Quindici Paesi, compresa la Cina, hanno firmato un

importante accordo commerciale dopo anni di difficili negoziati, ponendo

la prima sfida di fronte al presidente eletto statunitense, Joe Biden,

quando si tratterà di formulare le politiche commerciali della sua

amministrazione.

L'accordo, denominato Regional Comprehensive Economic Partnership, o

Rcep, crea un blocco regionale che copre circa un terzo della produzione

economica globale e include molte delle economie più grandi e vivaci

dell'Asia-Pacifico, che hanno messo da parte le differenze geopolitiche

per stimolare il commercio e la crescita durante la pandemia di

coronavirus. Oltre alla Cina, dell'intesa fanno parte Giappone, Corea del

Sud, Australia, Nuova Zelanda e 10 Nazioni del sud-est asiatico,

dall'Indonesia al Vietnam fino alla Thailandia e Singapore.

"Incoraggiare il libero scambio è ancora più importante ora che

l'economia globale è in crisi e ci sono segnali di Paesi che si stanno

orientando verso l'interno", ha detto il primo ministro giapponese,

Yoshihide Suga, durante l'incontro con gli altri leader dell'Rcep, ha

riferito un funzionario del Governo giapponese.

La più grande economia del mondo, gli Stati Uniti, non fa parte

dell'accordo. Era stata coinvolta nella definizione di un blocco diverso

chiamato Trans-Pacific Partnership, o Tpp, che non includeva Pechino ed

era finalizzato in parte a contrastare il crescente potere cinese ma

Washington, che ha evitato i grandi patti commerciali multilaterali sotto

l'amministrazione Trump, si è ritirata da tale intesa, una versione

modificata della quale è stata firmata dagli altri 11 Paesi del gruppo.

L'accordo aumenta la pressione su Biden per approfondire l'impegno

commerciale degli Stati Uniti nella regione Asia-Pacifico. L'anno scorso

il presidente eletto ha avvertito che se l'America non scriverà le regole,

lo farà la Cina, aggiungendo che avrebbe cercato di rinegoziare il Tpp

senza però assumere una posizione ferma in entrambi i casi.

Sebbene la maggior parte dei Paesi che fanno parte dell'accordo di ieri

abbiano già stretti legami commerciali - fanno affidamento l'uno

sull'altro per le merci che vanno dalle importazioni di riso alle vendite

di semiconduttori - la loro nuova intesa è considerata significativa

perché si tradurrà in un sistema commerciale più unificato. Ciò dovrebbe

rendere più facile per i produttori della regione importare materie prime

da tutto il blocco senza dover affrontare tariffe elevate ed esportare

prodotti finiti in tutta la regione con tariffe più basse, affermano gli

esperti del commercio che hanno familiarità con l'intesa.

Durante una cerimonia ieri, condotta in videoconferenza a causa della

pandemia, i ministri dei 15 Paesi hanno firmato l'accordo e hanno mostrato

le loro firme alle telecamere. Il completamento dell'intesa arriva dopo

diversi anni di crescenti tensioni commerciali, in particolare tra Stati

Uniti e Cina, che hanno sollevato interrogativi sul futuro della

globalizzazione.

Il premier cinese, Li Keqiang, ha affermato che la firma ha dimostrato

che il multilateralismo e il libero scambio "rappresentano ancora la

giusta direzione dell'economia mondiale e dell'umanità" e ha aggiunto che

l'accordo è un "traguardo fondamentale della cooperazione regionale

dell'Asia orientale" e darà una spinta all'economia globale.

Secondo il Governo giapponese, l'Rcep eliminerà le tariffe sul 91% delle

merci tra i Paesi membri, abbatterà le barriere commerciali con molti dei

maggiori partner commerciali del Giappone, aumentando il livello dei beni

senza dazi inviati in Corea del Sud dal 19% al 92% e in Cina dall'8%

all'86%.

L'industria automobilistica giapponese ci guadagnerà. L'accordo

eliminerà le tariffe su quasi 50 miliardi di dollari di ricambi auto

inviati in Cina ogni anno, che rappresentano l'87% di questi articoli

esportati nel Paese, secondo il Governo giapponese.

I funzionari di tutta la regione hanno affermato di aspettarsi che

l'accordo aiuti i Paesi a combattere meglio il duro colpo economico

causato dalla pandemia di coronavirus. Mohamed Azmin Ali, ministro del

Commercio Internazionale della Malesia, ha definito l'accordo uno

"strumento per la ripresa economica" che aiuterà ad aprire i mercati e

rafforzare le catene di approvvigionamento.

Il patto deve ancora essere ratificato dai Governi nazionali prima di

poter entrare in vigore. In otto anni di negoziati l'intesa ha dovuto

affrontare sfide profonde nel bilanciare gli interessi dei Paesi in

diversi stadi di sviluppo. L'India, che faceva parte del gruppo

inizialmente, si è ritirata l'anno scorso, preoccupata che l'accordo

avrebbe portato a un'ondata di importazioni. Suga ha detto di essersi

rammaricato della decisione dell'India, aggiungendo che la incoraggerà ad

aderire.

Anche senza l'India, la popolazione dei Paesi che fanno ora parte

dell'accordo equivale a circa un terzo di quella globale. "Il fatto che tu

possa raggiungere un accordo con tutte quelle parti, compresa la Cina, è

un risultato significativo", ha detto William Reinsch, un esperto di

commercio presso il Center for Strategic and International Studies, un

think tank con sede a Washington, sottolineando che l'assenza degli Stati

Uniti invia un messaggio all'amministrazione entrante del presidente

eletto Biden. "Dovrà riflettere molto di più su quale politica vogliamo

adottare nel Pacifico", ha spiegato.

cos

 

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November 16, 2020 03:35 ET (08:35 GMT)

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