Borsa: la Piazza è semivuota (Mi.Fi.)
10 Maggio 2021 - 8:49AM
MF Dow Jones (Italiano)
Alle prese con il bisogno di nuovi capitali e con le esigenze di
crescita l'imprenditore italiano ha un dilemma: dove cercare il
denaro che serve alla sua azienda? Da una parte c'è la via più
tradizionale e sicura, ossia quella del finanziamento bancario.
Dall'altra la tentazione del private equity e della sua enorme mole
di liquidità.
Poi c'è la terza via, quella più rischiosa ma potenzialmente più
remunerativa: l'ingresso nel mercato dei capitali. Una soluzione,
quella dell'ipo, che specie in questa fase (l'indice Msci Italy da
inizio anno si è apprezzato di quasi il 10%) dovrebbe rappresentare
la scelta primaria per l'accesso a nuovi capitali. Invece i numeri
raccontano un'altra storia: le quotazioni a Piazza Affari, se si
esclude il dinamismo del segmento Aim dedicato alle pmi, sono
pochissime. Dal 2020 appena tre grandi realtà sono approdate sul
Mercato telematico azionario (Mta), quello dedicato alle aziende
con oltre 40 milioni di capitalizzazione: lo scorso anno Gvs e nel
2021 Philogen e Seco.
«La quotazione su Mta», commenta Giovanni Tamburi, numero uno di
Tamburi Investment Partners, «ha i suoi tempi e i suoi procedimenti
e il processo è ancora articolato, malgrado gli sforzi di
semplificazione». Un vespaio di documenti, informative e requisiti
poco conciliabile con la cultura di una classe imprenditoriale che
alla corsa a ostacoli della compliance borsistica «continua a
preferire un modello bancocentrico», lamenta Giovanni Natali,
amministratore delegato e direttore generale di 4Aim Sicaf. Tolto
il mondo delle partecipate statali, infatti, molti dei colossi
industriali italiani come Ferrero, Barilla o Armani, non sentono il
bisogno di quotarsi. «Il tema è anche generazionale», prosegue
Natali, «ma le grandi imprese familiari prima o poi si trovano a
dover consegnare carta quotata a figli e nipoti: non li si può
costringere a portare avanti lo stesso lavoro che faceva il
bisnonno cento anni prima».
Un ottimismo condiviso anche da Tamburi: «Arriveranno anche le
quotazioni sui mercati principali», prevede il banchiere
d'investimenti.E poi c'è l'Aim, l'unica fucina di matricole in
questa fase a Piazza Affari. «In questo campo siamo già ai vertici
delle statistiche europee», sottolinea Natali. «Se togliamo Londra,
in Italia ci sono più ipo che negli altri mercati del Vecchio
Continente». MF-Milano Finanza ha già evidenziato che chi negli
ultimi due anni ha deciso di quotarsi sull'Aim ha visto la
capitalizzazione crescere di oltre il 70%: ultima in ordine di
tempo Jonix, società di sanitizzazione dell'aria che ha debuttato
il 4 maggio con un rialzo del 12%. «Si tratta di un mercato più
semplice, più dinamico, più adatto alla piccola e media impresa
nazionale», elenca Tamburi, evidenziando i punti di forza del
segmento.
Nonostante i numeri appaiano incoraggianti, però, c'è il
rovescio della medaglia: la capitalizzazione media delle quotate
sull'Aim è ancora bassa e per far crescere davvero il mercato
bisognerebbe attirare molte più imprese attingendo al bacino di
oltre 2 mila pmi quotabili individuato da Bankitalia. A mettere il
freno alla prospettiva dell'ipo è, come detto, la compliance: la
tabella pubblicata in pagina mostra i requisiti regolamentari
richiesti da Aim Italia ed Euronext nei rispettivi segmenti
dedicati alle pmi, Growth e Access. È quest'ultimo, quello più
agile in assoluto, a rappresentare la tentazione maggiore per chi
vuole snellire una volta per tutte il processo di quotazione:
nessuna reportistica semestrale, zero obblighi informativi per
azionisti rilevanti, specialist non obbligatorio, mancanza delle
figura di un Nomad ongoing, opa obbligatoria non applicabile,
consiglieri indipendenti in cda non richiesti.
fch
(END) Dow Jones Newswires
May 10, 2021 02:34 ET (06:34 GMT)
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