Ed Yardeni pensa che il 2021 porterà nuovi record a Wall Street. L'S&P 500 (che in questi giorni ha danzato intorno ai 3.660 punti) potrebbe raggiungere i 3.800 punti verso la metà dell'anno venturo e i 4.000 punti verso la fine dell'anno, trascinato dalla ripresa dei profitti dopo la pandemia. A ogni modo c'è un grande rischio da monitorare: l'inflazione. «L'inflazione causerebbe un massacro nei mercati finanziari», dice Yardeni. «I titoli del debito franerebbero e con essi franerebbero le borse: probabilmente avremmo una crisi più grave di quella innescata dai debiti subprime nel 2007-2008». Ma perché temere l'inflazione proprio adesso? «Perché grazie ai vaccini nel 2021 conosceremo un notevole ritorno della domanda di beni e servizi, che, unita a stimoli fiscali e monetari senza precedenti, potrebbe portare a un surriscaldamento dei prezzi». Il rischio c'è e andrà vigilato, «ma rimango ottimista», aggiunge Yardeni.

Domanda. Come mai lei parla d'inflazione proprio adesso che la dinamica dei prezzi è ferma e i tassi d'interesse sono ai minimi storici ovunque, e molto spesso sono addirittura negativi?

Risposta. Perché l'inflazione sarà forse il maggior rischio del 2021 per l'economia e i mercati finanziari. Molti analisti e temono che l'inflazione tornerà a ruggire, una volta passata la pandemia. E la montagna di debiti accumulata dal settore pubblico e da quello privato non potrebbe reggere un notevole rialzo dell'inflazione e dei tassi d'interesse.

D. Su che cosa si concentrano le preoccupazioni?

R. Intanto assistiamo al rialzo delle materie prime. Un metallo molto correlato ai tassi d'intesse è il rame, che è salito del 65% dal minimo del 23 marzo scorso passando da 2,12 a 3,51 dollari per libbra. Di solito quando il rame, che è un metallo industriale, accelera rispetto all'oro, che è un metallo prezioso e difensivo, vuol dire che ci sono spinte inflative. Il rapporto tra i prezzi del rame e dell'oro oggi farebbe pensare a un tasso d'interesse decennale negli Stati Uniti intorno al 2%.

D. Invece il decennale americano è molto più basso, poco sotto l'1%...

R. Appunto. La realtà è che le banche centrali tengono artificialmente i tassi bassi. Oggi, a mio modo di vedere, la Federal Reserve, interverrebbe, in un modo o nell'altro, se il tasso decennale salisse significativamente sopra l'1%.

D. Quando parla coi suoi clienti e coi suoi colleghi analisti quali altre inquietudini rileva in merito a un eventuale ritorno dell'inflazione?

R. Be', lo stimolo fiscale e lo stimolo monetario sono senza precedenti. Gli aggregati monetari volano a livelli che in alcuni casi rappresentano primati assoluti. Tutto questo stimolo è servito a compensare il crollo della domanda di beni e servizi dovuto alla pandemia. Allora adesso tutti ci domandiamo: quando grazie ai vaccini la domanda tornerà, si scaricherà sui prezzi portando inflazione?

D. E qual è la sua risposta?

R. Penso che un po' d'inflazione tornerà, ma non tale da causare un fuggi-fuggi dai titoli del debito e dal mercato azionario. E questo perché tuttora ci sono delle forze che mantengono sotto controllo l'inflazione.

D. Quali?

R. Intanto la pace e la globalizzazione che ne consegue. C'è un modello molto affascinante, secondo il quale l'inflazione è soprattutto figlia delle guerre. Qui negli Stati Uniti abbiamo avuto inflazione in risposta alla Guerra del 1812, alla Guerra Civile, alla Prima e Seconda Guerra Mondiale e alla Guerra Fredda. Ma, trascorsi questi episodi, abbiamo sempre assistito a una costante moderazione dei prezzi.

D. Qual è la spiegazione?

R. In tempo di pace si assiste a quel fenomeno che oggi chiamiamo globalizzazione, in cui la produzione viene distribuita per il mondo e c'è molta concorrenza, per cui i prezzi tendono a rimanere bassi. Penso che le tensioni tra Usa e Cina non porteranno alla morte della globalizzazione; in effetti le esportazioni cinesi sono già tornate a livelli record. Può darsi che una parte della produzione sarà ricondotta in Occidente e un'altra parte in Paesi emergenti a basso costo come il Vietnam, ma comunque il potere della globalizzazione di contenere i prezzi non è finito.

D. Che cos'altro potrà contenere le spinte inflative nel 2021?

R. Il fatto che siamo nel mezzo di intense rivoluzioni tecnologiche. La tecnologia per definizione consente di produrre di più con meno. Ho notato che nel terzo trimestre dell'anno la produttività è salita del 4%, che è il valore più alto dal 2010. Ciò può rappresentare l'inizio di una nuova tendenza positiva per i prossimi anni.

D. Che cosa pensa dell'enorme moltiplicazione del debito tanto nel settore privato quanto in quello pubblico? È un fenomeno inflativo o deflativo?

R. Durante gli anni 60 e fino agli anni 80 il debito stimolava l'economia e perciò stimolava anche l'inflazione. Oggi credo che non sia più così. Primo: perché i consumatori sono già molto indebitati e quindi non vogliono andare oltre. Secondo: perché il debito a basso costo consente a molte aziende decotte di rimanere in affari e quindi contribuisce a un eccesso di offerta di beni e servizi, che tiene bassi i prezzi. E poi non dimentichiamo che siamo tutti vecchi.

D. Che cosa vuol dire?

R. Che in parte il nuovo debito serve a garantire le pensioni e i servizi agli anziani, il che non è particolarmente inflativo. Ma poi gli anziani sono frugali e i pochi giovani si sposano tardi e fanno pochi figli. Una società geriatrica non è fonte d'inflazione.

D. Quindi rimane ottimista per il 2021?

R. Sì. Seguirò con grande attenzione le dinamiche inflative perché, lo ripeto, se l'inflazione dovesse salire in modo considerevole, avremmo un massacro sia per i titoli del debito che per le borse. Ciò detto, sono ottimista. Forse molto ottimista.

D. In che senso dice «molto ottimista»?

R. Ho l'impressione che potremmo rivivere un periodo simile ai ruggenti anni '20, caratterizzati da forti miglioramenti nel tenore di vita guidati dalle accelerazioni della tecnologia.

D. Quindi, per sintetizzare, i ruggenti anni 2020-2030?

R. Esatto: ai ruggenti anni 20 del secolo scorso si arrivò attraverso tragedie: la Prima Guerra mondiale, la pandemia di Spagnola del 1918-20, la depressione economica del 1920-21. Nessuno avrebbe anticipato il boom economico degli anni successivi, guidati appunto dalla tecnologia: l'automobile, il buldozer (che fu rivoluzione per le costruzioni, ndr), le reti elettriche, le reti idriche, il telefono, la proliferazione dei ristoranti e delle vendite per corrispondenza, antesignane di Amazon.

D. E adesso?

R. Potrebbe accadere qualcosa di simile. Abbiamo il morale un po' sotto i piedi, certo non come allora, perché il Covid-19 non è la Spagnola e la guerra commerciale tra Usa e Cina non è la Prima Guerra mondiale. Ad ogni modo pochi anticipano un boom per i prossimi anni. Eppure, una volta di più, ci aspettano incisive rivoluzioni tecnologiche: nuovi computer, robotica, intelligenza artificiale, biotecnologie, Internet of Things, manifattura 3-D. Perciò vedo un futuro roseo laddove molti vedono un futuro fosco. Inflazione permettendo.

fch

 

(END) Dow Jones Newswires

December 14, 2020 03:02 ET (08:02 GMT)

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