Dopo 27 anni di carriera l'Arsenal ha deciso di

licenziare la mascotte Gunnersaurus per tagliare i costi; qualche giorno

più tardi uno dei giocatori di punta del club inglese, Mesut Ozil, si è

offerto di pagare di tasca propria il salario a Jerry Quy, l'uomo dentro

al sauro, devolvendo parte del suo stipendio da 350 mila sterline a

settimana.

L'episodio è indicativo della crisi che sta attraversando il calcio

globale e allo stesso tempo delle sfide che l'industria dovrà affrontare

per superarla. La pandemia ha stoppato il pallone per mesi. Anche ora che

fra mille difficoltà i campionati sono ripartiti, gli stadi restano

pressoché vuoti, gli accordi di sponsorizzazione latitano e i diritti

televisivi si sono svalutati. L'Associazione dei club europei (Eca) ha

calcolato che fra 2020 e 2021 l'emergenza economico-sanitaria causerà un

crollo dei ricavi di 3,6 miliardi, portando sopra il 70% il rapporto tra

fatturato e stipendi dei giocatori delle 10 leghe principali del Vecchio

continente. Per salvare i bilanci e rendere l'attività economicamente

sostenibile molti club saranno costretti a rivedere al ribasso non solo il

costo della rosa, ma anche le offerte d'acquisto per i calciatori di altre

squadre.

La sessione di calciomercato da poco conclusa ne ha dato una prima

dimostrazione: i club dei cinque maggiori tornei (Premier League, Liga,

Serie A, Bundesliga e Ligue 1) hanno investito 3,13 miliari di euro contro

gli oltre 5 miliardi del 2019, per un saldo negativo di 1,9 miliardi. Il

calo non è dipeso da un abbassamento delle valutazioni e delle

remunerazioni dei calciatori che anzi, come ha confessato l'ad di un

primario club italiano, sono rimaste sorprendentemente alte, aprendo un

divario incolmabile fra disponibilità del compratore e pretese del

venditore. Nel medio-lungo termine però i prezzi dei protagonisti non

potranno che riallinearsi alle nuove dimensioni dell'industria.

Per chi ancora sognava laute plusvalenze in serie e campagne di

rafforzamento con stipendi da capogiro, i conti appena pubblicati dai club

sono stati un brusco risveglio. Roma e Milan hanno chiuso l'ultimo

bilancio con una perdita di circa 200 milioni (si veda box in pagina),

mentre Barcellona, Manchester United e Juventus, fra i club più seguiti al

mondo, hanno accumulato un rosso compreso fra 80 e 100 milioni. Pur nei

limiti dettati dall'incertezza della situazione economico-sanitaria, le

stime non prevedono un ritorno all'utile dell'industria calcistica prima

di due o tre anni. Nell'eventualità sempre ogni giorno più concreta che la

pandemia costringa il calcio a nuove limitazioni, i bilanci dei club

potrebbe aggravarsi, con perdite protratte nel tempo.

Per le società con marchi meno conosciuti e proprietà meno solide,

l'insolvenza non è già più un'ipotesi remota così come non è da escludere

la possibilità di diventare preda di investitori internazionali o di

private equity. Già diverse squadre italiane hanno cambiato padrone negli

ultimi mesi (Roma e Parma su tutte) e altre potrebbero seguire.

Addirittura, la stessa Lega Serie A sta valutando l'opportunità di cedere

una quota dei futuri ricavi commerciali ai fondi d'investimento, anche per

tamponare le difficoltà finanziarie di alcuni club associati (si veda box

a pagina 31). Nella crisi, del resto, anche l'industria del calcio si sta

polarizzando fra colossi resilienti e club minori sull'orlo del default,

con evidenti rischi di mettere ancor più a repentaglio il succo della

competizione sportiva.

Benché distante dai picchi del 2019, la campagna acquisti della Premier

League è stata comunque faraonica: 1,4 miliardi di investimenti grazie al

ritorno sul mercato del Chelsea (250 milioni), al mai avaro Manchester

League (156 milioni), ai 100 milioni del Tottenham di Mourinho e pure agli

80 milioni dell'Arsenal. Le altre leghe europee hanno invece drasticamente

ridotto le spese, avvicinando il pareggio fra entrate uscita. I club della

Serie A così hanno comprato per 763 milioni e venduto per 704 milioni

(saldo negativo di 59 milioni), i partecipanti alla Ligue 1 francese

acquistato per 429 milioni e ceduto per 376 milioni (-52 milioni), le

società della Liga spagnola - di norma fra le più munifiche - hanno chiuso

la sessione con una plusvalenza di 88 milioni.

In pieno stile tedesco, infine, i club della Bundesliga hanno raggiunto

un pieno pareggio fra entrate e uscite. È presto per dire se la crisi

pandemica porterà a una riorganizzazione dell'industria del calcio su basi

finanziariamente più sostenibili. Finché sceicchi e oligarchi potranno

drogare i valori delle compravendite di giocatori, la gestione accorta del

bilancio rischia soltanto di abbassare la competitività dei club a danno

del loro fascino commerciale e dunque dei ricavi. Se i club di Serie A

soffrono la concorrenza sul calciomercato degli inglesi non è però solo

colpa dei Paperoni d'oltremanica, ma anche della scarsa capacità degli

imprenditori del pallone italiani di far fruttare al massimo il prodotto

calcio. La crisi pandemica potrebbe offrire l'occasione per un cambio di

passo.

«La valorizzazione della Serie A all'estero è la strada principale per

aumentare il giro d'affari», spiega Claudio Campanini, managing partner

della società di consulenza Kearney Italia, «oggi la vendita dei diritti

sui mercati esteri vale 370 milioni per la Serie A contro i 600 milioni

della Lega e gli 1,6 miliardi della Premier League».

I valori di campionato inglese, spagnolo e italiano sono più vicini per

quanto riguarda la commercializzazione sui mercati domestici che però sono

sempre più saturi e quindi presentano prospettive di crescita inferiori.

«All'ultima tornata i diritti nazionali della Premier League sono stati

venduti a un prezzo complessivo più basso del 20% rispetto al picco

raggiunto nel triennio precedente», sottolinea, «superare i 4 milioni di

clienti paganti in Italia è un'impresa difficile, anche a causa

dell'incidenza della pirateria, e quindi sarà difficile oltrepassare il

miliardo di offerta per i diritti televisivi della Serie A».

fch

 

(END) Dow Jones Newswires

October 12, 2020 02:55 ET (06:55 GMT)

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