Isp/Ubi: E. Doris, bene operazione (Mi.Fi.)
10 Agosto 2020 - 9:30AM
MF Dow Jones (Italiano)
Dall'opas riuscita di Intesa Sanpaolo su Ubi, che contribuisce a
rafforzare il settore bancario in Europa benché il confronto
dimensionale con gli istituti di credito Usa rimanga ancora
impietoso, fino alla possibile estensione dei poteri di Golden
Power che potrebbero porre un freno alla scalata di Leonardo Del
Vecchio su Mediobanca, dove i Doris sono soci nel Patto di
consultazione. In un'intervista a Class Cnbc, il patron del gruppo
Medionalum, Ennio Doris, prende posizione sulle principali partite
finanziarie del momento.
Domanda. Presidente, l'offerta di Intesa su Ubi è andata in
porto, il risiko di Piazza Affari è ripartito. È la combinazione
giusta?
Risposta. È un'operazione diversa da molte altre. Non si tratta
di un'acquisizione concordata, tanto che qualcuno ha parlato di
opas ostile. Qui si è mosso il mercato. Un'azienda molto forte come
Intesa Sanpaolo, proiettata verso il futuro, ha deciso di acquisire
una realtà che faceva utili e che non aveva bisogno di essere
salvata. Per creare un campione ancora più forte, partendo
dall'Italia.
D. Potevano esserci altre strade per rafforzarsi?
R. Se ragioniamo in termini europei, siamo ancora in una
posizione veramente molto arretrata rispetto agli Stati Uniti. E
allora ci si rende conto che l'operazione fatta da Intesa, doveva
essere fatta prima di tante altre fusioni in altri settori. Intesa,
è al terzo posto come capitalizzazione tra le banche europee,
preceduta da Santander e da Bnp Paribas. Il confronto con gli Usa è
impietoso perché la più grande banca americana, JpMorgan, vale come
i dieci maggiori istituti di credito europei messe assieme.
D. Il mercato dice che la prossima operazione potrebbe
riguardare Mps...
R. Può darsi, perché il Tesoro -che ne è l'azionista di
controllo- ha già dichiarato l'intenzione di uscire
dell'azionariato. Quindi, prima o poi, qualcosa succederà. I tempi
in cui il governo ha dovuto intervenire ormai sono alle spalle e i
miglioramenti ci sono stati. Tocca ora ai protagonisti del settore
capire se sia un'opportunità o meno. Anche per evitare che qualcuno
dica, fra qualche anno, che si è persa un'opportunità nel 2020.
D. Altra partita calda è Mediobanca. Siete storici soci e Del
Vecchio punta a salire al 20%. Siete favorevoli all'ipotesi di
estendere i poteri di Golden Power anche su piazzetta Cuccia, come
ha rivelato MF?
R. Sono sempre favorevole a operazioni di mercato, come nel caso
di Intesa-Ubi ma anche Generali-Cattolica. Non dobbiamo però essere
gli unici più realisti del re in Europa, dove ciascuno cerca ancora
di proteggere i propri interessi strategici. Per il settore
assicurativo, l'Italia è ancora più indietro: è sufficiente
osservare il valore di Generali rispetto ai due campioni europei di
settore, Axa e Allianz. Quindi Trieste ha spazio per muoversi e
fare acquisizioni ed è proprio così che va letta la mossa su
Cattolica. Un Paese che vuole crescere e avere un futuro deve
dotarsi di sistemi bancari e assicurativi forti, con campioni
solidi. D'altro canto, anche Philippe Donnet ha detto di avere
qualche miliardo a disposizione per eventuali acquisizioni. Da
tifoso italiano, spero che si trovino sul mercato italiano o
europeo, opportunità per crescere ulteriormente.
D. Un mercato finanziario che si rafforza non preoccupa
Mediolanum?
R. No, nel modo più assoluto. Se Mediolanum fosse una banca
tradizionale come Intesa o Ubi, potrei preoccuparmi. Il nostro
modello è molto diverso: siamo molto più agili, rapidi e snelli.
Quindi non c'è il confronto diretto con Ca' de Sass. Possiamo
continuare a crescere senza bisogno di acquisizioni. Non solo:
abbiamo fatto un record di raccolta nel primo semestre, facendo più
del budget di tutto l'anno, ed anche le proiezioni di luglio sono
molto positive, con un luglio record nel segmento assicurativo
della protezione. Tifiamo per un consolidamento di settore, perché
quando va meglio, è meglio per tutti.
D. Le ultime vicende stanno evidenziando il ritorno dello Stato
imprenditore. Può essere la direzione giusta o questa strada la
preoccupa?
R. L'intervento pubblico, in questo caso di Cassa Depositi e
Prestiti, nell'economia non è giusto o sbagliato di per sé. È
giusto o sbagliato a seconda di come lo si faccia: sono favorevole
all'ingresso in aziende che riescono poi a ricreare le condizioni
per vivere di forza propria. Non deve essere invece una sorta di
refugium peccatorum per tenere in piedi aziende che distruggono
soltanto valore. Per esempio, prendiamo il caso del Montepaschi:
sono stato fautore, fin dall'inizio, dell'intervento dello Stato
perché non si poteva lasciar andare in fumo un'azienda che aveva
più di cinque secoli di storia alle spalle. L'importante era però
farlo con criteri privatistici in maniera da poter andare avanti,
produrre reddito e quindi essere utili, oltre che agli azionisti, a
tutta la comunità. Ed è quello che è stato fatto, tanto che si
parla adesso dell'uscita del governo dalla banca. Questo è il
criterio giusto, a mio parere.
D. La Borsa di Londra, in occasione della pubblicazione dei
risultati, ha ufficializzato la cessione di parte o di tutta la
piazza italiana. Quanto vale l'italianità di palazzo Mezzanotte e
in qualche modo lei parteciperebbe all'acquisizione?
R. È molto importante avere un mercato finanziario efficiente,
ma questo non dipende molto dall'azionista proprietario del
mercato, quanto piuttosto dalle aziende quotate sui suoi listini. E
l'Italia, in questo senso, deve fare ancora molta strada. Faccio un
esempio concreto: la totalità delle quotazioni delle aziende
italiane oscilla fra 30 e 40% del pil, mentre in Inghilterra si va
oltre il 130%. Siamo veramente gli ultimi, su questo fronte. Da
questo punto di vista è stata fatta una buona legge sui Piani
Individuali di Risparmio che aveva cominciato a funzionare, a
incrementare il numero di aziende che si quotavano. Poi, purtroppo,
due modifiche fatte dal precedente governo hanno inceppato questo
meccanismo e far ripartire qualche cosa che si è fermato è
complicato. Basterebbe, per esempio, raddoppiare da 30 mila a 60
mila l'ammontare massimo dell'investimento annuo consentito e
portare il totale sul quinquennio da 150 a 300 mila euro. Un
intervento in questa direzione darebbe una scossa al mercato della
raccolta e quindi alle quotazioni in Borsa. Ciò renderebbe il
mercato italiano ricco, importante e indipendentemente da chi lo
controlla.
red
MF-DJ NEWS
1009:12 ago 2020
(END) Dow Jones Newswires
August 10, 2020 03:15 ET (07:15 GMT)
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