Forse non è un caso che quella che dovrebbe essere l'ultima missione diplomatica in Europa dell'amministrazione Trump prima delle elezioni, sia proprio a Roma. Entro il 3 novembre, scrive Repubblica, la Casa Bianca vuole dirimere alcuni nodi: la rete 5G e il ruolo di Huawei, le nuove dislocazioni delle truppe americane dopo l'addio alla Germania. E poi il Vaticano. Perchè il soglio di Pietro sta rivestendo un ruolo fondamentale nelle geostrategie statunitensi. In particolare quelle verso il Medio ed Estremo Oriente.

La visita di Mike Pompeo, potentissimo segretario di Stato della gestione trumpiana, fissata per il prossimo 29 e 30 settembre, nasce dall'invito da parte della Santa Sede a partecipare ad un convegno sulla "Liberta' di religione". Ma è l'occasione per incontrare il Papa e per fare il punto con il governo italiano: vedrà in due appuntamenti separati il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ed il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Non si tratta di un'agenda casuale o priva di logica rispetto alla scadenza elettorale negli States. Già un anno fa Pompeo era venuto a Roma per un simposio analogo. Anche stavolta, nell'Aula Vecchia del Sinodo, interloquirà con il Segretario di Stato vaticano Parolin e con l'Arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e soprattutto il vero "ambasciatore" nelle relazioni con la Cina di Xi. Ci sarà l'ambasciatrice americana presso la Santa Sede, Callista Gingrich, moglie di Newt Gingrich, ossia uno dei pesi massimi del partito Repubblicano convertitosi al cattolicesimo dopo il matrimonio.

La libertà di scelta religiosa sta diventando infatti uno degli elementi cruciali nelle politiche di Stati Uniti e Europa verso Medio Oriente e Cina. Il Vaticano ne sta facendo un pezzo fondamentale della sua diplomazia e una "condicio sine qua non" nel giudizio da esprimere sui paesi, se possibile usare questa definizione per la Chiesa, "alleati". L'ultimo episodio che si è consumato in Turchia con la conversione in Moschea della Basilica di Santa Sofia, del resto, ha fatto riscattare l'allarme. Sulle scrivanie di Washington e del soglio pietrino, da tempo spiccano alcuni dossier da cui si evince, ad esempio, che 19 dei Paesi del Medio Oriente, favoriscono una religione e in 17 di questi l'Islam è la religione di Stato.

Le discriminazioni e le persecuzioni religiose, anche nei confronti dei cristiani, sono particolarmente alte in molte di queste nazioni. E il tutto si sta trasferendo rapidamente anche nell'Asia centrale. Senza dimenticare le profonde difficoltà che il Vaticano sta incontrando con Pechino nel rendere più libere e autonome le diocesi cinesi. Anche per questo Pompeo ieri ha aspramente criticato proprio l'accordo, rimasto riservato nei contenuti, tra Santa Sede e Cina.

Per la Chiesa cattolica, del resto, la sponda di Washington in questo quadro è ineludibile. Ma è una esigenza reciproca. La Casa Bianca infatti in questa fase ha bisogno di mantenere aperto il dialogo con il Vaticano. In primo luogo per la convergenza di interessi su questo terreno, ma anche perché nella campagna elettorale di Trump è fondamentale non incrinare i rapporti con il Papa e quindi con gli elettori cattolici (23% della popolazione).

Una necessità frutto di alcune considerazioni: che Biden è cattolico (primo candidato presidente cattolico dai tempi di Kennedy) e che persino quattro anni fa la gerarchia ecclesiale, all'interno del mondo democratico preferiva dialogare con lui piuttosto che con Hillary Clinton; che, pur non schierandosi apertamente nel prossimo duello, una parte della Chiesa Usa non ha nascosto le critiche a The Donald (in particolare per la costruzione del muro con il Messico); che in Italia esiste un canale di comunicazione informale ma efficiente come la Comunità di Sant'Egidio cui infatti Pompeo farà visita nella due giorni settembrina (quando Il presidente Usa venne a Roma l'ultima volta anche Ivanka Trump si recò nella sede di Trastevere); e che una parte delle altre chiese americane - come i metodisti e gli evangelici (sebbene proprio Pompeo sia evangelico) - abbiano perso una parte dell'entusiasmo suscitato quattro anni fa da Trump.

Insomma, il simposio organizzato dalla Santa Sede è un'occasione unica anche per la campagna elettorale a stelle e strisce. Ma nel soggiorno romano, Pompeo dovrà anche affrontare con il governo italiano due questioni che Washington considera cruciali. La prima riguarda la rete 5G e il ruolo dei cinesi di Huawei. Ad agosto il consiglio dei ministri ha approvatro un Dpcm che limita la presenza del colosso di Pechino nel nostro Paese attribuendo un ruolo di controllo e security alla italiana Tim. Però, limita e non esclude. E la Casa Bianca non sarebbe affatto convinta di questa soluzione. Come dimostra il bando appena emesso contro Tik Tok, la tecnologia cinese in Occidente per gli Usa è davvero fumo negli occhi. Una questione che tocca la sicurezza nazionale e anche della Nato.

L'altro aspetto riguarda la presenza delle truppe americane in Italia, soprattutto alla luce dell'addio già dato alla Germania. Il nostro Paese potrebbe essere coinvolto come sede del comando Africom (che gestisce le operazioni in Africa) e nell'ampliamento della base di Aviano.

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September 21, 2020 02:33 ET (06:33 GMT)

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