Dbrs: prevede per banche italiane +14% npl (milanofinanza.it)
22 Gennaio 2021 - 12:07PM
MF Dow Jones (Italiano)
In attesa dei bilanci del quarto trimestre 2020 che a partire da
inizio febbraio le banche italiane pubblicheranno, Dbrs Morningstar
ritiene che gli istituti del Paese siano riusciti a conservare una
adeguata dotazione di capitale, ma restano vulnerabili in
prospettiva a deterioramenti della qualità degli asset visto il
prolungarsi della crisi causata dalla pandemia.
Per via dell'impatto economico del coronavirus la Bce ha di
recente raccomandato alle banche di sospendere ancora dividendi e
buy-back fino a fine settembre prossimo (dopo lo stop fino a fine
2020), si legge su milanofinanza.it. Per chi ricomincerà a
remunerare gli azionisti, i pagamenti non devono eccedere l'importo
più basso tra il 15% degli utili cumulati 2019 e 2020 e 20 punti
base in termini di Cet1.
"Crediamo che queste limitazioni avranno soltanto un effetto
moderato sull'attuale giusta capitalizzazione delle banche italiane
che in media hanno registrato un Cet1 (phased in) e un Total
Capital Ratio, rispettivamente, di 15,6% e 18,8%. Questo assicura
per la maggior parte di gruppi una adeguata dotazione di capitale
sul minimo Srep, con circa 58 e 59 miliardi di euro di capitale in
eccesso sul Cet1 e sul Total Capital, ovvero, rispettivamente, 632
e 644 punti base. La nostra visione riflette il fatto che il
livello massimo di pay-out fissato dalla Bce è piuttosto basso e
qualche banca italiana sta già escludendo i dividendi per il 2020
dal calcolo dei propri coefficienti patrimoniali", premette Dbrs
Morningstar.
Nonostante ciò, proseguono gli analisti, "riteniamo che il
cuscinetto di capitale delle banche italiane sarà progressivamente
eroso dal calo della redditività e dalla pressione sulla qualità
degli attivi a causa della prevista fine delle misure pubbliche di
sostegno temporaneo soprattutto tramite le moratorie e i prestiti
garantiti dallo Stato, ma anche per via di un approccio più severo
guidato dal nuovo Definition of Default e Calendar Provisioning, a
meno che non arrivi una maggiore flessibilità da parte delle
autorità su questi due fronti".
Cautela dunque in attesa che la crisi causata dalla pandemia si
rifletterà pienamente sui bilanci bancari. "Le misure statali senza
precedenti a sostegno delle aziende stanno da una parte ritardando
la creazione di nuovi Npl, ma le nuove restrizioni dovute alla
seconda ondata stanno anche facendo slittare in avanti la ripresa
economica", aggiungono gli analisti. Per questo motivo Dbrs
Morningstar stima che "se il 5-10% dei prestiti sotto moratoria si
trasformeranno in Npl, lo stock totale di Npl detenuto dalle
maggiori banche italiane aumenterà di circa il 7-14% rispetto ai 91
miliardi di fine settembre 2020 con il conseguente aumento di circa
100 punti base dal 6,6% al 7-7,5% dell'indicatore Npl medio
lordo".
Dai dati di settembre/ottobre 2020 emerge che la quota maggiore
di prestiti in moratoria sul totale è in Bper (19,8%), seguita da
Creval (15,5%), Mps (14,9%), Popolare Sondrio (14,7%), Credem
(14,6%), Banco Bpm (13,7%), Intesa Sanpaolo (9,4%), Unicredit (6%)
e Mediobanca (2,9%). La media è del 9,5%. Sulla base di tali
ipotesi "l'impatto sul capitale dovrebbe essere ben gestibile per
le banche italiane. Ma restano comunque rischi legati
all'evoluzione della pandemia. Nonostante le recenti notizie
positive sui vaccini, le restrizioni sono destinate a restare per
qualche tempo", avverte Dbrs Morningstar.
In ogni caso, alcune banche hanno iniziato a correre ai ripari
"nel quarto trimestre e in queste prime settimane del 2021, agendo
sul fronte del de-riscking delle esposizioni dubbie in anticipo
rispetto a una nuova ondata di npl che potrebbe concretizzarsi con
la fine delle moratorie". Gli analisti calcolano anche che le
maggiori banche italiane ( Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm,
Ubi, Mps, Bper, Mediobanca, Credem, Popolare di Sondrio e Creval)
hanno pagato 18,9 miliardi di cedole tra il 2015 e il 2019 a fronte
di un utile netto totale di 13,9 miliardi. Intesa Sanpaolo,
Mediobanca e Unicredit sono state quelle che hanno distribuito più
cedole in tale periodo ( Intesa Sanpaolo 13,4 miliardi su 18,4
miliardi di utile, Unicredit 2,7 miliardi su 1,2 miliardi di utile
e Mediobanca 1,5 miliardi su 3,6 miliardi di utile). Mentre Banco
Bpm e Mps non li hanno pagati perché impegnati nei piani di
integrazione e di ristrutturazione.
alb
alberto.chimenti@mfdowjones.it
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