Dall'opas riuscita di Intesa Sanpaolo su Ubi, che contribuisce a rafforzare il settore bancario in Europa benché il confronto dimensionale con gli istituti di credito Usa rimanga ancora impietoso, fino alla possibile estensione dei poteri di Golden Power che potrebbero porre un freno alla scalata di Leonardo Del Vecchio su Mediobanca, dove i Doris sono soci nel Patto di consultazione. In un'intervista a Class Cnbc, il patron del gruppo Medionalum, Ennio Doris, prende posizione sulle principali partite finanziarie del momento.

Domanda. Presidente, l'offerta di Intesa su Ubi è andata in porto, il risiko di Piazza Affari è ripartito. È la combinazione giusta?

Risposta. È un'operazione diversa da molte altre. Non si tratta di un'acquisizione concordata, tanto che qualcuno ha parlato di opas ostile. Qui si è mosso il mercato. Un'azienda molto forte come Intesa Sanpaolo, proiettata verso il futuro, ha deciso di acquisire una realtà che faceva utili e che non aveva bisogno di essere salvata. Per creare un campione ancora più forte, partendo dall'Italia.

D. Potevano esserci altre strade per rafforzarsi?

R. Se ragioniamo in termini europei, siamo ancora in una posizione veramente molto arretrata rispetto agli Stati Uniti. E allora ci si rende conto che l'operazione fatta da Intesa, doveva essere fatta prima di tante altre fusioni in altri settori. Intesa, è al terzo posto come capitalizzazione tra le banche europee, preceduta da Santander e da Bnp Paribas. Il confronto con gli Usa è impietoso perché la più grande banca americana, JpMorgan, vale come i dieci maggiori istituti di credito europei messe assieme.

D. Il mercato dice che la prossima operazione potrebbe riguardare Mps...

R. Può darsi, perché il Tesoro -che ne è l'azionista di controllo- ha già dichiarato l'intenzione di uscire dell'azionariato. Quindi, prima o poi, qualcosa succederà. I tempi in cui il governo ha dovuto intervenire ormai sono alle spalle e i miglioramenti ci sono stati. Tocca ora ai protagonisti del settore capire se sia un'opportunità o meno. Anche per evitare che qualcuno dica, fra qualche anno, che si è persa un'opportunità nel 2020.

D. Altra partita calda è Mediobanca. Siete storici soci e Del Vecchio punta a salire al 20%. Siete favorevoli all'ipotesi di estendere i poteri di Golden Power anche su piazzetta Cuccia, come ha rivelato MF?

R. Sono sempre favorevole a operazioni di mercato, come nel caso di Intesa-Ubi ma anche Generali-Cattolica. Non dobbiamo però essere gli unici più realisti del re in Europa, dove ciascuno cerca ancora di proteggere i propri interessi strategici. Per il settore assicurativo, l'Italia è ancora più indietro: è sufficiente osservare il valore di Generali rispetto ai due campioni europei di settore, Axa e Allianz. Quindi Trieste ha spazio per muoversi e fare acquisizioni ed è proprio così che va letta la mossa su Cattolica. Un Paese che vuole crescere e avere un futuro deve dotarsi di sistemi bancari e assicurativi forti, con campioni solidi. D'altro canto, anche Philippe Donnet ha detto di avere qualche miliardo a disposizione per eventuali acquisizioni. Da tifoso italiano, spero che si trovino sul mercato italiano o europeo, opportunità per crescere ulteriormente.

D. Un mercato finanziario che si rafforza non preoccupa Mediolanum?

R. No, nel modo più assoluto. Se Mediolanum fosse una banca tradizionale come Intesa o Ubi, potrei preoccuparmi. Il nostro modello è molto diverso: siamo molto più agili, rapidi e snelli. Quindi non c'è il confronto diretto con Ca' de Sass. Possiamo continuare a crescere senza bisogno di acquisizioni. Non solo: abbiamo fatto un record di raccolta nel primo semestre, facendo più del budget di tutto l'anno, ed anche le proiezioni di luglio sono molto positive, con un luglio record nel segmento assicurativo della protezione. Tifiamo per un consolidamento di settore, perché quando va meglio, è meglio per tutti.

D. Le ultime vicende stanno evidenziando il ritorno dello Stato imprenditore. Può essere la direzione giusta o questa strada la preoccupa?

R. L'intervento pubblico, in questo caso di Cassa Depositi e Prestiti, nell'economia non è giusto o sbagliato di per sé. È giusto o sbagliato a seconda di come lo si faccia: sono favorevole all'ingresso in aziende che riescono poi a ricreare le condizioni per vivere di forza propria. Non deve essere invece una sorta di refugium peccatorum per tenere in piedi aziende che distruggono soltanto valore. Per esempio, prendiamo il caso del Montepaschi: sono stato fautore, fin dall'inizio, dell'intervento dello Stato perché non si poteva lasciar andare in fumo un'azienda che aveva più di cinque secoli di storia alle spalle. L'importante era però farlo con criteri privatistici in maniera da poter andare avanti, produrre reddito e quindi essere utili, oltre che agli azionisti, a tutta la comunità. Ed è quello che è stato fatto, tanto che si parla adesso dell'uscita del governo dalla banca. Questo è il criterio giusto, a mio parere.

D. La Borsa di Londra, in occasione della pubblicazione dei risultati, ha ufficializzato la cessione di parte o di tutta la piazza italiana. Quanto vale l'italianità di palazzo Mezzanotte e in qualche modo lei parteciperebbe all'acquisizione?

R. È molto importante avere un mercato finanziario efficiente, ma questo non dipende molto dall'azionista proprietario del mercato, quanto piuttosto dalle aziende quotate sui suoi listini. E l'Italia, in questo senso, deve fare ancora molta strada. Faccio un esempio concreto: la totalità delle quotazioni delle aziende italiane oscilla fra 30 e 40% del pil, mentre in Inghilterra si va oltre il 130%. Siamo veramente gli ultimi, su questo fronte. Da questo punto di vista è stata fatta una buona legge sui Piani Individuali di Risparmio che aveva cominciato a funzionare, a incrementare il numero di aziende che si quotavano. Poi, purtroppo, due modifiche fatte dal precedente governo hanno inceppato questo meccanismo e far ripartire qualche cosa che si è fermato è complicato. Basterebbe, per esempio, raddoppiare da 30 mila a 60 mila l'ammontare massimo dell'investimento annuo consentito e portare il totale sul quinquennio da 150 a 300 mila euro. Un intervento in questa direzione darebbe una scossa al mercato della raccolta e quindi alle quotazioni in Borsa. Ciò renderebbe il mercato italiano ricco, importante e indipendentemente da chi lo controlla.

red

MF-DJ NEWS

1009:12 ago 2020

 

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August 10, 2020 03:15 ET (07:15 GMT)

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