Finanza: quei capitali curiosi (Mi.Fi.)
02 Agosto 2021 - 08:46AM
MF Dow Jones (Italiano)
Alla fine degli anni ottanta nello studio di John Weinberg,
allora senior partner di Goldman Sachs, troneggiava il tombstone
dell'ipo Ford del 1956, prima grande operazione di cui la banca
d'affari americana era stata protagonista. Ogni anno Weinberg
cancellava un certo numero di nomi dal lunghissimo elenco di
istituti che in vari ruoli avevano partecipato al deal: erano le
banche che avevano smesso di esistere o per una fusione o per
un'acquisizione o per un fallimento. Claudio Costamagna sorride nel
raccontare questo aneddoto: «Mi chiedo quanti altri nomi Weinberg
avrebbe cancellato per arrivare ai giorni nostri. Solo negli ultimi
13 anni, dalla grande crisi del 2008 a oggi, la geografia del
sistema finanziario globale è cambiata profondamente e la pandemia
potrebbe accelerare ancor di più la trasformazione». In ogni caso,
dopo quasi 20 anni ai vertici di Goldman, Costamagna ha smesso di
essere un banker nel 2006 e da allora ha esplorato ben altre
latitudini del tessuto produttivo. Come amministratore di società
del calibro di Luxottica, Bulgari o Salini Impregilo, come advisor
di numerose operazioni di m&a e, più di recente, come
investitore tramite la CC Soci la boutique da lui presieduta che
conta un team di una decina di persone. Proprio in quest'ultimo
ruolo oggi sta giocando l'ultima partita in ordine di tempo, in
tandem con Alberto Minali.
Domanda. Costamagna, insieme a Minali con la spac Revo vi siete
appena aggiudicati Elba Assicurazioni. Come è nato il progetto?
Risposta. Per fare un investimento servono tre cose: l'idea, i
capitali e la capacità di esecuzione. Le prime due cose spesso non
sono un problema. Molti di noi possono avere idee più o meno buone
e la liquidità, in una fase storica come questa, non manca. La
capacità di esecuzione invece è un fattore assai più raro e per
questo può fare la differenza. Ecco perché, nell'intraprendere
nuove iniziative, ci affidiamo sempre a manager di comprovata
esperienza che conoscono bene il settore in cui scelgo di
investire. Ci è accaduto con Diego Piacentini in Expert.AI e con
Alberto Trondoli in Tiscali. Con Revo abbiamo scelto di condividere
un progetto di Alberto Minali, che conosco e stimo. Attraverso la
spac volevamo comprare un target piccolo ma scalabile su cui
costruire una strategia innovativa. In Elba Assicurazioni abbiamo
trovato tutto questo e, completata l'acquisizione, l'obiettivo sarà
far crescere la società che già oggi è molto forte nel mercato
delle cauzioni e delle fidejussioni. Una strategia che perseguiremo
facendo leva soprattutto sul digitale e sui big data per migliorare
la qualità del servizio e accelerare i tempi di risposta rispetto
all'offerta dei competitor.
D. Perché avete scelto di investire proprio nel settore
assicurativo italiano?
R. Si tratta di un settore che sconta ancora un certo ritardo
nell'adozione delle nuove tecnologie e che quindi presenta ampi
margini di crescita su questi fronti. Una sfida insomma per
imprenditori che vogliano innovare.
D. Revo non è comunque la sola scommessa che ha fatto in questi
ultimi anni. Quali altri investimenti state seguendo e con che
risultati?
R. Il portafoglio è abbastanza ampio. Abbiamo Expert System.AI,
attiva sull'intelligenza artificiale, che sta crescendo molto
soprattutto negli Usa e che dall'Aim potremmo presto portare sul
listino principale. C'è la bresciana New Oxydal, specializzata nei
trattamenti di anodizzazione dei metalli. C'è la Fratelli Magni di
Gorgonzola che produce una vasta gamma di termometri e manometri. E
ci sono alcune start up, e altre che ormai sono attive da tempo con
successo come Credimi. Infine voglio ricordare una start up molto
promettente attiva nella digital health come Hook che di recente ha
siglato un'accordo con Previmedical. Lavorare con giovani di
talento come il suo fondatore Lorenzo Granato è sempre
un'esperienza appassionante per me.
D. Oggi molti giovani imprenditori preferiscono lavorare in
start up che nelle piccole aziende. Un segnale di cui le aziende
dovrebbero tener conto?
R. Oggi il mondo delle piccole aziende è ancora a metà del
guardo. Il passaggio generazionale non è più scontato e i figli
preferiscono costruirsi un percorso alternativo, magari in una
start up. Questo cambiamento culturale andrebbe assecondato e
accompagnato, mettendo a disposizione i capitali necessari per la
crescita. Se spesso le dimensioni della piccola impresa sono troppi
ridotte per attrarre i private equity, c'è sicuramente spazio per
operatori come noi. Alle aziende infatti siamo in grado di offrire
le risorse, il know how e l'esposizione internazionale di cui hanno
bisogno in una delicata fase di transizione come quella che stanno
attraversando.
D. Nel suo portafoglio manca il settore del turismo. Una scelta
strategica o un caso?
R. Devo dire che le opportunità di investimento nascono spesso
in modo casuale e l'assordimento del nostro portafoglio non è stato
predeterminato. Ammetto però di avere delle perplessità sul settore
turistico oggi. Non solo per la difficoltà di prevedere gli effetti
del Covid che senza dubbio non saranno trascurabili. Ma anche
perché il settore rimane molto frammentato proprio in una fase in
cui la scala sta diventando sempre più importante.
D. Eppure il turismo fu uno dei settori su cui lavorò più
intensamente da presidente di Cassa Depositi e Prestiti.
R. Certamente. Proprio a questo scopo avevamo costituito il
Fondo Investimenti per il Turismo con il quale abbiamo fatto
investimenti importanti in diversi capoluoghi italiani. Come sempre
però occorre ricordare che Cdp è uno strumento di politica
industriale e che la politica industriale deve essere decisa in
prima battuta dal governo.
D. Lei che rapporto ha avuto con il governo italiano durante la
permanenza in Cdp?
R. Complessivamente il bilancio è stato positivo. La posizione
mi venne offerta dall'allora premier Matteo Renzi che Andrea Guerra
mi aveva presentato un mese prima. Accettai l'incarico dopo aver
chiesto una chiara distinzione di ruoli che garantisse
l'indipendenza degli amministratori e devo ammettere di non aver
mai subito pressioni o interferenze dall'esecutivo. Senza dubbio
Cdp rimane una macchina molto complessa sia da capire che da
gestire e chi la guida dovrebbe disporre di tutto il tempo
necessario per imparare a governarla. E visto il recente cambio di
Management auguro all'Istituzione il meglio che merita.
D. Lei nasce come banchiere. Dopo la prova impegnativa della
pandemia, che ruolo possono avere le banche nel processo di
ristrutturazione, consolidamento e crescita del tessuto economico
italiano?
R. Mi aspetto che in ambiti specifici e ad alto valore aggiunto
come l'm&a o il restructuring il ruolo delle banche resti
centrale anche nei prossimi anni e che, semmai, si porrà il
problema delle fonti di capitale. Sarebbe però opportuno che le
aziende italiane si avvicinassero a strumenti di finanziamento
alternativi al credito bancario. Alludo al private debt, al
coinvolgimento di private equity, alla quotazione in Borsa, ai Pir
che negli ultimi anni si sono rivelati canali preziosi per
diversificare la capital structure. Sospetto però che il quadro sia
molto più complesso per il retail banking dove la trasformazione
tecnologica partita all'inizio del secolo rischia incrinare
definitivamente il modello di business aprendo la strada a nuovi
operatori.
fch
(END) Dow Jones Newswires
August 02, 2021 02:35 ET (06:35 GMT)
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