La relazione umana e di fiducia è importante, anzi fondamentale nella scelta del partner bancario per le piccole e medie imprese italiane che sono sempre più a loro agio nell'utilizzo dei canali digitali. Queste le principali evidenze dell'ultimo Market Watch realizzato da Banca Ifis in collaborazione con Format Research,

su un campione rappresentativo di oltre 500 Pmi. Dal punto di vista della leva finanziaria, le aziende sono oggi fortemente ancorate all'autofinanziamento ma hanno saputo utilizzare al meglio i finanziamenti garantiti e agevolati previsti dal Governo, investendo nello sviluppo del business.

Queste le principali evidenze dell'ultimo Market Watch realizzato da Banca Ifis (e anticipato da MF) in collaborazione con Format Research, su un campione rappresentativo di oltre 500 Pmi. Dal punto di vista della leva finanziaria, le aziende sono oggi fortemente ancorate all'autofinanziamento ma hanno saputo utilizzare al meglio i finanziamenti garantiti e agevolati previsti dal Governo, investendo nello sviluppo del business.

Tre è il numero di banche alle quali, in media, si rivolge una Pmi, un numero che sale oltre le quattro se si guardano alle imprese con più di 50 addetti. Per il 95% degli imprenditori, avere più banche è una necessità: rende possibile scegliere a quale istituto rivolgersi, riconoscendo il valore della specializzazione. Internet è oggi considerato dalle Pmi un canale privilegiato: l'online banking è scelto nel 64% dei casi (percentuale che sale al 77% nei comparti Agroalimentare e Automotive) per molteplici servizi finanziari. In caso di richiesta di credito, le aziende italiane preferiscono tuttavia il rapporto diretto con un consulente in filiale (65%) ma già il 35% usa le piattaforme digitali per le operazioni di finanziamento.

Secondo il Market Watch sono tre le principali voci del funding di una Pmi: l'autofinanziamento (52%), il credito bancario a medio e lungo termine (22%) e il credito bancario a breve termine (10%). La composizione è rimasta inalterata durante la pandemia e non è previsto alcun cambiamento del mix nel post Covid.

L'ampio ricorso all'autofinanziamento è coerente con il processo che le piccole e medie imprese italiane hanno intrapreso dopo la seconda crisi del 2011/2012 per conseguire una maggiore autonomia finanziaria. Non meraviglia l'incidenza del credito bancario a medio e lungo termine funzionale allo sviluppo degli investimenti dal primo Piano Industria 4.0 del 2017 in poi.

Lo scudo pubblico aiuta a guardare al futuro La pandemia ha fatto registrare una crescita del 24% nel ricorso alle garanzie statali sui prestiti e a finanziamenti agevolati. Se nel periodo pre-Covid circa il 36% delle imprese ne faceva uso, oggi la media è salita al 60% ma nel tempo è destinata a scendere al 45%. Coinvolti tutti i settori produttivi: la minor incidenza è dell'Automotive (46% le imprese coinvolte) mentre Agroalimentare, Sistema Casa e Meccanica superano il 70%. Quanto all'utilizzo, ben il 71% delle Pmi ha infatti impiegato le risorse per investimenti materiali, immateriali e R&S con punte nei settori della Chimica & Farmaceutica (94%), Agroalimentare (80%) Logistica & Trasporti (78%). Il 14% delle aziende ha scelto di investire nella formazione, il 6% nel risparmio energetico e sostenibilità ambientale, nel 3% dei casi si sono lanciate nuove aree di business.

In tempo di crisi gli strumenti pubblici di sostegno sono serviti anche a sostenere la liquidità (57% delle Pmi) e nel 21% dei casi per far fronte al pagamento degli stipendi, percentuale che raddoppia al 42% nel comparto Moda, uno dei più colpiti dalla pandemia.

com/cce

MF-DJ NEWS

1410:51 set 2021

 

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September 14, 2021 04:53 ET (08:53 GMT)

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