Entra nel vivo la partita sulla governance di Mediobanca. Domani si riunirà il patto di consultazione - il cosiddetto patto light - che vede la famiglia Doris come capofila. La riunione - a quanto si apprende - utile in vista dell'assemblea dei soci del 28 ottobre, esaminerà anche i recenti accadimenti, ovvero l'uscita dei Benetton dall'accordo parasociale e le richieste della Delfin di Leonardo Del Vecchio circa le modifiche statutarie.

Va ricordato che al 31 dicembre 2018 è cessato lo storico patto di sindacato di blocco, che dal 1* gennaio 2019 è stato sostituito da un accordo di consultazione tra i soci di Mediobanca che attualmente raggruppa il 10,7% circa del capitale. L'accordo non prevede impegni né di blocco né di voto sulle azioni apportate, regola le modalità di incontro per condividere riflessioni e considerazioni in merito all'andamento del gruppo, in un contesto di parità informativa rispetto al mercato.

Nonostante l'intesa non preveda impegni di blocco né di voto ieri una famiglia di peso aderente al patto, quella dei Benetton, ha fatto sapere di non voler proseguire nella corsa. In serata Edizione, detentrice del 2,1% in Mediobanca per il tramite della sua controllata Schematrentatre, ha reso noto che è stata inviata disdetta dell'accordo di consultazione fra i soci. La disdetta si colloca nell'ambito del percorso di ridefinizione delle linee strategiche del gruppo e "ha l'obiettivo di mantenere l'assoluta neutralità della visione di Edizione in relazione alle partecipazioni finanziarie detenute, con la volontà di non schierarsi nelle attuali vicende che occupano Mediobanca, pur esprimendo pieno apprezzamento per l'attività svolta dal suo management".

Il patto - che è in scadenza il 31 dicembre - di conseguenza si alleggerisce e verranno presumibilmente rivisti anche alcuni equilibri. L'intesa "light" riunisce tra gli altri i Doris (3,28% tramite Mediolanum e 0,50% tramite Finprog), il Gruppo Gavio (0,66%), il Gruppo Ferrero (0,64%), il gruppo Pecci (0,52%), gli Angelini (0,45%), Vittoria Ass. (0,25%), la famiglia Lucchini (con lo 0,38%). Secondo alcuni osservatori la riunione di domani potrebbe essre anche l'occasione per la comunicazione dell'arrotondamento di alcune quote.

All'attenzione di queste dinastie - oltre all'uscita dei Benetton - ci saranno anche le richieste di Delfin sullo Statuto. La holding propone l'eliminazione della previsione statutaria secondo cui due amministratori (qualora il numero di consiglieri sia pari o inferiore a tredici) o tre amministratori (qualora il numero dei consiglieri sia superiore a tredici, come nel caso del consiglio in carica costituito da quindici gli amministratori), devono essere scelti tra i dipendenti che da almeno tre anni siano dirigenti di società appartenenti al Gruppo Mediobanca. La seconda proposta è la modifica del sistema di nomina degli amministratori al fine di aumentare la rappresentanza delle minoranze nel consiglio, dagli attuali due a tre o quattro amministratori, a seconda di quante liste di minoranza siano presentate, e permettere che più liste di minoranza possano concorrere alla nomina degli amministratori di minoranza, in ragione dei voti espressi dagli azionisti.

Due richieste di integrazione tutto sommato ragionevoli. La prima norma risaliva infatti alla fusione tra Unicredit e Capitalia per rispondere alle regole Antitrust e garantire l'indipendenza del management Mediobanca. Inizialmente l'indicazione era molto più rigida: i manager dovevano essere 5 in Cda e l'a.d. doveva essere scelto tra questi 5 manager. Successivamente era stata ammorbidita: i manager erano passati da 5 a 3 ed era stata eliminata la prescrizione relativa all'a.d. In questo caso la richiesta di Delfin è quindi coerente e in linea con il lavoro di normalizzazione in corso.

La seconda richiesta prevede di aumentare il numero di posti alle minoranze: da 2 a 3 o 4. Delfin di fatto propone che venga presentata anche una terza lista con meccanismi di quozienti proporzionali. Non ci sarebbe da parte di Mediobanca una chiusura a priori su questo punto. Il Cda si riunirà prossima settimana per esaminare se l'ipotesi possa incontrare o meno il favore del mercato. Paradossalmente, infatti, ciò potrebbe comportare una diminuzione della rappresentanza dei fondi in assemblea. Se Assogestioni arrivasse terza prenderebbe un solo rappresentante e dimezzerebbe la sua rappresentanza. In astratto può essere una norma positiva (come è già per Generali) ma occorre capire che risultati darà applicata al caso concreto.

Il fatto poi che Del Vecchio abbia messo nero su bianco di non avere intenzione di chiedere la revoca dell'attuale Cda dell'istituto di Piazzetta Cuccia e che fino alla scadenza non ci sarà nessun cambiamento ha gettato acqua sul fuoco. La mossa - nel suo complesso - è stata letta come un avviso, forse, ma anche come una richiesta che non modifica gli equilibri in vista dell'assemblea di Generali Ass. Un'azione, insomma, in linea con il profilo di investitore finanziario autorizzato dalla Bce.

claudia.cervini@mfdowjones.it

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