Mediaset: l'incognita francese (Mi.Fi.)
12 Ottobre 2020 - 8:55AM
MF Dow Jones (Italiano)
L'obiettivo comune resta la definizione di un accordo strategico
e industriale da raggiungere nei prossimi mesi dopo oltre quattro
anni e mezzo di battaglie legali, ricorsi, richieste danni,
pronunciamenti e sentenze attese. Così da settimane Pier Silvio
Berlusconi e Arnaud de Puyfontaine studiano le diverse opzioni in
grado di portare alla stesura di un'intesa tra Mediaset e
Vivendi.
Un percorso complesso e articolato, che richiede tempo e
l'individuazione di una soluzione ancora non trovata. Per questo il
tavolo di lavoro è stato allargato alla primissima linea delle due
aziende, il cfo del network di Cologno Monzese, Marco Giordani, e
il suo omologo francese, Hervé Philippe. Pochi altri alti dirigenti
sono ammessi a queste trattative. E, al momento, non pare siano
state assoldate formalmente banche d'affari.
Se c'è la volontà di concludere l'operazione in maniera
amichevole, è altrettanto vero che non è così facile arrivarci.
Perché il Biscione ha pur sempre chiesto alla controparte
transalpina 3 miliardi di risarcimento per il mancato acquisto
della pay tv Premium (accordo vincolante dell'aprile 2016), mentre
i giudici dei tribunali di Madrid e Amsterdam hanno dato ragione
all'azienda che fa riferimento a Vincent Bolloré bloccando il
progetto di fusione per incorporazione di Mediaset España nella
capogruppo italiana e la conseguente nascita della newco di diritto
olandese MediaForEurope.
Una holding che nei piani di Pier Silvio Berlusconi e Marco
Giordani doveva diventare il pivot del prospettato polo europeo
della tv generalista free al quale poi sarebbe stata conferita con
un'offerta carta contro carta la tedesca ProsiebenSat.1, di cui il
network controllato dalla Fininvest dei Berlusconi è il primo
azionista con il 24,9%.
Ma l'opzione ventilata da MF-Milano Finanza di un ingresso nel
capitale dell'emittente tedesca da parte di Vivendi e la possibile,
successiva offerta totalitaria pare sia complessa da realizzare. A
Parigi, infatti, non intendono aprire un fronte, anche politico, in
Germania. Così resta di non facile risoluzione il rebus sulla
tipologia dell'intesa italo-francese che può passare anche da un
coinvolgimento della pay tv Canal+. Un business, quest'ultimo, non
facilmente integrabile con la televisione generalista gratuita di
Mediaset e ProsiebenSat.1.
Certo è che Vivendi può far valere una carta politica di non
poco conto: nel suo capitale figura da anni con il 4,36% la Caisse
des Dépôts et Consignations. Un socio silente ma di peso che non
può essere trascurato, visto il ruolo che, in Francia, hanno le
istituzioni. Per questa ragione Bolloré, che in qualità di
principale azionista di Tim (23,9%) in Italia è coinvolto
nell'operazione sulla banda larga con Cdp, ha deciso di concentrare
la sua attenzione sulla definizione del dossier Lagardère.
Vivendi è oggi il primo socio (26,7%) della società da 7,2
miliardi di ricavi (2019) partecipata anche dal fondo Amber Capital
(20%), dalla Qatar Holding (13,03%) e dall'uomo più ricco di
Francia (patrimonio di 116,8 miliardi), ovvero Bernard Arnault, il
patron di Lvmh, che ha sia direttamente il 6,69% di Lagardère, sia
il 27% della finanziaria dell'omonima famiglia imprenditoriale che
a sua volta detiene il 7,26% del gruppo attivo nell'editoria
(Hachette) e nel travel.
Siccome sia Bolloré sia Arnault sono stati chiamati in causa
dall'ex presidente Nicolas Sarkozy, ecco che la partita per
Vivendi, interessata alle attività editoriali della stessa
Lagardère, è prioritaria ed essenziale per gli equilibri politici
nazionali.
fch
(END) Dow Jones Newswires
October 12, 2020 02:40 ET (06:40 GMT)
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