Il mondo dei media è cambiato. Ma la rivoluzione è ancora in atto. E non è destinata a finire nel breve termine. Televisione, internet, telefonia, infrastrutture e social network rientrano in un reticolo di mezzi di informazione sempre più complesso e nel quale non è facile districarsi. Il potere della comunicazione, dunque, resiste, ma si modella su nuove logiche. E governare questo mutamento non è facile. Per questo servono regole chiare e investimenti. Per cavalcare l'onda e garantire agli utenti-lettori-spettatori-clienti messaggi chiari e decodificati. È questo il pensiero di Antonio Nicita, professore universitario e già commissario Agcom.

Domanda. L'attualità americana è concentrata sull'uso o abuso dei social network. È corretto che un soggetto privato incida così tanto sulla scena pubblica?

Risposta. Le politiche di moderazione dei social sono essenziali. Chi ritiene che la tutela assoluta della libertà d'espressione implichi assenza di moderazione s'illude che la selezione algoritmica dei contenuti sia tecnologicamente neutrale. Il problema semmai è che queste politiche oggi si fondano sull'auto-regolazione nell'assenza di un quadro normativo e di un presidio sanzionatorio vincolanti.

D. Come si deve affrontare e risolvere il problema?

R. La proposta europea, contenuta nel Digital Services Act dello scorso dicembre, cambia il quadro verso la co-regolazione, introducendo opportuni meccanismi di trasparenza, accesso ai dati e agli algoritmi, tutele rafforzate per gli utenti, anche nel contraddittorio con le piattaforme in merito alle misure da queste adottate.

D. L'Italia è pronta, ha le contromisure giuste da adottare?

R. Un passaggio importante deriverà in Italia anche dalla trasposizione della nuova Direttiva europea sui servizi media audiovisivi che introduce importanti novità di co-regolazione per le piattaforme di video-sharing. Per esempio in tema di tutela dei minori, uso dei dati, profilazione degli algoritmi e hatespeech.

D. Non va però trascurato che i gigante della Rete, da Google a Facebook, invadono altri mercati e sfruttano le informazioni per incassare pubblicità. Danneggiando i media tradizionali. Che cosa si può fare per aumentare la tutela?

R. La crescita dei mercati della pubblicità online genera una fortissima tensione sul giornalismo di qualità. Occorre comprendere come sia possibile ribilanciare queste risorse attraverso forme di cooperazione tra giornalismo tradizionale e piattaforme online.

D. Che armi hanno gli editori tradizionali?

R. Alcune proposte avanzate da diverse autorità di regolazione fissano meccanismi di arbitrato sui prezzi da riconoscere agli editori per i contenuti, ma è un tema molto complesso, che ancora non ha portato a soluzioni pienamente soddisfacenti per tutte le parti coinvolte.

D. Anche la televisione, che in Italia, raccoglie il 65% degli introiti da advertising, deve cambiare modello per resistere agli Ott. C'è una ricetta?

R. Il mercato televisivo è destinato a un profondo cambiamento determinato dalle varie combinazioni freemium a seguito, da un lato, della contrazione dei ricavi pubblicitari sui media tradizionali a causa della concorrenza di attenzione delle piattaforme, dall'altro dall'ingresso di nuovi soggetti di Iptv che hanno cataloghi ampi e comparabili. A ciò si aggiunga che l'avvento di smart tv, accelerato dal passaggio imminente al protocollo Dvb-t2, renderà ancora più sottili i confini tra i mercati tv free e pay, cosa che costringerà i tradizionali operatori a cambiare modello di business e ad attivare alleanze internazionali.

D. Il tutto senza trascurare l'evoluzione che attende il mercato con la vera implementazione della fibra ottica. Come cambierà lo scenario?

R. L'altro fattore di tensione sui mercati tradizionali televisivi è dato dalla crescita della copertura a banda larga e ultra-larga che ci si attende in Italia entro il 2025. Ciò comporterà una minore rilevanza prospettica dei tradizionali asset frequenziali per una parte significativa degli utenti di contenuti televisivi.

D. Ma quindi toccherà attendere l'evoluzione del contesto collegata allo sviluppo del 5G?

R. I progetti di espansione degli investimenti in reti fisse a banda larga e ultralarga e quelli relativi alla realizzazione di reti 5G riceveranno una fortissima spinta dal piano Next generation Eu, per il quale il governo italiano prevede ingenti risorse da spendere nel prossimo quinquennio.

D.Ce la faremo, almeno questa volta, a essere al passo col resto dei Paesi europei?

R. È importante che tali investimenti siano realizzati in tempi ravvicinati e che si evitino talune inefficienze registratesi in passato sia negli investimenti privati che in quelli pubblici e dunque sia ritardi da sotto-investimento che duplicazioni strategiche inefficienti con eccesso di capacità.

D. Dalla teoria bisogna passare alla pratica: il ritardo sul progetto di integrazione tra la rete di Tim e Open Fiber può essere un ostacolo in questo processo?

R. Sul piano del 5G l'Italia può realizzare investimenti significativi e modelli di business ad alta capacità anche in ragione dell'ampia capacità di porzioni di spettro disponibili per taluni operatori e ai possibili usi cosiddetti di club good per altre porzioni di spettro, per le quali un operatore può utilizzare anche la capacità dei concorrenti, se questi non sono attivi sullo stesso ambito locale. Anche in questo caso, una forte spinta dovrebbe provenire dalle misure di digitalizzazione della Pubblica amministrazione previste dal Recovery Plan italiano.

fch

 

(END) Dow Jones Newswires

January 18, 2021 03:32 ET (08:32 GMT)

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