Proseguono i contatti tra Banco Bpm e Credit Agricole. Fonti vicine al dossier confermano a Il Giornale che i contatti tra il gruppo guidato dall'a.d., Giuseppe Castagna, e quello diretto da Giampiero Maioli sono in corso. Ufficialmente per discutere del posticipo dell'opzione put relativa al 10% della finanziaria Agos (61% Crédit Agricole e 39% Banco Bpm). Piazza Meda può, infatti, cedere entro giugno prossimo un decimo del capitale della joint venture a 150 milioni di euro. È probabile, pertanto, che queste interlocuzioni "tracimino" anche all'M&A vero e proprio. Da quando, la scorsa estate, Castagna ha dichiarato che "Intesa-Ubi cambia il contesto competitivo" e che "due-tre grandi poli bancari sarebbero necessari", Banco Bpm è stato al centro di varie speculazioni anche perché l'ad ha confermato che il gruppo si sta guardando intorno.

Gli eventi delle ultime settimane hanno cambiato un po' lo scenario. La nomina dell'ex ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, alla presidenza di Unicredit sembra prefigurare la possibilità che sia Piazza Gae Aulenti a rilevare B.Mps quando tornerà in bonis, considerato che al vertice siede proprio colui che ne ha orchestrato il salvataggio. Analogo discorso per Bper che sta affrontando un aumento di capitale per rilevare i 532 sportelli Ubi che Intesa cederà. Dal punto di vista esclusivamente teorico l'integrazione tra Banco Bpm e Credit Agricole Italia presenterebbe poche problematiche. I rischi di execution sono tutti legati al contesto macroeconomico, giacché l'operazione sarebbe fattibile tramite una fusione visto che la filiale italiana della banque verte non è quotata.

Il problema, eventualmente, sarebbe il fatto che Credit Agricole diverrebbe il principale socio del terzo gruppo bancario italiano, circostanza che potrebbe indispettire i "sovranisti finanziari" di maggioranza e opposizione. Banco Bpm ha circa 180 miliardi di attivi al 30 giugno, poco meno del triplo di Credit Agricole Italia. Per l'integrazione si starebbe ragionando su un 60%-40%, dunque i francesi che hanno l'85% della controllata italiana potrebbero detenere oltre un terzo del capitale dell'entità post-combinazione, rappresentando una maggioranza di blocco a fronte di un azionariato molto frammentato come quello di Banco Bpm (il 4,9% di Capital Research e il 4,1% detenuto complessivamente dalle Fondazioni Crt, Lucca, Alessandria e Cariverona). Per quanto l'integrazione abbia senso industriale visto che Banco Bpm potrebbe diventare un distributore francese (ha due partnership di bancassurance con Cattolica e Covea e detiene il 20% di Anima), la futura governance non è un problema trascurabile.

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October 16, 2020 03:03 ET (07:03 GMT)

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