto che serve flessibilità per gestire l'emergenza e, proprio per questa ragione, per le banche avrebbe senso riaprire il dibattito sulle regole senza tornare agli automatismi pre-pandemia. Sia chiaro: i dati non ci descrivono un quadro drammatico. Il 75% delle moratorie è rientrato regolarmente e anche dal 25% residuo non ci attendiamo grandi problemi. Ci sono però code molto delicate rappresentate da centinaia di aziende che non ce la fanno, soprattutto nei settori più penalizzati dalla crisi. In questi ambiti ritengo doveroso chiedere al legislatore e al regolatore strumenti flessibili per accompagnare il tessuto produttivo verso la normalità.

D. Qual è lo stato di salute del vostro portafoglio crediti alla scadenza delle moratorie?

R. Prima del Covid le operazioni garantite dallo stato erano l'1% dello stock, mentre ora sono al 16%. Inoltre, molte posizioni sono state allungate e c'è più respiro per i debitori. Senza dimenticare che le aziende hanno potuto mettere da parte una consistente mole di liquidità che ora potranno investire. Un dato su tutti: nel 2021 il tasso di default è migliorato, scendendo sotto l'1%. L'anno prossimo potrebbe salire, ma non ci aspettiamo incrementi drammatici.

D. A due mesi dalla presentazione come sta avanzando il vostro piano industriale?

R. Il piano ha tre pilastri fondamentali. Da un lato c'è la forte spinta sul digitale che vuole essere la prosecuzione delle operatività introdotto con la pandemia. Le operazioni da remoto hanno superato l'80% del totale senza per questo pregiudicare la qualità del servizio. Il secondo pilastro è rappresentato dalle fabbriche prodotto, a partire dalla bancassurance. Internalizzare questi servizi ci darà un beneficio economico importante che stimiamo in 100 milioni all'anno senza alcun assorbimento di capitale; abbiamo già iniziato a lavorare in questa direzione attivando un progetto dedicato. Per noi insomma è una opportunità straordinaria. Il terzo capitolo è rappresentato dalla vicinanza ai nostri clienti; qui stiamo lavorando alla creazione di 150 presidi dedicati al mondo delle imprese che ci consentiranno di presidiare meglio i territori e di offrire un servizio più completo a questa essenziale tipologia di clienti.

D. Da socio del Fitd, che valutazione dà dell'intervento in corso su Banca Carige?

R. La valutazione è positiva e personalmente ho condiviso l'operato del Fitd. Ogni iniziativa che stabilizzi il sistema bancario e metta in sicurezza le realtà più fragili ci vede favorevoli. Per fortuna ormai si tratta di pochi casi isolati, poichè negli ultimi anni gran parte del sistema creditizio ha fatto un profondo lavoro di risanamento e ristrutturazione. Peraltro, a differenza di quanto accaduto in passato, nel caso Carige c'è stata una vera competizione da cui hanno ovviamente tratto vantaggio il Fitd e il sistema bancario nel suo complesso.

D. L'altro dossier incagliato è Mps. Che soluzione auspica per la banca senese?

R. Prima o poi questo dossier verrà riaperto anche se oggi, alla luce del negoziato aperto con la Commissione Europea, parlare di privatizzazione mi sembra prematuro. Insomma, c'è poco da dire da questo punto di vista. Per fortuna, lo ribadisco, stiamo parlando di casi isolati all'interno di un comparto che, anche negli anni della pandemia, ha dato prova di solidità e resilienza.

D. In questo contesto il consolidamento rimane una priorità per Banco Bpm?

R. Quando abbiamo deciso di presentare il piano industriale a novembre, abbiamo capito che nonostante i nostri tentativi di dialogo con vari interlocutori, nessuno era ancora pronto. Occorre però ricordare che Banco Bpm ha già alle spalle una fusione e cinque intensi anni di ristrutturazione. In questo periodo la banca è cambiata molto sia come solidità finanziaria, sia come capacità commerciale. Quando si parla di terzo polo, non si parla solo di incrementare le proprie dimensioni ma anche di avere la capacità di far concorrenza sulla qualità dei servizi a due banche fortissime come Intesa Sanpaolo e Unicredit. Sei terzo polo se nel rapporto con la clientela ti presenti come alternativa valida e non solo perché hai aumentato il tuo numero di filiali. Questo è il nostro obiettivo, con o senza aggregazioni.

D. La trasformazione in spa della Popolare di Sondrio chiude definitivamente il capitolo della riforma delle banche popolari. Per voi, da ex banca popolare, cosa rimane oggi di quel passato?

R. La riforma è stato un game changer che ha tolto a molti istituti il baluardo del voto capitario e ha aperto la strada al consolidamento. Proprio per questa ragione però noi l'abbiamo da subito vista come opportunità e siamo stati tra i primi a muovere verso la spa. Malgrado il cambio di governance però siamo rimasti molto legati allo spirito popolare. Ci fa piacere essere vicini al territorio, alle famiglie e alle piccole imprese. Sono peraltro i nostri clienti a chiedercelo con convinzione. Lo abbiamo dimostrato mantenendo i nostri brand e lanciando sei fondazioni per sostenere progetti sociali per i territori.

D. Senza azionisti di riferimento non è più probabile l'ipotesi di un'opa ostile. La contendibilità è un problema?

R. Indubbiamente siamo contendibili. Non avere azionisti di riferimento può far sentire più libero il management ma, viceversa in un periodo di trasformazione come quello che stiamo attraversando oggi, ritengo importante avere soci con cui confrontarsi. Oggi questo è un aspetto in cui la banca può migliorare ringraziando ovviamente gli azionisti che, pur per importi piccoli rispetto al capitale, hanno mantenuto nel tempo le proprie partecipazioni. Sono convinto che oggi Banco Bpm sia in grado di attrarre nuovi investitori con prospettive di una remunerazione significativa del capitale.

D. Il mondo della finanza sta cambiando tra big tech e criptovalute. Un banchiere di lungo corso come lei come valuta questi nuovi fenomeni?

R. Sulle bigtech il vero tema è la mancanza di regole uguali per tutti. La iper-regolamentazione del settore finanziario non trova riferimento in quanto accade per i colossi tecnologici che peraltro hanno già un forte vantaggio dimensionale. Quanto alle criptovalute più che preoccupato sono distaccato. Penso che si tratti di un fenomeno speculativo che avvantaggia solo alcuni in un contesto caratterizzato, ancora una volta, da una mancanza assoluta di regole e di trasparenza. Auspico invece che la digitalizzazione abbia una concreta presenza anche nel mondo della moneta, con l'affermazione dell'euro digitale e della tecnologia blockchain

D. A proposito di investimenti opachi, nelle scorse settimane si è riaccesa la polemica sullo scandalo diamanti. Per voi è un capitolo chiuso?

R. Sì, è così. Lo riteniamo un altro obiettivo raggiunto dalla banca. Abbiamo ereditato la vicenda, collaborato con tutte le Autorità, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo affrontato le posizioni dei clienti coinvolti sia individualmente che con le associazioni dei consumatori. Ad oggi sono state concluse transazioni su circa il 90% delle posizioni oggetto di reclamo e stiamo lavorando per venire incontro alle esigenze di tutti gli altri clienti, avendo peraltro già appostato i relativi oneri in bilancio.

D. La più grande sfida del 2022 sarà senza dubbio l'implementazione del Pnrr. Che ruolo avranno le banche?

R. In banca siamo tutti preparati e attrezzati. Abbiamo creato strutture dedicate, non solo per gestire la contingenza ma anche perché riteniamo che la prassi del ricorso ai finanziamenti europei possa finalmente consolidarsi anche in Italia. Rimane da precisare come gli istituti potranno intermediare i progetti finanziari: anticipando le risorse alla pubblica amministrazione, lavorando con le aziende, scontando i finanziamenti o altro ancora. Appena ci saranno informazioni più precise noi siamo pronti a fare la nostra parte.

fch

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January 17, 2022 02:23 ET (07:23 GMT)

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